Buster Posey e Nelson Cruz sono tra i protagonisti più attesi

L’atto conclusivo della stagione del baseball americano prenderà il via nella notte italiana tra mercoledì e giovedì e vedrà opposte i Texas Rangers, vincitori dell’American League, e i San Francisco Giants, trionfatori nella National.

Si tratta di una sfida tra due formazioni quasi debuttanti per questi palcoscenici: per la squadra texana è un esordio assoluto, mentre i californiani hanno vinto l’ultimo anello oltre 50 anni fa quando ancora la franchigia si trovava a New  York, anche se l’ultima apparizione alle World Series risale al 2002.

Proprio alla sfida di otto anni fa contro gli allora Anaheim Angels corre il pensiero di tutti i tifosi neutrali di oggi, desiderosi di vedere, dopo tanti anni, un epilogo stagionale lungo sette emozionantissime sfide.

Pur riconoscendo di cadere nella più classica delle banalità, è doveroso far notare come un fare e, soprattutto indovinare, un pronostico in questi casi sia un’impresa complicatissima: si scontrano due squadre certamente in forma, com’è logico che sia per due team arrivati a questo punto della stagione.

L’atteso e già annunciato gran duello vedrà opposti due tra i migliori, se non i migliori, reparti dell’intera lega: da una parte il parco lanciatori di primo livello di San Francisco e dall’altra il lineup potente e profondo di Texas.

L’altro spunto interessante è rappresentato dal faccia a faccia tra i due principali candidati al premio di RoY nelle rispettive leghe: il loro apporto in regular season è stato determinante e si tratta di un trofeo annunciato e meritatissimo, ma sicuramente sia Posey sia Feliz sperano di conquistare un ben più importante riconoscimento.

Come di consueto, ecco ora una breve panoramica sulle due protagoniste, che gli appassionati hanno iniziato a conoscere molto bene in queste ultime settimane: precedenza ai Giants, padroni di casa in virtù della vittoria della NL nell’All Star Game di metà stagione.

San Francisco Giants

Rotazione e bullpen della squadra della Baia dovevano essere l’arma in più in questa post-season e le attese non sono state tradite: le eccezionali prestazioni sul monte, infatti, hanno permesso ai ragazzi di Bochy di rimanere sempre in partita a dispetto di un attacco che, di contro, ha faticato parecchio.

Tim Lincecum e Matt Cain rappresentano due assolute garanzie e anche nella serie appena conclusa contro Philadelphia non hanno deluso, confermandosi quasi ai livelli stratosferici della Division Series contro Atlanta, al cospetto di un attacco di ottimo valore come quello dei Phillies.

Dopo aver chiuso in parità l’atteso confronto contro Roy Halladay, Lincecum si prepara ad affrontare un cliente, se possibile, ancora più forte: l’opening contro Cliff Lee promette di essere uno spettacolo autentico per i tifosi e un incubo terribile per i due lineup.

Sulla carta, avrà un compito più facile il compagno Cain, che dei due appare il più in forma e si scontrerà con un avversario ben più abbordabile in gara-2, ma che rischia di scendere in campo per evitare un possibile 0-2 casalingo da cui potrebbe essere molto difficile recuperare.

Completano la rotazione i due mancini Sanchez e Bumgarner che allo stato attuale offrono molte meno garanzie dei due che li precedono: le loro ultime due partenze nella Championship Series sono state abbastanza tentennanti e di breve durata.

Diventa di grande importanza, a mio avviso, che almeno uno dei due riesca a garantire almeno 6/7 innings di qualità per non sovraccaricare un reparto, il bullpen di San Francisco, tanto fenomenale quanto abusato in queste ultime settimane da Bruce Bochy, che non ha certo fatto rifiatare molto i suoi rilievi.

A proposito di rilievi, impossibile non citare l’encomiabile lavoro svolto da Wilson e compagni nella serie contro Philadelphia: il barbuto closer, in particolare, è stato uno dei grandi protagonisti insieme con i vari Romo, Casilla e Affeldt.

Una menzione a parte per Javier Lopez, LOOGY tremendamente efficace contro Utley e compagni, chiamato ad una difficilissima riconferma contro il pericoloso Josh Hamilton, che nella serie contro gli Yankees ha dimostrato di non temere troppo i lanciatori mancini.

Passando all’attacco, un dato, secondo me, descrive benissimo il reparto: ben sei delle sette vittorie in questa post-season sono maturate con appena una run di differenza rispetto agli avversari, e visto l’eccellente lavoro del pitching è naturale concludere che le runs segnate siano state pochine.

In effetti, dopo le 11 complessive nelle quattro gare di DS, sono arrivate le 19 in sei match contro Philadelphia, quindi poco sopra le tre di media a uscita: la personalissima sensazione è che l’intero reparto abbia bisogno delle invenzioni di qualche hitter in giornata di grazia, come è stato per Cody Ross e Juan Uribe nella serie contro i Phillies.

Infatti, solamente i due giocatori sopra citati e Freddy Sanchez hanno chiuso le CS con almeno .700 di OPS, cui si aggiunge l’apporto di Sandoval, usato però quasi esclusivamente come PH per i noti problemi difensivi che lo hanno fatto scivolare alle spalle di Mike Fontenot nelle gerarchie del manager californiano. Scontato per lui l’impiego come DH nelle gare ad Arlington.

Fanno riflettere anche le sole 14 BB conquistate nella serie cui si accompagna la miseria di una base rubata (proprio di Fontenot): da questo punto di vista il match di apertura contro Lee rischia di continuare tranquillamente questo trend negativo.

Ad onor del vero vanno ricordati anche gli slump, o comunque il cattivo stato di forma, dei vari Aubrey Huff, Buster Posey e Pat Burrell, il cuore del lineup dei Giants: l’entrata in forma di almeno due di questi pericolosi hitters potrebbe far pendere decisamente la bilancia in favore della squadra della Baia, specialmente se Cody Ross e il monte continueranno a giocare su questi livelli.

Texas Rangers

Situazione diametralmente opposta, o quasi per Ron Washington che si troverà verosimilmente costretto a privarsi di uno dei suoi “caldi” esterni per liberare lo spot del battitore designato per le prime due gare all’AT&T Park: il candidato principale sembra essere David Murphy che lascerà il posto a Guerrero all’esterno sinistro, anche se la serie contro New York ha messo in mostra una condizione non proprio scintillante per Vlad.

Chi invece ha fatto un figurone contro gli Yankees è stato Colby Lewis (dal Giappone con furore, verrebbe da dire) che, parlando di pitcher, è stato l’equivalente di Cody Ross per i Rangers: due vittorie, compresa quella nella decisiva gara-6, 13.2 IP con 13 K e 3 ER è il suo biglietto da visita per il gran finale. Attenzione, però, alle tante walks (sei nelle CS) che potrebbero farlo sparire relativamente presto dalla contesa.

Il vero problema per i Giants è che Lewis rappresenta solamente il terzo partente più insidioso tra quelli che si troveranno ad affrontare, vista la presenza di Cliff Lee e C.J. Wilson: quest’ultimo, per la verità, non ha destato una grossissima impressione nell’ultimo turno e potrebbe pagare la stanchezza al termine di una lunghissima stagione, la prima per lui come partente dopo cinque anni come rilievo.

Capitolo a parte per Lee, che dopo aver lanciato, dominando letteralmente, un solo match contro gli Yankees si presenta fresco al primo atto della serie: il suo strapotere in questi play-off è stato a tratti imbarazzante e ad oggi, l’unica speranza per gli hitters di San Francisco, è che i tanti giorni di riposto dall’ultima partenza abbiano lasciato al mancino dell’Arkansas un po’ di ruggine addosso.

L’ultimo spot della rotazione sarà ad appannaggio dell’altro mancino Derek Holland, prospetto interessante e partente prestato spesso e volentieri al bullpen in questa stagione: il suo rendimento, favorito anche dai tanti mancini newyorkesi, è stato decisamente superiore a quello del compagno Tommy Hunter cui toglierà, giustamente direi, il posto in rotazione.

Lo scenario più realistico, comunque, sembra quello di una staffetta tra i due per portare il match almeno fino al sesto inning, poiché nessuno dei due sembra dare, al momento, sufficienti garanzie di tenuta alla distanza: il tutto unito alla mancanza di altri long reliever di sicuro affidamento non da molti margini di manovra al manager texano.

Questo preambolo ci porta a quello che si può facilmente individuare come il vero tallone d’Achille della squadra: la mancanza di rilievi affidabili in grado di portare il match fino al nono inning nelle mani di Neftali Feliz.

Darren O’Day e Darren Oliver, positivi durante la RS, sono incappati in una pessima serie contro New York e se esprimere giudizi in questi casi è sempre frettoloso, è innegabile che più di un campanello d’allarme sembra essere suonato nella testa di Ron Washington che si è rivolto a Alexi Ogando e Clay Rapada, due pitchers che appaiono inadeguati per questi livelli.

Non ci sono di questi problemi, anzi, nel lineup che appare in forma smagliante come testimoniato dalle 38 runs messe a segno nel turno appena concluso: come sempre in questi casi il timore più grosso è che la forma venga meno e il reparto si sgonfi sul più bello, ma prevedere un calo contemporaneo di tanti giocatori è quantomeno difficile.

In effetti, nonostante i riflettori siano puntati, a ragione, principalmente su Josh Hamilton (che ha chiuso con un irreale 1.536 di OPS contro New York) non va affatto dimenticato il consistente apporto di tutto il resto del lineup: altri cinque giocatori, infatti, hanno chiuso con almeno .800 di OPS mostrando buon occhio al piatto (24 BB e 43 K) e tantissima potenza (24 XBH tra cui spiccano i nove fuoricampo battuti).

Nelson Cruz, Bengie Molina, Ian Kinsler sono solamente alcuni dei nomi più pericolosi per i pitcher californiani, soprattutto in virtù della loro capacità di spezzare in due un match in qualsiasi momento con un solo, potente, swing: il potenziale offensivo, ovviamente, subirà un minimo calo con l’assenza del DH, ma la probabile esclusione di uno tra Guerrero, Murphy o Moreland non dovrebbe avere grosse ripercussioni sulla produzione del team.

In un lineup così potente e “pesante” non poteva però mancare la difesa e la velocità di Elvis Andrus, schierato sempre come lead-off soprattutto per mancanza di alternative e per la sua rapidità: la disciplina al piatto, infatti, non è tra i punti di forza dell’interbase ex-Braves che però fino a questo momento è riuscito a giungere in base spesso grazie proprio alla sua velocità, che ne fa una minaccia costante tra le basi.

Una squadra, quindi, completo e competitiva con l’unico limite evidente di una certa fragilità sul monte e tra i rilievi, soprattutto: il lineup fino ad oggi è stato sufficiente per vincere le partite, basterà mantenere questa condizione per altri 10 giorni per avere buonissime possibilità di portare l’anello per la prima volta in Texas.

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