Kevin Love, il vincitore del premio per il giocatore più migliorato

53 doppie doppie consecutive, polverizzato il record di 50 detenuto da Moses Malone sin dalla stagione 1978 – 1979 (il record assoluto, inarrivabile, sono le 247 di Chamberlain, ma allora non vi era ancora stata la fusione tra NBA ed ABA), 5 partite da 20 punti e 20 rimbalzi, compresa una performance incredibile da 31 + 31 contro i New York Knicks (cosa che non accadeva dal 1980 e, guarda caso, il solito sospetto è ancora Malone).

Unico dal 1983 a completare una stagione con 20 punti e 15 rimbalzi (non vi dico neanche chi è stato il suo predecessore). Ha ricevuto 400 preferenze sulle 580 disponibili, surclassando completamente giocatori come Aldrige e Wright che pure avevano dimostrato durante tutta la stagione miglioramenti incredibili.

Solo snocciolando queste poche statistiche si capisce perché Kevin Love ha vinto il premio di Most Improved Player, giocatore più migliorato di tutta la NBA.

Questo ragazzo dell’88, scelto al draft dai Grizzlies con la sesta scelta assoluta nel 2008, viene scambiato immediatamente con Minnesota, in una trade che portò ai T-Wolves oltre al nipote di Mike Love, anche Brian Cardinal, Jason Collins e Mike Miller.

Voluto fortemente dall’allora GM Kevin McHale, nella sua stagione da rookie inizia a mostrare il suo valore proprio quando l’ex Celtics si siede sulla panchina come capo-allenatore, sostituendo coach Randy Wittman, esonerato dopo sole 19 partite.

Al fianco di Jefferson, dimostra di poter giocare sia da centro che da ala grande; nonostante questo non viene convocato per l’NBA Rookie Challenge, ma la sua annata statisticamente è davvero notevole: 11 punti e 9 rimbalzi di media, con 29 doppie doppie alla stagione d’esordio, record di franchigia per Minnesota.

La stagione da sophomore inizia sotto i peggiori auspici, con un grave infortunio occorsogli in allenamento alla mano sinistra, che lo tiene fuori fino a dicembre. Al suo rientro però riesce comunque a dare un contributo importante alla squadra, migliorando in tutte le voci statistiche (14 punti ed 11 rimbalzi) nelle 60 partite giocate.

Ma è l’ultima regular season ad inserirlo di diritto nel gotha dei lunghi NBA: oltre ad essere un’incredibile presenza a rimbalzo, Love ha ampliato decisamente i movimenti offensivi, inserendo nel suo bagaglio tecnico un più che affidabile tiro da fuori (42%  quest’anno) che alterna con grande maestria al gioco sotto canestro, dove prende la maggior parte delle sue conclusioni (più del 59% del suo attacco ha luogo nel pitturato).

Sottovalutato come passatore (2,5 apg), ha una strepitosa visione di gioco dal post-basso, posizione dalla quale riesce a trovare con grande facilità i compagni che si mettono in luce sotto canestro o fuori dall’arco; l’attacco di Minnesota, incentrato sui principi della Triple Post Offense, si basa principalmente sulla lettura della difesa avversaria e sembra disegnato appositamente per le caratteristiche dell’ex UCLA.

Primo terminale offensivo della squadra, non permette ai raddoppi oramai sistematici di essere efficaci poiché ha un timing nello scaricare la palla sul lato debole perfetto. Proprio per queste caratteristiche di non accentratore del pallone, ha un ottimo rapporto con compagni e tecnico, soprattutto all’interno di una squadra così giovane che vede in lui un punto di riferimento.

La fase del gioco nella quale deve migliorare, e di molto, è quella difensiva: nella propria metà campo non riesce ad essere un fattore come invece dovrebbe e potrebbe essere. È evidente che non sarà mai un grande stoppatore, ma ha una mobilità di piedi tale da poter contenere quasi tutti i pari-ruolo nella Lega.

Come tipologia di giocatore, ricorda vagamente Charles Barkley, con più centimetri e meno ball-handling: un lungo che riesce ad essere dominante nonostante non giochi costantemente 20 cm sopra il ferro, come ormai è prassi per le stelle in quel ruolo.

Non ha il primo passo di Stoudemire o la tracotanza fisica di Howard e Griffin, ma nonostante questo è riuscito a ricevere la convocazione per l’All Star Game, come sostituto dell’infortunato Yao Ming. Molti hanno storto il naso, ritenendo la sua chiamata immeritevole, poiché c’era un certo Zach Randolph che stava mostrando solo l’antipasto delle gesta eroiche compiute nei Play-Off.

A mio parere, sono entrambi giocatori poco adatti ad un palcoscenico come quello della partita delle stelle e penso che Stern abbia preferito privilegiare un giocatore che a livello comportamentale è più adatto agli standard richiesti nella Lega.

Il compito di Love nella prossima stagione, oltre quello di confermare i livelli di eccellenza raggiunti, è di diventare il leader di una squadra che ha un grandissimo potenziale e di costituire una delle coppie di ali più devastanti della Lega insieme al compagno di reparto Michael Beasley.

Il futuro di questo ragazzo cresciuto sulle spiagge di Santa Monica è quantomai roseo, con una città completamente ai suoi piedi e nuovi record ancora da abbattere.

10 thoughts on “Most Improved Player 2011: Kevin Love

  1. Tutto quello che potrebbe fare Bargnani lo fa Love, giocatore a mio avviso molto vicino come qualità tecnica all’italiano.. Andrea torni pure qua da noi che la fa solo ridere…e si porti pure Belinelli va.

  2. Povero Bargani.
    La sua unica sfortuna è quella di essere stato scelto alla n.1 … per mè valeva tra la 4 e la 8 … e altra cosa di poco conto è: ma di chi è stato allenato ? Sam Mitchell e Jay Triano … vogliamo paragonarli a Don Nelson ed Avery Johnson che hanno costruito Nowitzky.
    Resto dell’idea che prima se ne va da Toronto e meglio è per lui, così come sono convinto che Gallinari dopo un anno con Karl diventerà un giocatore più completo e in grado di fare la differenza, con D’Antoni sarebbe rimasto “solo” un tiratore.

    • Bargnani ha avuto la fortuna/sfortuna di capitare in una città come Toronto,che cestisticamente non ha molto da dire alla Nba…c’è da chiedersi che se non fosse stata proprio Toronto(città famosa per l’enorme colonia di italiani),quale altra franchiggia l’avrebbe potuto accogliere cotanto talento?Boh??Forse sarebbe ancora in Italia….
      Sam Mitchell non è proprio un allenatore che passa di lì per caso(non a caso ha vinto il premio per miglior allenatore del anno 2007).Ciò che dice Colangelo è vero…cazzo “Bargani sei 2,13 cm sono 5 anni che sei in Nba prendi qualche rimbalzo in più”…da parte di un Gm di una società che fattura e fa girare milioni di dollari l’anno è anche dovuto e provato ciò che dice…che torni in Europa allora
      Fattore Belinelli…beh,sicuramente tra i 3 italiani quello che si è trovato con maggiori difficoltà nell’inserirsi in un meccanismo così frenetico come quello americano.Soprattutto con il caro buon Don Nelson,al quale non stava molto simpatico il modo di giocare di Marco…e che certi versi l’ha bruciato!Sicuramente in una squadra più equilibrata e con maggiori velleità di playoff,nel tempo potrà prendersi delle soddisfazioni!
      Il Gallo è quello che ha più chances,se rimane a Denver o in una squadra che gli da possibilità di esprimersi al meglio,con un allenatore che può implementare ancora di più le sue caratteristiche!

      • Mitchell non era lì per caso? Ed infatti si vede che dopo Toronto ha fatto una grande carriera…poi magari se Toonto non avesse avuto la prima non sarebbe stato scelto lì, ma in quel draft era impossibile andasse oltre la 5 (alla 3 presero Adam Morrison)

  3. Non replico il talento di Bargnani, è che da come gioca da molto l’impressione di non sbattersi più di tanto. “Tanto io sono in NBA mica in Italia” sembra dica proprio questo. Alla fine basta sentire qualche sua intervista per vedere che si pompa assai.

    In quanto a Belinelli non saprei che dire, ci sono tanti giocatori che anche se non giocassero nell’NBA nessuno se ne accorgerebbe, però ci sono. Fa più specie uno che dovrebbe essere leader fare la capra che uno che conta poco che almeno ci prova.

    Gallinari ci da dentro, nel bene o nel male.

  4. io credo che love sia abbastanza sopravvalutato, i numeri ci sono e quindi ha ragione lui, ma non sarà (a mio avviso) mai un top player.

    tirar giu quindici rimbalzi è tanta roba, è vero, ma lui è uno che non si allontana di un centimetro dal ferro in difesa, flotta pochissimo, in una squadra dove la difesa fa acqua da tutte le parti.

    non so, non mi ispira molto questo giocatore, bravo lui, vediamo se con l’aggiunta di rubio minnie riesce a fare qualcosa

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