Thunder e Spurs si affrontano finalmente nell’atto conclusivo della Western Conference, dopo averla letteralmente dominata in lungo e in largo sia in regular season che ai playoffs.

Kevin Durant è pronto per la sfida decisiva.

Si presentano a questa sfida avendo perso una sola partita in tutto nell’intera post-season; non succedeva da più di 20 anni, stagione 1988-89, e peraltro all’epoca il primo turno si passava con tre vittorie e non quattro, quindi Lakers e Suns si affrontarono con un record di 14-1 complessivo, mentre le attuali finaliste vantano un più impressionante 16-1.

Gli Spurs sembrano imbattibili, sulla scia di 18 vittorie consecutive, e hanno il vantaggio del fattore campo, ma i Thunder hanno affrontato avversari più talentuosi (le squadre che hanno vinto gli ultimi tre titoli) e quindi sono forse maggiormente “battle-tested”.

Andiamo quindi ad analizzare alcuni possibili spunti tattici della serie:

QUANDO (E COME) ATTACCANO GLI SPURS

L’attacco di San Antonio ha fatto stropicciare gli occhi agli appassionati per tutta la stagione: movimenti fluidi, giocatori intercambiabili, altruismo, e la capacità di creare apparentemente un tiro comodo ad ogni azione.

Per ottenere questi risultati, i neroargento utilizzano una strategia peculiare e terribilmente efficace, che punta a sfruttare gli istinti più profondi di ogni giocatore di basket: difendere il canestro e concentrarsi sul giocatore che ha il pallone.

Gli Spurs possiedono infatti una miriade di giochi offensivi differenti, ma quasi tutti presentano una caratteristica in comune: il fatto di “attirare” l’attenzione della difesa verso il pitturato, lasciando intendere che l’azione sia destinata a concludersi in avvicinamento al ferro da parte di uno dei loro tre giocatori più rappresentativi.

Possiamo menzionare a tal proposito:

Il pick and roll alto Parker-Duncan:

 

I tagli “zipper” o “ice” di Manu Ginobili, che finge di girovagare sulla linea di fondo e poi scatta verso il centro del campo, riceve, e si prepara a battere il difensore quando quest’ultimo recupera affannosamente verso di lui:

 

 

 

E ovviamente i giochi disegnati per consentire ricezioni pulite spalle a canestro per Tim Duncan:

 

Ognuna di queste soluzioni, considerando la qualità dei giocatori coinvolti, è già di per sé temibile da affrontare per qualsiasi difesa: in regular season, contro gli avversari più sprovveduti, gli Spurs vanno agevolmente a canestro utilizzandoli direttamente, anche senza doverli sviluppare più nel dettaglio.

Nelle gare che contano, quando gli avversari cercano di rendere loro la vita più difficile, gli stessi giochi vengono però utilizzati come semplici specchietti per le allodole, al fine di far collassare la difesa, per poi scaricare fuori all’ultimo momento utile, quando la difesa si chiude.

A questo punto le squadre meno toniche e reattive alzano bandiera bianca, concedendo un tiro piazzato, e la frittata è fatta; ma se anche la difesa reagisce con un efficace closeout, contestando il tiro al primo tiratore, i giocatori degli Spurs sono maestri nel far girare il pallone vorticosamente, e se non è libero il primo giocatore sul perimetro, dopo due, tre, quattro passaggi il gap rispetto al tiratore diventerà inevitabilmente incolmabile.

Nessuna difesa può umanamente ruotare alla stessa velocità del giro-palla dei texani, anche perché i lunghi neroargento (ed in particolare Duncan) sono maestri nel piazzare micidiali blocchi ciechi lontano dalla palla che fanno deragliare anche le rotazioni difensive più volenterose e disciplinate.

Nel video seguente se ne può ammirare un esempio; non sono situazioni difficili da riconoscere, visto che San Antonio, come detto, utilizza giocate del genere ripetutamente, anche 20-30 volte a partita; quel che questo video permette di apprezzare è come gli Spurs riescano a sbilanciare e punire anche la miglior difesa della lega nelle rotazioni e nei closeout, quella dei Miami Heat, e seppur schierando un quintetto di carneadi, senza nessuno dei loro “big three”.

Si vede chiaramente come i giocatori lontano dalla palla si muovano ripetutamente dall’esterno verso il centro del campo, verso il pitturato, per poi allargarsi nuovamente e lasciare campo libero per il taglio di un altro compagno, e come ogni volta la difesa avversaria si chiuda e si riapra rapidamente, finché alla fine l’ultimo taglio deciso di Leonard la sbilancia definitivamente regalando il 2vs1 sugli esterni che rende inevitabile una comoda tripla piedi per terra.

Contro questa macchina micidiale, la difesa ha una sola parola d’ordine: disciplina.

I giocatori sul perimetro devono mantenere i nervi saldi e restare con il proprio uomo, senza farsi “risucchiare” verso il pitturato, perché basta fare un passo di troppo in aiuto verso il centro e il movimento del pallone sugli esterni trasformerà inevitabilmente quel singolo passo di ritardo in un tiro con due-tre metri di spazio dall’altro lato del campo qualche secondo dopo.

Il problema dei Thunder è che il loro stile difensivo, volto a proteggere il ferro ed il pitturato ad ogni costo, e le caratteristiche ultra-aggressive di molti loro giocatori, che normalmente sono in grado di soffocare molte squadre, contro gli Spurs si rivelano controproducenti, finendo per fare esattamente il gioco degli avversari.

QUANDO ATTACCANO I THUNDER
CONTROPIEDE, PICK AND ROLL… E RUSSELL WESTBROOK

Gli Spurs, dopo essere stati per un decennio una delle prime tre difese della lega, non sono più una macchina da guerra difensiva: troppo anziani atleticamente i loro migliori difensori, troppo acerbi o inadeguati tecnicamente i loro giocatori più freschi.

Quel che invece non manca a San Antonio, come sappiamo, è proprio la disciplina: sapendo quali sono i propri punti deboli, sapendo di non poter tener testa ad un attacco talentuoso, sono disposti a concedere qualche tipo di tiro pur di negarne altre tipologie ritenute più dannose.

Si spiega in questo modo il fatto che gli Spurs, nonostante le predette carenze in termini di atletismo, siano una delle migliori squadre della lega in transizione difensiva: San Antonio semplicemente rinuncia al rimbalzo offensivo, preferendo rientrare cautamente nella propria metà campo, e questo potrebbe rendere tutt’altro che scontato quello che, guardando la differenza di età ed atletismo dei due roster, sembrerebbe un evidente vantaggio per Oklahoma City, vale a dire il contropiede.

Un altro esempio dell’adattabilità degli Spurs è la loro peculiare strategia difensiva sui pick and roll: San Antonio sceglie sempre di passare sopra al blocco con l’uomo del portatore di palla e di far arretrare verso il ferro l’uomo del bloccante.

In questo modo non concede né un comodo arresto e tiro da tre al primo, né la possibilità di attaccare aggressivamente il canestro a ciascuno dei due (e se ne sono accorti i lunghi dei Clippers, deprivati quasi completamente degli spazi in cui ricevere i puntuali lob di Chris Paul), e di fatto costringe l’attacco avversario ad accontentarsi di un jumper dalla medio-lunga distanza o di un tiro in corsa.

Si tratta comunque di soluzioni comode per un discreto attaccante NBA, e infatti le statistiche dicono che nessuno concede tanti punti al portatore di palla di un pick and roll quanto gli Spurs: ma è un sacrificio prezioso, un prezzo molto basso da pagare, perché da un lato non tutti i giocatori NBA sono a loro agio con una soluzione del genere, e quindi spesso e volentieri rifiutano questo tipo di tiro o esitano abbastanza a lungo da permettere ai difensori di riposizionarsi, e d’altra parte gli Spurs si garantiscono in questo modo la possibilità di difendere il canestro strenuamente anche senza una frontline imponente.

E a questo punto il pensiero non può che andare a Russell Westbrook, che nel corso della stagione ha migliorato esponenzialmente il suo mid-range game, grazie ad un tiro dalla media dimostratosi sempre più affidabile: gli Spurs, non c’è da dubitarlo, lo sfideranno a dimostrare di poter mettere quel tiro con continuità, e di riuscire, nel caso in cui non entrasse, a rimanere lucido, coinvolgendo i due illustri (e più efficienti) compagni di backcourt senza incaponirsi in una sfida personale “uno contro tutti”.

KENDRICK PERKINS: L’ANELLO DEBOLE?

Il reparto lunghi di Oklahoma City si è conquistato negli anni la meritata reputazione di gruppo ostico e tignoso da affrontare, ed è reduce da una serie in cui ha annullato la rinomata frontline dei Lakers: a rigor di logica, quindi, la sfida contro gli Spurs, che nel corso della stagione hanno spesso dimostrato di soffrire i lunghi molto fisici, potrebbe sembrare in discesa da questo punto di vista.

In realtà non è detto che le cose vadano esattamente così, guardando le tre partite di regular season tra queste due squadre, in cui Ibaka e Collison hanno fatto sempre bella figura contro le PF di San Antonio, mentre Perkins non ha garantito analogo rendimento contro Tim Duncan.

L’ex centro dei Boston in quelle tre sfide contro il caraibico ha preso in tutto sette tiri, ne ha segnato uno solo, se ne è fatti stoppare tre e ha sbagliato, non di poco, gli altri tre, senza conquistare nemmeno un tiro libero; è evidente che una sterilità offensiva del genere non è sostenibile, non tanto per il mancato contributo di KP all’attacco dei suoi, che anche nelle sue giornate migliori è limitato e trascurabile, quanto perché permette a Duncan di disinteressarsi completamente del suo uomo e di piazzarsi in area a fare il “portiere“, situazione tattica in cui è ancora in grado, anche al crepuscolo della sua carriera, di alterare tiri, chiudere linee di penetrazione, abbassare percentuali, calamitare rimbalzi difensivi.

I Thunder non possono concedere a Duncan di aiutare spensieratamente a centro area, e quindi dovranno inventarsi qualcosa: visto che trasformare di punto in bianco Perkins in un attaccante degno di impensierire TD è poco probabile, una interessante soluzione potrebbe essere quella di presentare più spesso quintetti senza Perkins, con Ibaka e Collison maggiormente in campo (trattandosi di giocatori che possono quantomeno attirare il caraibico lontano dal pitturato, oppure metterlo in difficoltà con la loro energia ed il loro movimento senza palla).

Oppure Brooks potrebbe tentare qualcosa di più audace, adottando con continuità quintetti piccoli e mobili, con Durant da 4: sarebbe un “colpo di scena” tattico quasi paradossale, visto che in linea di massima si pensa che debba essere più Popovich a preoccuparsi della frontline avversaria (e quindi ad essere tentato di abbassare il quintetto) piuttosto che il contrario, ma se Brooks dimostrasse sufficiente elasticità mentale (ed è un “se” grosso come una casa) questa portebbe essere una delle poche armi a sua disposizione per sorprendere la sua controparte, in una sfida a scacchi che sembra saldamente nelle mani degli Spurs e del loro ben più esperto, quotato e talentuoso timoniere dei texani.

6 thoughts on “La lavagna tattica: OKC Thunder – San Antonio Spurs

  1. Geniale l’idea di Durant da 4: consentirebbe ad OKC d’avere un’ottima difesa (Westbrook, Harden, e Sefolosha) sugli esterni Spurs ed al contempo impedirebbe a Popovich di sfruttare il sublime tandem Diaw-Duncan, costringendo inoltre il lungo Spurs di turno a scegliere se seguire Ibaka fuori dalla paint (per non lasciargli il piazzato) o restare interno a chiudere sulle penetrazioni.

    Una domanda: visto l’attacco poco collettivo dei Thunder (ultimi per canestri su assist) e, ciò nonostante, una marcata tendenza alle palle perse (primi per To%), come credi reagirebbero se coach Pop sfoderasse con costanza una zona?

    • argomento interessantissimo. è vero che la zona è l’ideale contro un attacco statico e con poca circolazione della palla come quello dei Thunder, e infatti gli avversari la usano parecchio, sia contro di loro che contro gli Heat.

      proprio come gli Heat, però, a furia di affrontare difese a zona i Thunder stanno imparando ad attaccarla: l’anno scorso ai playoffs contro i Mavs fecero una fatica bestiale, quest’anno l’hanno fatta a fette come il burro.

      tutto sommato, però, non so se possa rivelarsi un fattore decisivo, per il semplice fatto che Pop non ama difendere a zona (per usare un eufemismo) generalmente ricorre alla zona soltanto in condizioni estreme, quando la sua difesa è in difficoltà per un periodo prolungato di tempo e non riesce a risollevarla con i normali aggiustamenti.

      tempo fa in una intervista Bonner, scherzando, ha detto che quando Pop usa la zona lo fa per “punirli”, è come se dicesse “state facendo talmente schifo in difesa che tanto vale difendere anche a zona”.

      Più che usarla continuativamente potrebbe al massimo buttare lì qualche possesso a zona qua e là, preferibilmente in uscita da un timeout, giusto per confondere un po’ le idee agli avversari.

  2. gran bell’articolo! concordo in pieno!

    una cosa che forse non è stata ben considerata è l’energia che può portare (specie in penetrazione) harden dalla panca…nonostante AMO manu ginobili penso che questo può essere un testa a testa molto molto problematico per gli spurs…

    • Harden sarà decisivo, nelle tre partite di regular season contro gli Spurs è stato di gran lunga il migliore e il più efficace dei “big three” di OKC.

      La difesa degli Spurs non è impenetrabile, difende discretamente il pitturato contro le penetrazioni ma è vulnerabile nel mid-range e se attaccata pazientemente: e Harden è un maestro sia nel mid-range che nell’attaccare una difesa con intelligenza e senza affanni.

      D’altra parte la sfida Harden-Ginobili sarà veramente affascinante, perché Harden è il vero erede di Ginobili, il suo “clone” tecnico. E tra l’altro quest’anno non si sono ancora affrontati.

  3. Davvero un bell’articolo, complimenti.

    Come dice Fraccu giocarsi KD da 4 è geniale, per lo meno da provare in caso di necessità, ma in caso di risposta con quintetto piccolo da parte degli Spurs e considerata la loro abilità nel far girare la palla, il rischio è che 4 piccoli facciano impazzire i Thunder.

    La zona è sconsigliata ad entrambi perchè i Thunder sono troppo più veloci degli Spurs e possono bucarla facilmente, nella metà campo opposta rischiano di prendersi una pioggia di bombe.

    Dovendo dare un pronostico, direi forzatamente vittoria Thunder, solo per il fatto che 2 giocatori su 5 di loro sono impossibili da marcare: e non è poco. Probabilmente vedremo cifre impressionanti da Westbrook e Durant.

    Uno dei fattori chiave sarà Ibaka: se riuscirà almeno a dimezzare Duncan e a piazzare regolarmente tiri dalla media sono a metà dell’opera.
    Fossi in Brooks sfiderei Diaw da 3, cercando di non saltare uno step in difesa, di certo non ne metterà 30 a sera.

    Voi che ne pensate?

    • sicuramente Ibaka sarà una chiave tattica importantissima. il suo piazzato dalla media è fondamentale per l’equilibrio offensivo dei Thunder, se dovesse sbagliarlo troppo spesso e/o esitare troppo a prenderlo i lunghi di San Antonio potrebbero ritirarsi ancor più serenamente sotto canestro e rendere la vita terribilmente difficile per le penetrazioni di Westbrook.

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