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MeloDrama 2.0

La stagione dei New York Knicks era iniziata con i migliori auspici: la squadra infatti proveniva da una regular season 2012-2013 condotta ad altissimo ritmo, terminata con 54 vittorie (numeri che non si raggiungevano da quasi un ventennio), la seconda posizione nella Eastern alle spalle degli Heat ed un Carmelo Anthony che aveva coronato un’annata

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Wizards al bivio?

Il quintetto attuale dei Wizards recita: Wall, Beal, Ariza, Nenê, Gortat e la domanda sorge spontanea: quante squadre della Eastern Conference possono vantare uno starting five di livello maggiore? Due sicuramente, Miami ed Indiana, ma il resto delle squadre, comprese le nobili decadute (pur in lieve ripresa ultimamente) Nets e Knicks, non sembra affatto aver

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NBA

Una nuova era a Charlotte?

In una Eastern Conference dai livelli tecnici ed agonistici tra i più bassi degli ultimi quindici anni, in cui il divario con la competitivissima Western continua ad ampliarsi, può succedere che una squadra con un bilancio negativo di 14 vittorie e 17 sconfitte detenga il sesto miglior record della Conference e stupisca per i progressi

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Rookie 2013: gli Underdog (Part. 3)

Rush finale per quanto riguarda la presentazione dei rookies meno acclamati dello scorso draft. Le ultime dieci scelte sono solitamente snobbate dai più, però spesso nascondono diamanti grezzi, giocatori che attendono soltanto una chance. Tony Snell (Chicago Bulls) Guardia o ala piccola all’occorrenza (pur sempre 201cm di altezza), Tony è stato chiamato con la ventesima

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Rookie 2013: gli Underdog (Part. 2)

olyn5674Continuiamo la rassegna dei giocatori che tra pochissimo faranno il loro debutto nella lega e inizieranno a mostrare le loro doti, con il sogno di diventare le una star e di vincere il tanto agognato anello.

Kelly Olynyk (Boston Celtics)

Ala grande/centro canadese, scelta numero tredici dei Mavs, ma ceduto subito ai Celtics (in cambio di due seconde scelte al prossimo draft e del pick n. 16, quello del brasiliano Nogueira, qui assente perché rimarrà all’Estudiantes Madrid per un’altra stagione) .

Olynyk è uno dei lunghi, e più in generale dei prospetti, più interessanti di questo draft: fisico importante (anche se urgerebbe aggiungere qualche chilogrammo per sopportare i contatti con i pari-ruolo della NBA), mani decisamente dolci per essere un lungo ed una insospettabile capacità – e voglia – di correre il campo (potrebbe rivelarsi tra i big men più scattanti della lega).

In attacco è già ad un buonissimo livello di gioco: discreti movimenti sia fronte che spalle a canestro, non imbarazzante se mette palla a terra, inoltre dispone di un ottimo tiro anche dai cinque metri, e, caratteristica lodevole, è una macchina da tiri liberi.

Passando alle lacune non si può non si possono non notare lo scarso atletismo e le difficoltà a rimbalzo, ma l’aspetto su cui dovrà necessariamente lavorare di più è la difesa, in cui pecca per abilità di lettura, concentrazione ed intensità. Nei Celtics del nuovo corso post-Rivers, senza l’ingombrante ombra di Garnett, avrà un buon minutaggio fin da subito e la concorrenza non impossibile di Humphries e Bass per il posto accanto al promettente sophomore Sullinger in quintetto.

Giannis Adetokunbo (Milwaukee Bucks)

Ala nigeriana di passaporto greco di 208cm (primo europeo scelto al draft), finito con la quindicesima scelta (molto in alto rispetto alle previsioni) nei rinnovati Bucks ancora alla spasmodica ricerca di un progetto concreto da far sposare ad una franchigia da troppo tempo lontana dalle posizioni nobili della Eastern.

L’afro-greco (proveniente addirittura dalla seconda lega greca) è un’ala piccola tutta da sgrezzare, fisicamente acerbo e senza un minimo di esperienza di fronte ad avversari d’alto livello, ma è dotato di un potenziale atletico (spiccano delle braccia infinite ed una velocità di piedi impressionante, potrebbe diventare un ottimo difensore) e tecnico (lettura del gioco e doti di passaggio innate) elevatissimo, anche se probabilmente l’ideale sarebbe stato lasciarlo in Europa per un altro paio di anni almeno, a giocare con continuità, senza pressioni.

Dennis Schröder (Atlanta Hawks)

Play tedesco di colore (la madre viene dal Gambia), scelto alla diciassette dagli Hawks. Uno dei giocatori più maturi di questa draft class, avendo condotto nella scorsa annata , da protagonista assoluto, ad una salvezza insperata i New Yorker Phantoms Braunscweigh nella Bundesliga tedesca.

Schröder è un playmaker dalla struttura fisica agile e leggera (fin troppo per la NBA, dovrà irrobustirsi per poter competere con i pari-ruolo), dal primo passo letale, ottimo giocatore di pick&roll, buona visione di gioco ed un tiro nettamente migliorato nel corso della stagione (partiva da basi disastrose, ora è un discreto tiratore, prova che con l’impegno e la costanza si può limare qualunque aspetto del gioco).

I difetti principali di questo prospetto sono la saltuaria tendenza a perdere il filo della partita (però comprensibile in un ragazzo di vent’anni), e l’incapacità ad essere efficace senza palla, situazioni di gioco in cui appare impreparato, faticando a muoversi coerentemente con il resto della squadra e ad applicare gli schemi che non chiama in prima persona.

Ciò che più colpisce del ragazzo è la grande maturità e la leadership a dispetto della giovanissima età, doti che potrebbero presto emergere anche ad Atlanta, dove si trova davanti un buon play come Teague, ma alle cui spalle potrebbe ritagliarsi immediatamente uno spazio importante. Forse sarà lui la classica steal of the draft?

Shane Larkin (Dallas Mavericks)

Larkin è arrivato ai Mavs via Hawks, i quali lo avevano scelto con il pick numero diciotto. Playmaker di taglia ridottissima (180cm per 80kg), e questo potrebbe essere già un limite notevole in una lega dove i casi alla Allen Iverson non sono così frequenti (e per fortuna, perché di AI ne rimarrà sempre uno solo), tuttavia ha dimostrato grandissima personalità, ottimo QI cestistico ed una buona abilità nel condurre i tempi dell’attacco.

Probabilmente non è un giocatore pronto ad esplodere nella stagione da rookie, ma da un maestro come Calderon potrà sicuramente imparare molto, intanto entrerà in concorrenza con un Devin Harris in costante declino come back-up dello spagnolo. Farà parlare di sé nei prossimi anni, quando avrà irrobustito il fisico e preso le misure al basket professionistico.

Sergey Karasev (Cleveland Cavaliers)

Russo, ala piccola dal fisico già pronto per la NBA, è stato pescato con la diciannovesima scelta dai Cavs. Detto del fisico, atletico e con interessanti margini di ulteriore crescita, anche tecnicamente si tratta di un giocatore dall’alto potenziale: mancino (caratteristica che non guasta mai) naturale dal tiro pulito ed efficace, soprattutto dalla lunga distanza, ha una discreta visione di gioco per il ruolo, buona coordinazione ad attaccare il canestro ed una solida etica lavorativa per affinare il suo gioco.

D’altra parte la scarsa propensione alla fase difensiva (per la quale non aiuta una mobilità laterale sospetta), l’atletismo limitato rispetto alla media del ruolo ed uno stile forse un po’ troppo compassato (tende a specchiarsi) sono aspetti che destano perplessità su un adattamento rapido alla NBA. I Cavs di certo non hanno un pacchetto lussuoso in ala piccola: Alonzo Gee, Earl Clark (SF/PF) e con qualche forzatura anche CJ Miles (SG/SF), non costituiscono una concorrenza proibita, ma è pressoché sicuro che Karasev all’inizio non avrà molti minuti a disposizione per mettersi in mostra, se li sfruttasse al massimo lo stato delle cose potrebbe cambiare nel corso della stagione.

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