Andre Drummond sta ben figurando per Detroit, uscendo dalla panchina...

Andre Drummond sta ben figurando per Detroit, uscendo dalla panchina…

I primi due mesi di stagione sono passati, un anno solare è andato e un altro è appena iniziato, ma per i rookie della NBA è cambiato poco e niente. Poco perchè ora dovranno fare i conti con le vere insidie che la lega professionistica comporta e niente perchè rimangono pur sempre delle matricole e con loro si può chiudere un occhio se le cose non vanno come dovrebbero andare.

Per questo abbiamo deciso di fare una specie di riassunto di questo primo quarto di campionato, per vedere quali tra di loro si sono contraddistinti nei rispettivi ruoli e quali invece hanno deluso le aspettative sinora.

Per fare ciò, abbiamo optato per una cosa diversa rispetto al classico Rookie Ladder che ci propone il sito ufficiale della lega. I 10 migliori rookie che finora hanno regalato numeri e spettacolo verranno suddivisi per ruolo e inseriti in due ipotetici quintetti, come si fa a fine stagione. Ma bando alle ciance e partiamo subito con le analisi.

Primo quintetto

Point Guard

Per il ruolo di play non si poteva non selezionare colui che sta sorprendendo un pò tutti con il suo rendimento al di sopra delle aspettative. Scelto con la sesta chiamata assoluta, proveniente da Weber State, Damian Lillard sta guidando i suoi Blazers verso la post-season in una maniera così naturale che non pare proprio essere un rookie.

Grazie ai suoi 18.2 punti conditi da 6.5 assist, molti lo vorrebbero già vedere all’All-Star Game, ma quello della Domenica. Terzo nella lega per minuti complessivi giocati (1294 per 38.1 a partita), quinto nei tiri da tre tentati e ottavo in quelli fatti, è una vera e propria mina vagante che sta facendo compiacere tutto lo staff di Portland per la scelta effettuata lo scorso giugno.

Damian è stato nominato rookie del mese, per la Western Conference, sia a novembre che a dicembre e si prospetta pure un tris con quello di gennaio visto il rendimento che sta tenendo. Ma, se continua così, il premio più importante lo riceverà a maggio.

Al suo esordio assoluto ne ha segnati addirittura 23 con 11 assist ai Lakers, portando la squadra alla vittoria, ma il suo massimo sono stati i 37 punti contro i Warriors, nella partita giocata ad Oakland l’11 gennaio.

La maturità cestistica non gli manca e nemmeno il carattere, tanto che sono numerose le volte in cui si è preso tiri decisivi o si è caricato tutto il peso addosso. Se i Blazers sono all’ottavo posto ad Ovest lo devono soprattutto al folletto ventiduenne di Oakland.

 

Shooting Guard

Quarta scelta assoluta, proveniente da Syracuse. Ovviamente stiamo parlando di Dion Waiters, grande sorpresa in positivo di questo inizio di stagione. 14.3 punti in 30.9 minuti sono un buon bottino per la guardia titolare dei Cavs che insieme a Kyrie Irving forma una delle coppie di piccoli più futuribili e talentuose della lega.

Devo dire che le prestazioni del ventunenne giocatore hanno stupito anche me, ma ora si spiega il motivo per il quale era salito di quotazioni nelle ore precedenti al Draft e perchè la dirigenza di Cleveland lo abbia voluto così tanto. Dion possiede un background offensivo davvero notevole, anche se deve migliorare le sue percentuali, non proprio eccellenti. La difesa è praticamente inesistente, anche perchè il fisico non gli permette di stare dietro a pari ruolo come Wade, Bryant ecc. Nelle movenze e nello stile di gioco ricorda un primissimo Ray Allen, speriamo per lui che diventi almeno 1/3 di quello che l’attuale giocatore degli Heat è stato ed è attualmente.

 

Small Forward

La sua, finora, si sta rivelando una stagione alquanto altalenante, ma Michael Kidd-Gilchrist rimane pur sempre un signor giocatore dal futuro brillante, visti i suoi 19 anni.

Scelto con golosità dagli Charlotte Bobcats, con la seconda chiamata assoluta, l’ex Kentucky non si sta rivelando all’altezza delle aspettative, ma è anche normale visto che su di lui c’erano parecchie pressioni anche da parte dei media. Campione NCAA, ex All-American e potenziale gallina dalle uova d’oro, Michael è considerato un’ala piccola di gran classe, con ottimo dinamismo e braccia lunghissime che gli permettono di catturare parecchi rimbalzi (6.4 quest’anno).

L’attacco, però, rimane sempre il suo punto debole. I 10.8 punti che sta avendo in questa stagione non dimostrano le sue vere doti atletiche e la spiegazione sta nel suo fisico esile che soffre incredibilmente giocatori molto più grossi e possenti di lui.

Se ci mettiamo di mezzo un’età ancora troppo immatura, possiamo capire tutta la difficoltà di MKG nell’affrontare questa stagione da rookie, la sua seconda di fila tra l’altro, visto che lo scorso anno era solo un freshman al college. In due anni ha dovuto adattarsi a due panorami differenti e ci sta prendere qualche cantonata. Ma, per ora, si merita assolutamente di essere inserito nel primo quintetto, in attesa di miglioramenti.

 

Power Forward

Anche se non è propriamente una power forward, ho deciso di mettere Anthony Davis per un motivo che scoprirete di seguito. La prima scelta assoluta non sta avendo una stagione molto fortunata, così come i suoi Hornets, ultimi nella Western Conference. L’ex centro di Kentucky ha saltato tutta la metà del mese di novembre e la prima di dicembre per un infortunio che ancora non sembra recuperato al meglio.

Anthony sta faticando ad ingranare e, a parte qualche prova di livello, non sta convincendo. Anche qui, come per il suo ex compagno Kidd-Gilchrist, c’è stata una pressione dei media davvero forviante che ha un pò segnato la psicologia di un ragazzo diciannovenne che si è trovato sotto le luci dei riflettori un pò troppo in fretta.

Davis non è di certo un LeBron o un Howard e anche iniziare la sua stagione da rookie con uno stop non lo ha di certo aiutato. Il rischio è che possa scivolare ancora più a fondo e che non riesca ad alzare la testa. Per ora, sta tenendo medie di tutto rispetto con 13.7 punti, 8.3 rimbalzi (primo tra le matricole) e 1.9 stoppate (anche qui primo tra le matricole) in 30.7 minuti a gara. I fondamentali per farne un grande giocatore ci sono, ma ci sarà da lavorare parecchio, soprattutto sul lato psico-fisico.

 

Center

Ecco il motivo per cui ho spostato Davis da ala grande, Andre Drummond. Anche lui giovanissimo, ma dotato di un fisico pazzesco che gli permette già di sovrastare parecchi avversari.

Non nego che, un annetto fa, avevo già puntato gli occhi sull’ex UConn, considerandolo uno dei prospetti più interessanti per il Draft 2012 e un futuro All-Star. Ci sarà di sicuro da lavorare anche qui, ma in questi primi due mesi, Andre ha dato l’impressione di conoscere a menadito la nuova realtà in cui si è presentato solo qualche mese fa.

7.1 punti, 7.2 rimbalzi e 1.6 stoppate, tutto questo senza mai essere partito in quintetto e in appena 19.8 minuti di media! Se rapportiamo le sue cifre a 36 minuti di impiego medio, beh, otteniamo questo: 12.9 punti, 13.2 rimbalzi, 2.9 stoppate e 1.5 rubate, cifre da assoluto difensore dell’anno.

E’ proprio questo che richiede coach Lawrence Frank da lui, entrare in campo e difendere, se poi ci scappa qualche schiacciata delle sue, meglio ancora, ma Andre è una totale macchina da rimbalzo e non solo. Quando Frank si deciderà a sciogliere la catena, allora ne vedremo delle belle, soprattutto se farà coppia con Greg Monroe, in un ennesimo tentativo di Twin Towers.

 

Secondo quintetto

Point Guard

E quando tornerà John Wall? Questa potrebbe essere una delle domande che attanagliano Bradley Beal, anche se lui sembra non curarsene. L’ex Florida Gators sta giocando una stagione entusiasmante, degna della sua terza scelta al Draft. Segna 13.1 punti a gara in 31.3 minuti, ma non è solo questo il suo contributo.

Con il suo tiro a pochi decimi dalla fine ha regalato la vittoria ai Wizards contro i Thunder, ha regalato l’overtime contro i Nets e dall’inizio dell’anno è già andato tre volte sopra i venti punti in cinque partite totali. Il premio di rookie del mese di dicembre per la Eastern Conference è stato suo, ma non manca molto per assegnargli pure quello di gennaio.

La chiave, però, sarà proprio il ritorno di Wall. Il rientro del numero 1 di Washington è previsto entro febbraio e la strada di Bradley potrebbe diventare più tortuosa del previsto. Si è già ipotizzata una coabitazione tra i due, un pò come Jennings e Ellis a Milwaukee, ma è stata bocciata dai più. Innanzitutto perchè Jordan Crawford sembra inamovibile e poi perchè tutti e due amano tenere palla e prendersi tiri importanti.

Per come la vedo io, il mix si potrebbe anche fare, ma occorre che facciano un sacrificio entrambi. Beal dovrà essere impiegato da guardia tiratrice visto che non è un passatore e John Wall in cabina di regia a dare i dettami del gioco, una sorta di leader spirituale alla Chris Paul, giocatore a cui l’ho sempre paragonato. Così funzionerebbe, ma l’età giovane di entrambi e il carattere sferzante di Wall, lasciano presagire non pochi grattacapi per coach Wittman.

 

Shooting Guard

Nemmeno scelto al Draft, ma già un assoluto protagonista di questa stagione. Il russo Alexey Shved, dopo l’annata stellare con CSKA Mosca e nazionale russa, è approdato in NBA per, da come sembrava, fare una breve comparsata e coprire le spalle a coach Adelman nel ruolo di play visto l’infortunio occorso a Ricky Rubio. Ma questa comparsata sta durando anche troppo e il ventiquattrenne nativo di Belgorod sta viaggiando a 10.8 punti, 4.6 assist in 28.4 minuti.

Le assenze nel backcourt di Minnesota pesano, ma Alexey sta compensando e raccogliendo consensi nell’ambiente. Anche il suo compatriota e compagno di squadra, Andrei Kirilenko, si sta compiacendo del rendimento del numero 1, ma la strada è ancora lunga.

Fatto sta che Shved sta continuando a sorprendere come dimostrano i 17 punti siglati contro i Nuggets a Denver o le doppie-doppie contro Phoenix e OKC, e tutto questo partendo dalla panchina.

Adelman lo sta utilizzando spesso da play aggiunto, anche quando Ridnour e Barea sono in campo, ma non appena rientrerà Rubio a pieno regime, dovrebbe tornare al suo ruolo naturale che è quello di shooting guard, anche se di shoot ha ben poco con le percentuali di tiro non proprio confortanti. Tra l’altro, le sue doti di passatore stanno venendo fuori sempre di più ad ogni uscita e non sarebbe male continuare ad utilizzarlo da 1, proprio come indica il suo numero di maglia.

 

Small Forward

La sua stagione sta facendo poca notizia, ma forse perchè le sue cifre non sono così tanto esaltanti rispetto alla stagione dei suoi Warriors e forse anche perchè il rendimento è un pò troppo altalenante, ma Harrison Barnes è entrato nelle grazie di coach Jackson e vorrei anche vedere visto il suo fisico possente, la sua esplosività e soprattutto la sua settima scelta assoluta al Draft.

Golden State aveva bisogno di un’ala piccola? Ed eccola servita di un potenziale futuro All-Star che dalla sua parte ha i 20 anni d’età e un talento enorme. Per ora, le sue cifre parlano di 9.1 punti e 4.2 rimbalzi in 25.3 minuti. E’ partito titolare in tutte le gare, ma è proprio questo di cui ha bisogno: fiducia.

 

Power Forward

Non c’è molto da dire sulla sua stagione, se non che abbastanza sorprendentemente è entrato nelle grazie di Mike Woodson. Chris Copeland è un rookie un pò atipico e il più vecchio dietro proprio al suo compagno di squadra, Pablo Prigioni.

Ventotto anni e non un gran curriculum per il prodotto di Colorado che fino all’anno scorso giocava in Belgio, ma la sua carriera è cambiata dopo l’infortunio occorso a Carmelo Anthony, tanto che ha piazzato pure prestazioni da 29 punti (contro i Rockets) e 23 (contro Sacramento).

Anche se ultimamente sta un po’ sparendo dalle rotazioni e anche se non è propriamente un’ala grande, ho deciso di metterlo lo stesso per premiarlo di questi due mesi al di sopra delle sue possibilità. Magari alla fine chiuderà con medie pietose e non verrà nemmeno preso in considerazioni tra i primi 25 rookie dell’anno, ma Chris il suo tentativo lo ha fatto.

 

Center

Lo hanno definito un giocatore ancora troppo acerbo e troppo soft per essere da NBA, ma Tyler Zeller sta dimostrando di meritarsi la diciassettesima chiamata assoluta grazie ai suoi 8.1 punti e 5.4 rimbalzi in 26 minuti di gioco.

Partito, nelle prime ventidue gare dalla panchina, l’ex North Carolina ha saputo acquisire la fiducia di Byron Scott che ora lo mette in campo con frequenza, addirittura anche per più di 30 minuti a partita, come un vero titolare inamovibile.

Le sue cifre non si sono smosse più di tanto, ma bisogna dare tempo ad un giocatore che non è dotato di classe sopraffina, ma che sarà un ottimo comprimario se migliorerà i movimenti sui due lati del campo, anche se in difesa sembra già aver preso confidenza. Scelta, per ora, azzeccata quindi da parte dei Cavs, anche se lo spettro di Chris Mihm aleggia ancora tra le volte della Q Arena.

 

Gli altri – Diamo spazio anche a chi non ho inserito in questi due ipotetici quintetti, non perchè non stiano facendo bene, ma perchè non stanno giocando al loro reale livello o perchè non li ho reputati all’altezza della top 10.

Vedi Austin Rivers, figlio d’arte finora non proprio in spolvero nelle 33 partite giocate con i New Orleans Hornets. 6.9 punti, 2.6 assist, 2.2 rimbalzi ed un ruolo di guardia sempre più offuscato dal ritorno di Eric Gordon in quintetto. Assolutamente da rivedere.

Non bocciamo nemmeno Kyle Singler che ha fatto vedere buone cose in questo inizio di stagione. L’ex Duke sta mettendo a referto 8.3 punti e 3.9 rimbalzi in 27.7 minuti di impiego con la maglia dei Pistons. Magari al prossimo giro prenderà il posto di qualcuno dei sopra citati.

Mettiamo nei rimandati pure Meyers Leonard che, in quel di Portland, alterna buone prestazioni a serate no e sembra ancora troppo acerbo per potersela giocare con i vari Zeller, Drummond e Davis.

Non male anche l’inizio di Andrew Nicholson. Il rookie dei Magic, scelto alla numero 19, sta tenendo medie di tutto rispetto da 7.6 punti e 3.2 rimbalzi.

Chi sta deludendo è invece Thomas Robinson, scelto con la numero 5 dai Kings. Il prodotto di Kansas non ha convinto il coaching staff e viene spesso relegato in panchina. Le sue medie non sono malaccio per i 15 minuti scarsi che gioca, ma può e deve fare di più se vuole superare nelle gerarchie Jason Thompson.

Delusione dovuta più che altro alla sfortuna di essere capitati nella squadra sbagliata per Jeremy Lamb e Perry Jones III, di cui si parlava molto bene la scorsa estate. Ai Thunder sono chiusi da Durant, Martin, Sefolosha, Ibaka e Perkins, membri inamovibili per coach Brooks.

Non sembra esserci spazio nemmeno per Kendall Marshall a Phoenix, nonostante il dopo Nash e la franchigia in completa restaurazione.

Un altro UNC sta convincendo poco e niente, e stiamo parlando di John Henson che i numeri ce li avrebbe, ma che non ha fatto colpo su coach Skiles. Non propriamente diverso il discorso per Mo Harkless che sgomita per farsi posto ad Orlando, ma nessuno sembra sentire i suoi colpi, anche perchè non sono decisamente così forti.

Non c’è molto spazio nemmeno per Jared Sullinger a Boston, che con i suoi 5.6 punti e 5.4 rimbalzi in 18.7 minuti sta provando ad entrare a pieno nella rotazione dei biancoverdi, ma per ora senza successo.

C’è, appunto, chi fa parlare di sé con le prestazioni sul campo da gioco e chi invece lo fa con quelle fuori dal campo. Sto parlando di Royce White che è stato sospeso dai Rockets per non aver rispettato il contratto che lo lega alla squadra texana e vista anche la sua sedicesima scelta assoluta, è un comportamento che non va tollerato. In sostanza, il giocatore proveniente da Iowa State sarebbe affetto da problemi mentali non ben specificati che ne escluderebbero la possibilità di entrare sul campo e quindi di essere abile a giocare. Una sorta di mutua per infermità mentale.

I Rockets, dal canto loro, non vogliono sentire spiegazioni o scuse e hanno preso questa decisione per tutelare il bene della squadra e non è escluso un taglio. Staremo a vedere e sicuramente ci sarà modo di approfondire questa vicenda in altra sede.

6 thoughts on “Rookie Report: un bilancio dopo 2 mesi

  1. Non d’accordissimo su alcune cose: Beal non è affatto una PG e Wittman non mi sembra ritenere Crawford inamovibile, anzi lo reputa un sesto uomo da fiammate offensive. Il rientro di Wall non mi sembra possa danneggiare BB, tutt’altro: l’abilità in penetrazione di Wall (sempre che le gambe non gli tremino dopo l’infortunio) e la capacitá di Beal di trovare spazio sul perimetro possono essere letali, se solo a Washington decidessero di giocare. Poi Davis a me pare molto piú adatto come ala grande che come centro, almeno con la struttura fisica attuale. Giocare 5 all’università è un bel po’ diverso rispetto all’NBA, anche se in un roster con Jason Smith e Robin Lopez come altri possibili centri, si capisce che lui possa giocare bene anche lì. Infine Waiters non lo avrei considerato minimamente: cos’avrebbe di buono una SG che non ha buone percentuali e non difende? Nel paragone con Ray Allen, molto piú azzeccato Beal che Waiters…

  2. Io ho visto le ultime due partite dei Celtics e sinceramente Sullinger mi ha impressionato. Altro che non fa parte delle rotazioni!
    Se poi guardi le sole statistiche e non le partite, non credo che sia così lontano da Drummond, di sicuro non c’è neanche paragone con Coperland…

  3. @Mavio: 1) molto probabilmente hai ragione, forse avrei dovuto invertire Shved (più playmaker) con Beal (più tiratore), ma gli appellativi passano in secondo piano, anche perchè Beal ha giocato i primi due mesi da sostituto di Wall e solo ora si sta realmente adattando al ruolo di guardia tiratrice. Poi, “Per come la vedo io, il mix si potrebbe anche fare, ma occorre che facciano un sacrificio entrambi. Beal dovrà essere impiegato da guardia tiratrice visto che non è un passatore e John Wall in cabina di regia a dare i dettami del gioco, una sorta di leader spirituale alla Chris Paul, giocatore a cui l’ho sempre paragonato. Così funzionerebbe, ma l’età giovane di entrambi e il carattere sferzante di Wall, lasciano presagire non pochi grattacapi per coach Wittman.” Questo è il pensiero che ho espresso nell’articolo e sicuramente Wittman lo metterà in pratica, ma non è detto che funzioni proprio per il motivo che ho citato.
    2) Dion Waiters è un giocatore che mi ha sorpreso parecchio in questo inizio di stagione, magari sarebbe stato più giusto mettere Beal, ma per difendere la purezza del ruolo mi è sembrato doveroso. Sicuramente mi sono fatto condizionare dai miei gusti, ma a me sembrava più giusto così. Il paragone con Ray Allen ci sta, soprattutto comparando le due stagioni da rookie, sinora molto simili.
    @felix72: non me la sono sentita di inserire Sullinger, perchè ritengo che possa fare e giocare di più rispetto ai 19.1 minuti di media. Considerando che tu hai guardato le ultime due (l’articolo l’ho scritto prima) in cui ha giocato, rispettivamente, 34 (massimo stagionale) e 26 minuti, portando a casa due doppie-doppie, beh hai tutte le attenuanti per sostenere la tua mozione. Però, da grande estimatore di Jared, occorre che questo rendimento ce l’abbia sempre e che Doc si fidi un pò più delle sue doti atletiche e difensive. Copeland sta facendo vedere buone cose nonostante i limiti che ha, soprattutto in una pizza come New York, piena di giocatori di esperienza e di talento.

    Più che altro ragazzi, mi sono dimenticato di citare due rookie che stanno facendo molto bene. Uno è Terrence Ross che ho lasciato per strada per pura dimenticanza e non perchè non stia rendendo. L’ex Washington University, sta giocando 17 minuti a partita in cui segna 6.8 punti, ma è la sua esplosività nelle ripartenze che ha stupito sinora. L’altro è l’argentino 35enne, Pablo Prigioni, che non gioca tantissimo, ma che quando viene chiamato in causa è capace di fare prestazioni come quella dei 9 assist contro gli Spurs.

    • Figurati, era un modo per “accendere” la conversazione e poi de gustibus non disputandum est ;)

      Su Ross sono d’accordo, anche se la fisicità debordante che sta mostrando è ancora pochino. Istinti un po’ “selvaggi” in difesa, dove prende qualche fallo di troppo a causa di alcuni tentativi sciagurati di andare in stoppata, è mid-range da rivedere, ma ha carattere e fisico, ci si può lavorare, promette molto bene, anche in vista di una conversione definitiva da 3 (per la quale deve mettere su qualche kg, ma la struttura c’è già).

      Prigioni sta diventando l’uomo culto dei Knicks, io lo voglio al Rising Stars Challenge :-D

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