indpac456Solo un anno fa dalle parti della Bankers Life Fieldhouse erano tutti impegnati febbrilmente a chiedersi come avrebbero potuto gli sfortunati Pacers sopperire alla pesantissima assenza del loro miglior giocatore, quel Danny Granger che col suo talento offensivo costituiva forse l’unica pedina imprescindibile di una squadra perlopiù votata al sacrificio nella metà campo di dietro.

Ebbene, come spesso succede in questa magnifica lega, quello che a una prima ma superficiale analisi minacciava di essere in tutto e per tutto un terrificante handicap si è tramutato nel prosieguo della stagione in una ghiotta e insperata opportunità di compiere il decisivo salto di qualità da squadra buona a compagine d’eccellenza.

L’assenza dell’assoluto accentratore del gioco dei suoi sul perimetro ha permesso infatti alla promettente guardia-ala da Fresno State, il 23enne Paul George di esplodere in tutto il suo splendore, mostrando sprazzi di talento cristallino su entrambi i lati del campo e lasciando prefigurare per sè scenari di sicura grandezza.

I Pacers sono arrivati ad una vittoria dalle finali NBA ed oggi, con il rientro prossimo di Granger, guardano alla stagione che sta per iniziare con tutto un altro spirito, quello battagliero di chi sente di aver finalmente ottenuto i gradi di contendente al titolo NBA.

Conference: Eastern

Division: Central

Arrivi: Luis Scola (f, Phoenix Suns), Chris Copeland (f, New York Knicks), C.J. Watson (g, Brooklyn Nets), Donald Sloan (g, FA), Darnell Jackson (f, FA)

Partenze: Gerald Green (g-f, Phoenix Suns), Miles Plumlee (f, Phoenix Suns), D.J. Augustin (g, Toronto Raptors), Tyler Hansbrough (f, Toronto Raptors)

Draft: Solomon Hill (f, Arizona), Ron Howard (g-f, Valparaiso)

Probabile quintetto base
PG: Hill
SG: George
SF: Granger
PF: West
C: Hibbert

ROSTER

Guard: George Hill, Ron Howard, Orlando Johnson, Donald Sloan, Lance Stephenson, C.J. Watson

Forward: Chris Copeland, Paul George, Danny Granger, Solomon Hill, Darnell Jackson, Luis Scola, David West

Center: Roy Hibbert, Ian Mahinmi

Head-Coach: Frank Vogel

Fare previsioni sui Pacers che verranno rappresenta un compito tanto lineare quanto intrigante. Costituisce un esercizio lineare non perchè sia facile, tutt’altro. E’ sempre impossibile cogliere appieno il potenziale di una squadra. Tuttavia negli ultimi 12 mesi, culminati con la prepotente e soprattutto prolungata corsa nei playoff fino ai primi di giugno, è emersa piuttosto chiaramente la fotografia dei pregi e, altresì, dei difetti della squadra di Vogel.

La specialità della casa è senza possibilità d’appello la difesa. Nella scorsa Regular Season Indiana si è posizionata al primo posto nella classifica dell’efficienza difensiva (calcolata in base ai punti concessi agli avversari ogni 100 possessi) e lo stesso primato ha ottenuto in quella della percentuale di tiro dal campo (un misero 42%) e – nello specifico -della percentuale di tiro da 3 punti concesse agli avversari.

Sul parquet della Fieldhouse si è potuto ammirare per tutto l’anno una terrificante combinazione di presenza difensiva sotto i tabelloni – bussare alla porta della ditta West-Hibbert per delucidazioni- e atletismo sul perimetro – portato dai centimetri del trio Hill-Stephenson-George (vedi percentuale nei tiri dall’arco per i dirimpettai di turno di cui sopra).

La lunghezza delle braccia – la tanto osannata “apertura alare” – di molti membri del roster era ed è a tutt’oggi talmente superiore alla media NBA che anche nella stagione che verrà i ragazzi di coach Vogel non dovrebbero avere troppi problemi a intasare in maniera asfissiante le corsie di passaggio degli attacchi avversari.

Così come succedeva nel recente passato, dovranno esser bravi poi a fronteggiare il rischio di un collasso vertiginoso nel numero di possessi all’interno di una gara dovuto al ritmo bassino, anzi che no, che contraddistingue -paradosso se ce n’è uno – il gioco dei “battistrada” (traduzione di Pacers) garantendosi chance supplementari con la superiorità a rimbalzo d’attacco e coi recuperi in difesa. E qui cominciano le note dolenti.

Il trattamento di palla medio degli iscritti a libro-paga dell’owner Herb Simon è alquanto deficitario, per usare un eufemismo. Soprattutto di fronte all’arcigna e tentacolare difesa degli Heat è emersa piuttosto chiaramente la sinistra tendenza a perdere palloni da parte dei vari interpreti del backcourt dei Pacers.

Passaggi pigri e imprecisi, palloni congelati in mano per interminabili secondi e cali di concentrazione piuttosto grossolani hanno turbato i sonni primaverili del coaching staff, che tanto aveva lavorato per mettere su un sistema di gioco che fosse credibile ai piani alti della Eastern Conference.

L’unica pezza che si è cercato di mettere a questa pesante mancanza si è palesata sotto forma dell’ingaggio di C.J. Watson, play di riserva con buon chilometraggio NBA (back-up di Rose ai Bulls e di D-Will ai Nets nei precedenti 2 anni) e dotato di buone capacità di ball-handling, soprattutto in transizione. In più è tiratore più affidabile dello scostante Augustin.

Il secondo, evidentissimo, problema era costituito invece dalla poca consistenza in termini di produzione di punti della panchina dei Pacers (la peggiore fra le seconde unità per percentuale di tiro dal campo col 39.3% e ventiseiesima in tutta la lega per percentuale da 3 con 32.9%). Per ovviare al problema è venuto buono il sopracitato rientro previsto di Danny Granger, attaccante formidabile capace di produrre anche stagioni da 24 e spiccioli o da quasi 26 di media ad allacciata di scarpe.

Qualora Danny-boy riprendesse lo spot che gli spetta all’interno dello starting lineup, la panchina di Indiana risulterebbe comunque impreziosita dal declassamento di “Born Ready” Stephenson e dall’aggiunta attraverso il mercato estivo di giocatori con punti nelle mani. Detto di Watson, la nuova ala forte di riserva – Luis Scola – non ha bisogno di presentazioni.

Autentica enciclopedia di basket da post basso, ricettario di movimenti da effettuarsi al gomito, l’argentino potrebbe però soffrire qualcosina nella metà campo difensiva.

Nel reparto ali accanto a lui si alzeranno dal pino l’ex-Knicks Chris Copeland e il rookie di belle speranze Solomon Hill. Il primo è una vera e propria dinamo in grado di trasformare minutaggi ridotti in scosse telluriche di canestri, soprattutto quando può mettere i piedi a posto oltre l’arco dei 3 punti.

Il secondo è sicuramente un buon prospetto. Preferito a gente del calibro di Tim Hardaway Jr allo scorso draft ma ugualmente sottovalutato, l’ex-Wildcats è giocatore versatile e scaltro. Aggredisce il canestro a rimbalzo d’attacco e può vantare una buona gestione della palla ed un tiro rispettabile, unito a un ottimo lavoro di piedi in post.

Probabilmente però, come si è detto di tanti prima di lui, gli manca la rapidità delle ali piccole e la stazza o la forza dei numeri 4. Come dire.. è bravino un po’ in tutto ma non eccelle in niente.

Con il roccioso Ian Mahinmi a completare la front-line di scorta, la panchina di Indiana si preannuncia come una delle più temibili dell’intera lega. Se poi Vogel dovesse optare per l’utilizzo di Granger come arma letale da sesto uomo, lasciando l’imprevedibile Stephenson fra i primi 5, beh.. a quel punto buona fortuna a tutte le seconde linee che incontreranno.

Danny però dovrebbe partire titolare. Se il suo ginocchio fosse realmente a posto, potrebbe rappresentare quella boccata d’aria in termini di produzione di punti di cui i Pacers avevano disperatamente bisogno in certi momenti della scorsa edizione dei playoff. In coppia con Paul George – a mio modestissimo avviso già uno dei primi 15 della pista considerando entrambe le metà campo di gioco – minaccia di compiere autentici sfracelli.

L’altro perno del gioco di Indiana, il gigante Roy Hibbert (che è già un fattore in difesa, fosse solo per i suoi 218 cm) negli scorsi playoff ha mostrato progressi entusiasmanti nella varietà di soluzioni in attacco, specialmente per quanto concerne i tagli a canestro senza palla, i movimenti di giro e tiro e il lavoro di piedi all’interno del pitturato.

In estate ha studiato a casa di Tim Duncan, quindi aspettiamo ansiosi i sicuri frutti di tale illustre frequentazione. I recenti rinnovi di West e George testimoniano la solidità del progetto di Indiana, che, dopo aver raggiunto in sequenza semifinali e finali di Conference, inizia a fare più di un pensierino sulle reali possibilità di Anello.

Era forse dai tempi della squadra finalista NBA nell’anno del giubileo, quella capeggiata da due autentici purosangue del calibro di Reggie Miller e Jalen Rose, che non si vedeva tanto talento e soprattutto tanta completezza nei reparti nella patria delle 500 Miglia.

I Pacers hanno lanciato definitivamente la loro sfida, che poi non riguarda esclusivamente il confronto con le altre franchigie per la conquista del titolo, ma si tratta soprattutto di una sfida alla nuova filosofia di gioco che sta prendendo piede a tutte le latitudini del basket Pro, quella che prevede la presenza simultanea e continuata in campo di quattro esterni al fianco di un solo “cristone” classico d’area.

Vogel infatti, seppur sia dotato di capacità di lettura mai banali e non si fossilizzi su una singola tipologia di gioco, partendo dal materiale a disposizione ha sviluppato per i suoi uno stile di gioco chiamato da alcuni cronisti del posto “Bully-Ball Style”. Gioco fisico, difesa forte, dominio sotto le plance e lunghi (quasi sempre 2) costantemente coinvolti.

L’allievo di Pitino non limita il gioco dei suoi alla tradizionale palla in post per sfruttare la superiorità del 4 e del 5 (che comunque c’è), ma utilizza i lunghi nei pick & roll lontano dal canestro per permettere a Hibbert di tagliare a canestro e prendere una posizione profonda, una volta che si è mossa la difesa, e a West di giocare a due con gli esterni oppure con Hibbert stesso. Adesso nell’equazione c’è da aggiungere anche un certo argentino che di nome fa Luis Alberto.

Gli avversari sono avvisati. A cominciare dai rinforzatissimi Nets e dagli agguerriti Bulls del ritrovato Derrick Rose. L’obiettivo dichiarato dei Pacers è quello di consolidare quella che sta diventando a tutti gli effetti una vera e propria rivalità dei giorni nostri con gli Heat, magari ritrovandoli ancora una volta in finale di Conference.

Questa volta però sperano, ma soprattutto ne sono fermamente convinti, che l’epilogo possa essere diverso.

 

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