Favors e Hayward hanno nelle mani il futuro dei Jazz: saranno all’altezza?

Ci sono 2 cose a cui la maggior parte delle persone pensa quando si parla di Utah: i Mormoni e la splendida varietà del paesaggio naturale. I Jazz del post-Sloan, per l’appunto, in tal senso sono quanto di più rappresentativo possa esistere per il loro stato d’appartenenza.

Tranquilli, non sono impazzito improvvisamente a causa dell’addio del White Mamba e nemmeno per il tanto vituperato anello del bullo di Akron. Mi sono solo immaginato un Corbin in versione Brigham Young, diffusore della professione mormonica dopo la morte del profeta Joseph Smith, e una similitudine meno blasfema tra catene montuose e lande desolate con la rocciosa fisicità dei lunghi gialloblu e la sconfinata potenzialità dei giovani talenti da poco arrivati in casa Jazz.

Elucubrazioni di dubbia utilità e metafore extracestistiche a parte, la non entusiasmante prestazione ai playoff contro San Antonio  (sweep al ritorno nella post-season)  ha forse oscurato quella che era stata comunque una stagione sopra le righe di un gruppo palesemente in fase di ristrutturazione (in un Ovest come noto zeppo di talento).

Risultato ancor più sorprendente constatato che, a differenza dei Nuggets risorti grazie alle ceneri della Melo-trade, dalla partenza di Deron Williams (e da quella di Boozer) i Jazz avevano ereditato solo un enorme buco da riempire in termini di leadership ed esperienza, oltre all’ancora acerbo e “problematico” potenziale di Favors.

Se appare ancora difficile fare previsioni per il futuro, di certo c’è che nell’immediato la dirigenza si è mossa per lavorare sulle falle più evidenti. A cominciare dalla firma come nuovo General Manager di un ex Spurs come Dennis Lindsey (per 6 anni assistente dell’ormai celebre e “venerato” RC Buford) passando per gli arrivi di veterani della lega come i due Williams (Mo e Marvin) e di Randy Foye (reduce dall’esperienza ai Clips).

Mercato 2012/2013

Acquisti: Randy Foye (G, LA Clippers), Maurice “Mo” Williams (PM, LA Clippers), Marvin Williams (F, Atlanta)
Cessioni: Devin Harris (PM, Atlanta), CJ Miles (G, Cleveland), Josh Howard  (FreeAgent)
Draft: Kevin Murphy (G,Tennessee Tech) – 47° pick.

Roster

Guardie: Mo Williams, Jamaal Tinsley, Earl Watson, Randy Foye, Alec Burks, Kevin Murphy
Ali: Paul Millsap, Gordon Hayward,Marvin Williams, Jeremy Evans, DeMarre Carroll
Centri: Al Jefferson, Enes Kanter, Derrick Favors

Per un pubblico abituato alle magie di “Stock”, il buco lasciato da un top-class come D-Will nella cabina di regia dev’essere stato difficile da digerire, soprattutto se il selezionato perlomeno a non farli rimpiangere era un non entuasiamante Devin Harris. Buon realizzatore e decente passatore, ma poco avvezzo a responsabilità considerevoli (come dimostrano i numerosi minuti riservati a Tinsley e Watson nella passata stagione).

Mo Williams deve portare un po’ di punti e esperienza in un reparto guardie con qualche buco di troppo…

In questo altro anno di transizione probabilmente il miglior fit possibile sarebbe stata una mano esperta in uno spogliatoio privo di personaggi postivamente carismatici (fatta eccezione per l’ormai navigato “Big Al”, di cui parleremo successivamente) ed in tal senso la scelta della dirigenza di puntare su Maurice Williams (con un annuale non troppo impegnativo) è apparsa una soluzione ragionevole, nonostante “Mo” fosse reduce da una stagione da sesto uomo ai Clips non brillantissima. Giocatore solido, con buona visione di gioco, ottimo rendimento perimetrale e una mezza idea di cosa significhi giocare alla Energy Solutions Arena.

Da L.A. con biglietto di sola andata a fargli da sparring partner è arrivato anche Randy Foye, veterano non esattamente noto per le sue doti di playmaking ma pedina utile a rinforzare una rotazione gialloblu in cui scarseggiano giocatori con punti nelle mani.

Salendo di grado sugli esterni è inevitabile cominciare da Gordon Hayward. Il talentuoso ragazzo nativo di Indianapolis, tristemente noto più per il suo (sfortunato) buzzer beater in finale NCAA che per le sue qualità da giocatore all-around, ha conquistato tutti con l’aspetto da tipico ragazzo bianco con ottimi fondamentali e mano delicata.

L’impressione in questo caso non è così fuorviante, sebbene i punti di forza dell’ex Butler siano indubbiamente una sublime comprensione del gioco ed una varietà di soluzioni a in faretra inusuali per un giocatore di queste dimensioni (2,03 x 95 kg).

Il merito, piccola nota, è tutto di papà Gordon Scott, che ha forgiato il piccolo Gordon jr. con i dettami della tipica SG, prima di assistere alla sua inattesa crescita esponenziale (23 cm in 2 anni alla high school). Personalissima interpretazione: uno di quei giocatori alla Ginobili, con la straordinaria dote di migliorare coloro che gli stanno intorno.

Ceduto CJ Miles, rilasciato Howard e constatata l’ormai lenta involuzione di Bell, vicino all’addio dopo le dichiarazioni della società inerenti una sua non partecipazioni al training camp, sembra chiaro come l’intento della dirigenza gialloblu sia stato quello di fare più creare più spazio possibile per Alec Burks e per il neo arrivato Marvin Williams.

Se la 12° scelta del draft 2011 è indubbiamente ancora un work in progress, soprattutto in ambito perimetrale, ma nei minuti avuti a disposizione ha mostrato notevoli margini di miglioramento oltre ad una spiccata propensione alla penetrazione e al rimbalzo offensivo, l’ex enfant prodige dei Tar Heels in arrivo da Atlanta pare essere il vero uomo in più di questi nuovi Jazz.

Corbin lo ha fortemente voluto per sfruttare le sue abilità nel creare mismatch contro gran parte delle ali della lega, ma toccherà a lui dimostrare di saper passare dal gioco degli Hawks, basato su qualche “cut”, a quello più movimentato dei Jazz, mantenendo una adeguata selezione dei tiri.

Nel caso ve lo steste chiedendo (cosa di cui dubito fortemente) pronto a dare minuti di sostanza dalla panchina c’è il fresco di rinnovo Jeremy Evans, salito alla ribalta dopo la vittoria in uno degli Slam Dunk Contest più deprimenti degli ultimi anni e pronto a ritagliarsi qualche minuto in quintetto grazie al suo sorprendente atletismo e alla spiccata attitudine difensiva.

Se il back-court si è rinforzato ma presenta ancora alcune incognite, le certezze dei Jazz si concentrano tutte nel reparto avanzato, che continua ad essere uno dei più temuti ed assortiti dell’intera lega: Al Jefferson sembra aver raggiunto la propria maturità cestistica e il suo singolare gancio è ormai temuto marchio di fabbrica.

Al suo fianco, per la serie “una vita da under(dog)” il sempre sottovalutato (e sottodimensionato) Paul Millsap pare essersi definitivamente scrollato di dosso il peso di quel contrattone firmato nel 2009 (32 milioni per 4 anni) che lo aveva inserito di diritto nel Club degli strapagati insieme a simpaticoni del calibro di Rashardone Lewis e del Mitra Russo col 47 appena accasatosi ai T’Wolves, dimostrando di saper creare con l’ex Celtic un duo di rara completezza.

Alle loro spalle si fanno rapidamente strada, in modi e termini diversi, due personaggi che avrebbero fatto comodo a Pirandello per un remake del suo celebre capolavoro: Enes Kanter, scelta #3 al draft dello scorso anno di cui si sta ampiamente parlando recentemente in materia di effettive capacità (e su cui anche il maestro Bogdan Tanjevic ha voluto dire la sua), e un pozzo di talento puro come Derrick Favors, additato dai media statunitensi come uno dei futuri lunghi top-class della lega e in procinto di esplodere definitivamente.

Possibile Starting Five
PG: Mo Williams
SG: Hayward
SF: Marvin Williams
PF: Favors
C: Al Jefferson
6°: Millsap

Rispetto all’anno passato, in cui svariate volte a Utah si sono visti quintetti con Carroll o Howard (con tutto il rispetto per il possibile futuro del primo e per il passato del secondo), il roster dovrebbe aver fatto un bel salto di qualità.

Corbin dal Day 1 ha imposto che il ritmo fosse l’elemento chiave dei suoi nuovi Jazz, non tanto inteso come una versione 2.0 dei Phoenix dantoniani, ma bensì come una reintepretazione dell’early offense di stampo Spurs mantenendo quel concetto di difesa fisica già applicato nella passata stagione.

Verosimilmente non si chiederà a Mo Williams di correre il campo e trovare il primo scarico buono per le triple degli esterni, bensì di arrivare sull’altro lato del campo con almeno 18 secondi sul cronometro, per sfruttare una massiccia circolazione di palla, il gioco in post di Jefferson ed interpretare con più efficienza le letture della difesa.

Secondo elemento chiave sembra essere la versatilità. Hayward in primis vista la stazza potrebbe essere l’incubo di svariati allenatori della lega, viste attitudini difensive e offensive e data la capacità di adattarsi da 2 o da 3 in base alle necessità, mentre  Foye, come play atipico o tiratore perimetrale, e Marvin Williams, adattato a 4 per creare mismatch offensivi, potrebbero far valere la propria esperienza in quintetti small-ball (vista la crescente tendenza ad andare “piccolo” nella lega).

Allo stesso tempo Millsap sarà fondamentale nella sua interpretazione da SF quando ci sarà da giocare “big” per sfruttare tutto il potenziale dei lunghi gialloblu, così come Favors potrà essere il compagno ideale di Paul o Al per favorire rispettivamente il mid-range game del primo o coprire le spalle difensivamente al secondo.

Non è ovviamente tutto rose e fiori in casa Jazz: difficile sapere quale sarà l’effettivo apporto dei nuovi arrivati e come si adatteranno al sistema di Corbin ed altrettanto di difficile valutazione sarà la coesistenza dei 4 lunghi sopracitati. Il lungo Lockout dell’ottobre scorso ha infatti limitato le chances di provare a lungo le possibili combinazioni, con Jefferson e Millsap che hanno potuto condividere il parquet con Favors per complessivi soli 470 minuti (rispettivamenteo 300 e 170).

Altra fattore fondamentale sarà la crescita di Kanter e Burks, senza i quali la panchina potrebbe faticare non poco, e le effettive tendenze alla leadership di Hayward, più che da Go2Guy da punto di riferimento per i compagni.

Obiettivi immediati e futuri

Nel sempre più competitivo Ovest, la Southwest division si candida ufficialmente come la più incerta della lega.

Fatta eccezione per i Blazers, che con la rifirma di Batum hanno probabilmente messo il sigillo su una stagione da semi tankeggio (nonostante le ottime scelte al draft), insieme ai Jazz ci sono altre 3 squadre con forti ambizioni da post-season.

I Thunder stanno crescendo e con delle Finals alle spalle non avranno più la scusa dell’inesperienza dalla loro. I Nuggets hanno un Nenè in meno ed un Iguodala in più e probabilmente continueranno a far sudare chiunque si affacci dalle parti del Colorado, sperando che Faried e McGee siano molto più che un concentrato letale d’esplosività.

I T’Wolves si presentano al via nella loro prima versione competitiva dal post-KG, ma molto dipenderà da come questa rocciosa armata brancaleone all’europea reggerà l’urto con l’NBA, più a livello fisico che mentale. (Nota a margine, la speranza, credo di tutti, è di avere un Roy in condizioni accettabili. La lega ha bisogno di lui e del suo talento).

Fatte le doverose premesse, l’impressione è che i Jazz abbiano troppo talento per non puntare alla post-season e non dovrebbero fare grossa fatica a raggiungere o ad avvicinarsi alle 40 vittorie. I play-off sembrano quantomeno alla portata e molto dipenderà da ciò che potrebbe accadere nei mesi caldi del mercato invernale.

La dirigenza ha costruito una situazione salariale eccelsa. Nella prossima stagione, ad ora, i Jazz avrebbero a roster 6 giocatori: Favors, Kanter, Burks, Hayward, Evans e Marvin Williams. Il tutto per un esiguo totale di circa 25 milioni. Il sogno di ogni general manager se si aggiunge che oltre a ciò ci sono due contratti discretamente onerosi come quelli di Jefferson e Millsap in procinto di scadere.

Le opzioni considerabili sembrano essere 3:
– Rifirmarli entrambi
– Lasciarli scadere per sondare il mercato FA.
– Firmarne uno e tradare o lasciare scadere l’altro.

Se la prima opzione sembra alquanto improbabile, constatato che si rischierebbe di “tarpare” le ali a Favors e in misura minore a Kanter, andando a vanificare quanto di buono fatto fino a quel momento a livello di gestione salariale, la seconda si muoverebbe proprio in tal senso ma sarebbe altrettanto di difficile interpretazione a meno di clamorose esplosioni dei giovani talenti gialloblu data la non eccelsa qualità del mercato.

L’ultima soluzione appare come la più probabile e ragionevole.
Il principale indiziato al rinnovo sarebbe Jefferson per svariati motivi: sebbene si tratterebbe di uno sforzo economico maggiore per le casse della dirigenza (si parla di stipendio in doppia cifra), Al appare più adeguato ad essere la spalla di Favors (e a farlo crescere nella sua posizione naturale di PF) permettendo a Kanter di crescere in tutta tranquillità.

Al tempo stesso, viste le problematiche inerenti il suo possibile rinnovo, Millsap è maggiormente indicato come oggetto di trade (vista anche la sua versalità e la sua disponibilità ad uscire dalla panchina).

Ovviamente molto dipenderà da quale sarà il rendimento dei singoli e della squadra, ma il futuro sembra sorridere ai Jazz. Devono solo riuscire nello straordinario intento di crescere, senza cambiare.

3 thoughts on “Utah Jazz: Preview

  1. Complimenti per la Preview.

    Altro tassello, altra franchigia da inserire (con le incognite riportate) in una lunga ed estenuante rincorsa ai p.o. della Western Conference.

  2. Mi piace il paragone Hayward-Ginobili…spero che Foye faccia il cambio di MO…anche perchè Burks quest’anno deve giocare…almeno 20 minuti…
    Uno tra jefferson e Millsap deve partire….Marvin Williams da 4 non lo vedo….non perchè non abbia la caratteristiche…ma perchè abbiamo già problemi a trovare i minuti per Favors e Kanter…

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