Nell'ultima puntata, esploriamo la filosofia della "rimessa perfetta"

Ultima puntata della serie, iniziata nell’estate 2009 con “Rimesse da Playoff” (5 episodi) e continuata dalla stagione scorsa con la saga “Inbounds Playbook”.

Per cercare di concludere degnamente, ci dedicheremo a qualche ulteriore dettaglio, tentando di perfezionare la comprensione dell’arte della rimessa (che, dopo una cinquantina di inbounds commentate, pur entro i limiti “sapienziali” di chi scrive, dovrebbe risultarci meno “esoterica”).

FARE LA SCELTA GIUSTA

Diamo un’occhiata a queste immagini, tratte da una partita della scorsa stagione:

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Palla ai Clippers a -1 con 6,7 secondi da giocare; come evidenziato dal commentatore (video tratto dal canale youtube Clipperblog), classica situazione di pick n’ roll centrale tra il play (Baron Davis) e l’ala grande (Smith) con due tiratori (Butler e Gordon) negli angoli.

Il rimettitore (Ricky Davis), dopo aver messo in gioco la palla, taglia rapidamente sul lato destro quasi per portare un blocco all’uomo in angolo (ma ne dubito: Butler non esegue il giusto movimento e Ricky non porta un vero blocco), mentre il play gioca il pick n’ roll proprio verso destra. Sul consueto cambio di marcatura, il Barone (6-3) si trova di fronte Varejao (6-10) ed il lato destro pullulante di maglie blu-Cavs; Baron opta quindi per uno step-back sull’arco, per tirare in leggero fade away in faccia al brasiliano, vistosamente in affanno nel reggere la penetrazione del Barone. Il tiro scheggia appena la parte bassa del tabellone.

Sappiamo quanto Baron non sia un play esemplare per le scelte di tiro, sappiamo anche quanto sia agonista e desideroso di risolvere una partita (impresa compiuta più d’una volta in passato)… dal canto suo, lui sa invece che per default ad ogni pick n’ roll centrale verso destra corrisponde l’uscita in alto a sinistra di un giocatore, per liberare il pitturato e concedere al play una valvola di sfogo…

In questo caso, infatti, quando Baron tira (con 2,5 secondi ancora sul cronometro) Eric Gordon si trova piazzato a sinistra, oltre la linea dei tre punti, con mani avide di Spalding ed il rispettivo difensore ancora in post basso (cioè a circa 7 metri).

Giocare troppo per Don Nelson può avere anche questi effetti collaterali…

QUAL’È IL “PIANO B”?

Ecco un’altra situazione interessante:

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Rimessa Cavs con 1,9 secondi al termine dell’overtime; pur senza essere Nostradamus, il copione non può riservare sorprese: palla a James per l’ultimo tiro.

Ciò che sorprende è invece il tipo di rimessa giocata dai Cavs (di coach Brown, all’epoca): blocco di Varejao per l’uscita alta e centrale di Lbj che tirerebbe, nella più rosea delle ipotesi, da almeno otto metri e con l’uomo addosso. Tutto qui.

Il fato vuole che James, dopo un bump con il suo difensore (fateci caso) riesca a ricevere, scivoli e, grazie a braccia e polpastrelli che madre natura abbina assieme solo in esemplari “a tiratura limitata”, sfiori il miracolo.

Se il difensore di James avesse negato il passaggio a LeBron (scenario possibile, data la prevedibilità del ricevitore) il povero rimettitore (Parker) avrebbe avuto come opzioni: Gibson sulla linea laterale opposta (passaggio impossibile), Williams sull’angolo opposto (irraggiungibile) e Varejao in angolo. Persino un improbabile lob lungo per James sarebbe caduto preda di J.R. Smith, ben posizionato tra la punta e Gibson.

Inevitabile che sia il go to guy a prendersi certi tiri (eppure Fisher ai Lakers…), ma viste le buone mani di Gibson e Mo, averli avuti più vicini alla palla avrebbe di certo rassicurato Parker…

L’attuale stagione ha già presentato un caso del genere, seppur meno plateale; notate “il ritmo” di questa rimessa (Sixers a -3 con 4,5 secondi da gestire)

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Il doppio avvicinamento alla rimessa (taglio di Nocioni ed uscita dal blocco di Williams) garantiscono due opzioni di ricezione. Tuttavia, una volta eseguito il passaggio d’ingresso, il tentativo di fade screen per Williams viene disinnescato dalla difesa con un cambio di marcatura ed a questo punto, con Iguodala che si limita a fare un passo avanti verso la palla (portando con sé anche il proprio difensore) il buon Nocioni si trova la patata bollente in mano e zero soluzioni di passaggio, in una situazione di stallo decisionale. Messo alle strette dal cronometro, fronteggia (infrazione di passi), palleggia per uscire bene sull’arco e tenta la tripla in faccia a Smith (non proprio un giocatore facile da sorvolare con un tiro… infatti arriva puntuale la stoppata).

Curiosamente, l’angolo del lato forte, punto importante della scacchiera offensiva dell’inbound è rimasto deserto… se ci fosse andato Iguodala, magari sfruttando la palla consegnata di Nocioni (con annesso blocco blur screen)? Per la cronaca, il giocatore in basso a destra, relegato all’angolo debole per tutta l’azione, risponde al nome di Jason Kapono (44% da tre in carriera)…

Una soluzione meglio pianificata è parsa invece quella dell’ultimo possesso della gara in cui gli Hornets hanno perso l’imbattibilità di inizio campionato (anche qui è obbligatoria la tripla per il pareggio e solo 7 decimi per un catch n’ shoot):

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L’angolo del lato debole è inizialmente vuoto, ma viene riempito da Belinelli grazie ad un blocco di Stojakovic (notare la finta di passaggio di Ariza), che riceve a sua volta un blocco per finire sull’angolo del lato forte, mentre Paul si è già allargato in punta.

In poche mosse l’attacco degli Hornets ci ha ricordato alcuni sani principi per impostare una buona rimessa: valorizzare il lato debole in modo dinamico (come il fade screen), bloccare il bloccante (screen the screener) in lunetta, avere le due uscite che meglio allargano la difesa (cioè punta ed angolo forte) ed in casi di emergenza mandare il lungo in ricezione verso la palla. L’unico rimpianto, a voler proprio essere pignoli, potrebbe essere quello di non aver avuto in campo West al posto di Okafor, considerando che David ha una maggiore gittata di tiro di Emeka; per il resto, applausi all’ottima difesa Mavs (notare come Chandler ostacoli il passaggio verso il mismatch in angolo Kidd su Stojakovic).

SE EVITANO LO SWITCH NON EVITANO IL CURL

Alcuni esempi, quasi tutti di canestri molto importanti:

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Nonostante le differenti situazioni, il principio base è il medesimo: se la difesa rinuncia al cambio di marcatura sui blocchi, per evitare mismatch o per motivi di copertura tattica, e se i difensori difendono forte sull’uomo (rinunciando a passare “sotto” i blocchi) perché non vogliono che la partita sia decisa da comodi jumper, un’uscita “a ricciolo” taglia il difensore diretto fuori dai giochi e garantisce la ricezione. Certo, in alcuni casi c’è un imprevedibile effetto sorpresa in spazi brevi (come il fulmineo lob al ferro per Prince), in altri l’involontaria complicità di una pennichella difensiva (v. Bogut su Rose), in altri una pur ottima difesa non viene ripagata (v. Butler su Turkoglu o Chalmers su Rondo), in altri riesce difficile pensare che sia possibile assistere ad un passaggio del genere (v. prodezza di Kidd per Marion con Budinger che si gode lo spettacolo…).

Comunque, è da notare come il ricciolo abbia funzionato anche se combinato con blocchi non esattamente invalicabili, l’importante è che ci sia una giusta traiettoria che costringa il difensore ad inseguire ed ad arrivare inevitabilmente in ritardo sulla ricezione (ancor più in caso di lob al ferro).

Per salutarvi come si conviene, ho attinto dall’archivio-video alcuni magic moments fra il comico ed il tragico… buona visione (qui è obbligatoria la proiezione a tutto schermo):

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3 thoughts on “INBOUNDS PLAYBOOK N.8 – Last Episode

  1. un commento per l’ultimo video.

    che cos’è il genio: è fantasia, intuizione, decisione e rapidità di esecuzione

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