Alla vigilia della serie tra Oakland e Detroit i favori del pronostico erano sicuramente per quest’ultima squadra. Se è vero che gli Athletics si sono guadagnati con pieno merito la post season, è anche vero che i Tigers sembrano più  attrezzati per le singole partite, potendo contare su un lineup più  potente ed una rotazione più prestigiosa ed abituata a tali palcoscenici. Le luci del Comerica Park si sono quindi accese sabato e domenica sera per quella che sembrava una serie a senso unico, con la squadra californiana chiamata all’ennesima sorpresa della sua mirabolante stagione.

Gara 1: il dominio di Verlander

Ad iniziare gara 1 sono Justin Verlander (17-8, 2.64 ERA) e Jarrod Parker (13-8, 3.47 ERA). La bilancia qui pende per i padroni di casa, ma il primo turno di battuta sembra dire il contrario. Coco Crisp spara la pallina oltre le recinzioni e fa 1 a 0, la favola di Oakland sembra poter continuare.
Pronta, invece, arriva la risposta di Detroit. Con due uomini in base, 0 out e Miguel Cabrera al piatto, la sorta della leadership green & gold sembra segnata. Parker ne esce bene, con il doppio gioco del vincitore della Triple Crown ed un inning che si chiude così con il solo pareggio degli avversari. 1 a 1, si ricomincia.

In questo momento succede però qualcosa di benefico per le difese: i due pitcher si accorgono che la zona di strike dell’arbitro pende decisamente verso la sinistra del piatto. Con più “nero” a disposizione, Verlander e Parker ci si tuffano ed hanno incredibile successo, soprattutto con i battitori mancini. L’ex MVP finirà  con 11K, il più giovane collega con 7 valide ma sole 2 ER in 6.1 inning.

A terminare uno stallo che gioca in favore dei californiani, però , proprio un errore del pitcher 23enne. La battuta di Quintin Berry è velenosa come poche, ma andando verso la prima base porta il pitcher avversario a pochi centimetri dalla prima base. Brandon Moss si muove da essa mentre il suo lanciatore sbaglia la presa a terra col guanto. Palla persa e facile segnatura per Omar Infante.
Il 3 a 1 arriva su Home Run di Alex Avila al quinto.

Fermo restando l’assoluto dominio di Verlander, intoccabile per tutta la partita, Oakland resiste. I Tigers chiuderanno con 2-7 RISP, e il duo Cabrera – Fielder finisce con 0-7 e 1 BB. Impressionante, e di buon auspicio per il proseguo della serie.

In ogni caso la partita di Parker finisce al settimo inning. In campo Pat Neshek, e qui si apre tutt’altra storia, che col baseball ha poco a che fare. Alla fine dei suoi due brillanti out, che rimarranno gli unici, il reliever nativo del Wisconsin tocca una toppa sulla sua manica sinistra, guarda il cielo ed esce dal campo. Sul pezzo di stoffa nero tre lettere: “GJN”.
La sua squadra aveva deciso di dedicare questo gesto a suo figlio, morto 23 ore dopo la nascita mercoledì  scorso. Otto lanci che valgono molto di più dei due giocatori messi out.

Sull’impeccabile salvezza del tarantolato Jose Valverde si chiude l’incontro.
Oakland non poteva vincere questa partita, ma è stata in partita per tutto il tempo. Ha dimostrato una buona difesa e un buon senso del momento cruciale. E chissà che quella zona di strike leggermente maggiorata dall’occhio dell’arbitro in cui Verlander ha sguazzato felice non ci sia la spiegazione di questa prima sconfitta di misura. Non sempre sara così facile per il pitcher avversario.

Le squadre hanno poche ore per riprendersi, si ricomincia domenica pomeriggio, il giorno seguente.

Gara 2: Occasioni sprecate, occasioni colte

E se gara 1 va nei libri come una partita impossibile da vincere, Oakland dovrà purtroppo archiviare la seconda come una vera e propria delusione. Tre volte avanti nel punteggio, i ragazzi di Bob Melvin hanno perso a causa di un walk-off al nono inning.

Sul monte ad inizio partita ci sono Tommy Milone, reduce da un’ottima seconda parte di regular season, e Doug Fister per i Tigers. Nei primi inning, la situazione sembra chiara: Detroit più in partita mentre Oakland fa più fatica a imporsi, soprattutto nei primi due out dell’inning. Ad andare avanti però sono proprio gli A’s, con Yoenis Cespedes che porta a casa Cliff Pennington. Il cubano metterà in campo una partita fantastica (2-5, 2SB, RBI), e gestirà i momenti cruciali ottimamente, come vedremo più in là.

I Tigers rispondono con il primo buon parziale della coppia Cabrera (doppio) – Fielder (singolo) nella serie, con il primo che giunge a casa per l’1 a 1. Oltre a Fister, abbastanza solido, si ristabilisce anche Milone. Gli attacchi ne risentono, non riuscendo a combinare più nulla nel quarto, quinto e sesto inning. Cioè fino a quando Oakland non adotta la small ball che è nel suo DNA e segna, con Seth Smith su RBI di Pennington, il 2 a 1.

Intanto è finita la partita di Milone. Al suo posto Sean Doolittle, lanciatore di sole fastball, e qui si può questionario quanto un giocatore del genere sia adatto ad un lineup come quello di Detroit e ai suoi campioni. Detto, fatto: Austin Jackson ed Omar Infante riempiono le basi, un errore di Coco Crisp fa il resto. Detroit va avanti, 3 a 2. Oakland è ancora nella buca, come milioni di volte quest’anno. Reagisce.

Lo fa con Cespedes. Singolo, seconda base rubata, terza base rubata. Joaquin Benoit, entrato proprio in quel momento per Fister, pensa bene di lanciare un wild pitch e far entrare il rookie a casa base. Sembra uno di quei classici momenti da post season che non verranno mai scordati, che laureano un giocatore come vero e proprio campione. Una serie di giocate, quella di Cespedes, che sembra messa lì per consegnare Oakland al turno successivo, o se non altro per dargli una speranza. Arriva Josh Reddick e la manda oltre le recinzioni. E’ l’ottavo alto, 4 a 3 Athletics. Entusiasmo per gli ospiti.

Jim Leyland, a quel punto, getta nella mischia tutti quelli che ha lasciato in panchina all’inizio. Delmon Young e Johnny Peralta sono sostituiti dai pinch runner una volta in base, Quintin Berry ed Alex Avila devono portare a casa il punto del pareggio. A facilitarli un altro wild pitch, quello di Ryan Cook, altro disastro dal bullpen californiano. Ed è anche troppo facile immaginarsi come la partita possa finire. Infante in terza, Don Kelly la alza sugli esterni. E’ il sacrificio che dà la vittoria per 5 a 4 ai Tigers ed un vantaggio di 2-0 nella serie che sarà difficile da sprecare.

Come vi sarete accorti dalla cronaca, Detroit non sta dominando, anzi. Il lineup non è sembrato in palla, o perlomeno non tanto da poter vincere da solo le partite. I punti per la franchigia del Michigan arrivano in modo poco ortodosso, con errori avversari o sacrifici come quello finale appena descritto. Insomma, se la tattica di Oakland era quella di imbavagliare un attacco prolifico come quello avversario, sta riuscendo bene. D’altra parte c’è una serie di giocatori (come Infante che ha già 3 run nella serie) per cui Oakland non ha avuto risposte, e Cabrera sta entrando in forma. Insomma, la sensazione è che le prestazioni dell’attacco dei Tigers miglioreranno.

L’altro lato del campo se la passa peggio. L’errore di Crisp descritto in cronaca è ridicolo, così come il rendimento del bullpen ieri sera. E mentre Melvin trova un campione in Cespedes, perde le redini di una squadra che sarà inevitabilmente demoralizzata per le occasioni sprecate. Il pronostico è così decisamente per Detroit, che potrebbe chiudere in gara 3 una serie molto più combattuta di quanto uno sweep direbbe, ma in cui le differenze tra le due squadre si sono viste.
Ad Oakland insistono che sono stati in situazioni peggiori. Ma quella era la regular season, con il traguardo a pochi passi i Tigers non sembrano destinati a fare sconti.

 

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