Ci sono giocatori a cui madre natura ha donato un talento speciale per il gioco del basket, e pari talento per gettarlo al vento, spesso assieme alla propria propria vita.

Di casi del genere è piena la storia della NBA, a partire da Lloyd Daniels per finire in casi tragici come Len Bias o Eddie Griffin. Per non parlare di chi sta cercando di complicarsela dopo aver appeso le scarpe al chiodo come Allen Iverson o Antoine Walker.

C’è un giocatore in particolare, che sta facendo di tutti per iscriversi a questa lista, ed è uno dei miei giocatori preferiti di sempre, ovvero Lamar Odom.

Odom, nel 2000.

Lamar Joseph Odom non è mai stato una persona facile.

Ha sempre creato problemi in qualsiasi posto abbia estasiato le platee con la sua capacità naturale di giocare a basket, il suo sciorinare palloni ai compagni o a canestro con la solita naturalezza con cui ognuno di noi compie i gesti più comuni.

Il suo background non aiuta, perchè è stato l’ennesimo caso di un prodotto dei bassifondi della Grande Mela, che frequenta amicizie sbagliate, che il basket ha salvato dalla strada ma il cui richiamo degli eccessi è troppo forte per resistere.

Ha speso una vita a Los Angeles, sulle due sponde, inframmezzate da un anno a Miami e uno a Dallas. Tra alti divenuti bassi e poi tornati alti culminati con 2 titoli NBA e premi individuali e la rinascita sotto l’egidia di Phil Jackson.

Un giocatore di 208 cm che a inizio carriera giocava da playmaker tanto era capace palla in mano, e si presentava al mondo come l’erede di un certo Magic Johnson, che nel corso degli anni si è tramutato in ala grande che nella “triple post offense” dei Lakers oltre a difendere in post e prendere rimbalzi, orchestrava l’attacco da playmaker (non troppo) occulto.

Non sarò certo io a dovervi convincere di come gioca(va) a basket “Lamarvelous” (già il nickname lascia intedere una certa qual predilizione a incantare) perchè vi basta guardare i millemila highlight che si trovano in rete o il suo profilo su nba.com o basketball-reference.

E’ un grande giocatore, ma la fragilità emotiva e caratteriale che ha contraddistinto la sua carriera è stato il suo grande limite per non essere annoverato nella lista dei grandissimi, senza scomodare nessuno.

All’inizio era ingenuità, come dimostrava il fatto di farsi beccare a fumare spinelli i primi tempi ai Clippers e sciocchezze del genere.

Il primo passo verso il baratro fu nel 2006, quando nel sonno, spirò il figlio di appena 6 mesi, a New York, che lo fece sprofondare nella depressione.

Si divise dall’allora compagna e ruppe i rapporti con il passato, tentando di rinascere a Los Angeles, stavolta sponda Lakers.

Los Angeles è un posto che per certi versi è peggiore di New York specialmente se hai i soldi e sei depresso, ma nonostante tutto resse, almeno finchè Phil Jackson predicava la sua “right way” e Odom era strumentale per attuarla in campo, chissenefrega  se nel frattempo si era messo insieme e aveva poi sposato la sorella cessa di Kim Kardashian ed era entrato nello showbusiness con dubbi risultati.

Poi nel luglio del 2011, in pieno lockout, l’ennesima tragedia, per aver causato in auto la morte di un motociclista di appena 15 anni. Un colpo che lo scioccò notevolmente e dicono fu quello il momento in cui perse il controllo dei propri vizi cadendo nel tunnel della droga in modo quasi irrimediabile.

Difatti la sua stagione ai Mavericks ne venne pesantemente influenzata oltre alla presenza ingombrante della moglie, quel budello di Khloe Kardashian, che spingeva per un ritorno a LA. Non c’è altra spiegazione al crollo delle cifre e dell’impatto che ha avuto negli ultimi due anni di carriera.

Messo fuori squadra, poi mandato ai Clippers, ma prima in clinica a disintossicarsi. E’ stato pulito per un anno ma a bocce ferme è ricaduto nel circolo vizioso e la sua vicenda appare talmente grave da essere rimbalzata su tutte le prime pagine dei giornali a stelle e strisce dedicate al gossip e alla merda che ci gira intorno.

Anzi, ora la situazione è sfuggita di controllo, perchè la Kardashian lo ha sbattuto fuori di casa, e di Lamar si sono perse le tracce nelle ultime 72 ore, in cui nessuno lo ha più ne visto e ne sentito.

Era a un passo dal rinnovo contrattuale con i Clippers, ora probabilmente è a un passo dall’essere ritrovato agonizzante in qualche squallido motel californiano.

2 thoughts on “Cosa ne sarà di Lamar Odom?

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