Drummond e Monroe sono il futuro dei Pistons, peccato che il presente non sia esattamente il massimo…

La Regular Season 2012/2013 ha aperto i battenti ormai da un mese, le classifiche cominciano a prendere una forma definita, le squadre costruite per vincere vincono (Lakers permettendo), quelle, passatemi il “controsenso”, costruite per perdere perdono (…) e le squadre potenzialmente a metà del guado iniziano a far capire da che parte della barricata passeranno la stagione.

Tra tutte le 30 franchige che compongono la tonnara NBA però, due sono quelle che hanno attirato l’attenzione per i risultati scadenti se rapportati alla quantità di talento in squadra: i Detroit Pistons (5-11) e i Washington Wizards (1-12).

Qui Detroit

I risultati pessimi delle ultime annate hanno portato la dirigenza di Detroit a percorrere la via del rinnovamento partendo da alte scelte al Draft e dall’abbattimento del monte ingaggi.

In quest’ottica si possono vedere le due principali mosse dell’estate: la scelta (con il pick numero 8) di Andre Drummond, centro giovanissimo e tutto da sviluppare e lo scambio, con i Bobctas, Ben Gordon (13 milioni per due anni) per Corey Magette (contratto leggermente meno oneroso ma della durata di un solo anno) più una prima scelta.

Ai nastri di partenza il roster si presentava come un insieme di giovani futuribili dal buon potenziale (Knight, Monroe, Drummond), giocatori esperti e di sicuro affidamento (Prince, Maggette), titolari e panchinari nel pieno della maturità cestistica (Stuckey, Maxiell).

Potenzialmente quindi la squadra sembrava costruita con il giusto mix, mancava di sicuro la stella in grado di portare il progetto ai vertici, ma come base per il futuro non si sarebbe potuto chiedere di meglio. Quindi perchè i risultati sono così lontani dalle aspettative?

Cosa si salva

– Greg Monroe sta conducendo una stagione da top player (17 punti, 9.5 rimbalzi, 3.7 assist, 48% al tiro, 71% al tiro libero), sembra finalmente giunto alla completa maturità dopo il suo terzo anno nella lega. Adesso si aspettano solo dei miglioramenti in fatto di leadership.
– Kyle Singler, alla sua prima annata in NBA dopo la parentesi nel Real Madrid, sta sorprendendo tutti per il suo buon impatto nella Lega. I quasi 10 punti e 4 rimbalzi in 25 minuti di utilizzo non dicono tutto, sono molto apprezzabili anche gli intagibles e la grinta che mette in campo.

Cosa non va

– L’affiatamento in squadra sembra non essere dei migliori: giocatori scontenti e relegati in panchina (Villanueva, Daye) e amalgama tra veterani e giovani tutta da costruire.
– Poco impegno difensivo causato anche dalla mancanza di veri e proprio specialisti, tolto Prince che però inizia ad essere in là con gli anni. Da notare come siano la terz’ultima squadra della Lega come numero di palle rubate a partita.
– Mancanza di un play vero e proprio, nessuno sa gestire il gioco in maniera adeguata: Knight è ancora acerbo, Stuckey non è un play ma una guardia tiratrice e Bynum non è più di una discreta riserva.
– Drummond, nonostante abbia dimostrato sprazzi del suo potenziale fisico e tecnico, adesso non è altro che un atletone da sviluppare: non gli si possono concedere troppi minuti in campo a causa della sua inesperienza (16.4 a partita), deve migliorare sia nelle soluzioni offensive (6.2 punti) e soprattutto nell’efficacia difensiva basata troppo sull’atletismo.
– Stuckey tira con il 33% in stagione, quella che doveva essere la miglior bocca da fuoco della squadra si sta invece rivelando deleteria.

John Wall parla in panchina con Shaun Livingtson: i suoi Wizards al momento sono la peggior squadra della Lega

Qui Washington

Dimenticati i “fasti” del trio Arenas-Jamison-Butler i maghi capitolini hanno infilao una serie di stagioni molto deludenti. Stagioni utilizzate per liberare il monte salari intasato (Arenas, Lewis) e per provare a dare una forma definita al progetto.

Il progetto in questione è stato pensato e basato sulle spalle di un solo giocatore: John Wall. La prima scelta del Draft 2010 ha, infatti, dimostrato nel suo anno da rookie di avere un potenziale incredibile e di poter incidere pesantemente fin da subito sulle sorti della franchigia (ipotesi parzialmente smentite dalla seconda, deludente stagione). La dirigenza si è quindi premurata di costruirgli intorno un roster composto da giovani futuribili e veterani di buon livello

Dopo la scelta della guardia tiratrice Bradley Beal e gli scambi che in estate hanno portarto all’acqusizione di Trevor Ariza ed Emeka Okafor, il quintetto iniziale avrebbe dovuto presentarsi così: Wall, Beal, Ariza, Okafor, Nenè.

A prima vista un quintetto dotato di talento, freschezza fisica, esperienza, difesa, il tutto guidato dall’arma illegale Wall. Fino a ieri però il record recitava 0-12: come mai?

Cosa si salva

– Nulla. Trovare qualcosa da salvare in una squadra ancora a secco di vittorie dopo 12 partite è un compito troppo arduo.

Cosa non va

– Prima di tutto gli infortuni: Wall, la stella della squadra, non ha ancora fatto un minuto in campo e Nenè, il centro esperto che manca come il pane, ha potuto giocare solo due scampoli di partita ed è ancora lontano dalla forma migliore.
– La mancanza dei due sopracitati ha fatto si che l’allenatore cercasse di distribuire le responsabilità su tutto il roster: ben 9 giocatori di rotazione hanno 20 o più di minuti di media sul parquet. Risultato: gerarchie non definite e amalgama che non si crea.
– Manca un giocatore riferimento in attacco, avrebbe dovuto essere Wall e in sua mancanza è il modesto Jordan Crowford a segnare di più (12,3 punti a gara..).
– Gli acquisti del mercato estivo non stanno rendendo come ci si sarebbe aspettato: Trevor Ariza, difensore arcigno e all’occorrenza discreto realizzatore, porta alla causa 7,8 punti e 5,2 rimbalzi. Emeka Okafor, ala grande/centro utilissimo per difendere sui lunghi più pericolosi e buon rimbalzista, fa segnare solo 5.9 rimbalzi ad allacciata di scarpe.
– Il rookie Bradley Beal, tiratore mortifero comparato in estate a Ray Allen, tira con percentuali dal campo a dir poco rivedibili (32,6% dal campo, 32,7% da tre).

In definitva le due squadre vivono situazioni simili: affiatamento nullo, scelte sbagliate dell’allenatore, giocatori lontani dalla piena maturazione o infortunati.

All’orizzonte non si prospettano facili soluzioni ai vari problemi che le attanagliano,  ghiotte occasioni sul mercato non si presentano di solito fino alla pausa per l’All Star Game e puntare sui giovani è sempre e comunque una scommessa che paga, se paga, non nell’immediato.

Idee quindi per raddrizzare una stagione nata male? Perdere la bussola in situazioni come questa è sempre semplice ma, per iniziare, si potrebbe tentare di istillare una nuova filosofia all’interno dei team, una filosofia basata sul gioco di squadra e la collaborazione tra giocatori, allenatori e dirigenza.

Compito arduo ma, più di una volta in NBA ci è stato dimostrato come il tipo di mentalità sia alla base del successo (o dell’insuccesso) di una franchigia nel tempo.

2 thoughts on “Pistons & Wizards: quando il talento non basta

  1. Può sembrare paradossale, ma visto lo stato della Central Division i Pistons non sono nemmeno troppo tagliati fuori dai playoffs…

  2. 11° puntata radio di Rebound, su Ryar Web Radio. Gli argomenti che verranno trattati questa settimana: Roma vs Varese; i primi verdetti dell’Eurolega, un focus su Warriors & Bucks. In chiusura, come al solito, le nostre 2 rubriche settimanali (Top&Worst, Strange Cats). Gli ospiti – e che ospiti – saranno Davide Rosa (Play It Usa, Ball Don’L Lie) e Gianmarco Pozzecco (servono presentazioni?). Lunedì 3 Dicembre, dalle ore 19.30 solo su http://www.ryar.net

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