Potrebbe formare con Bledsoe una “strana coppia” piacevolmente sorprendente, in una squadra che sta stupendo molto, considerando le bassissime aspettative di partenza. Partiti Scola (Pacers) e Gortat (Wizards), con Okafor fuori a tempo indeterminato per problemi al collo, sembrava proibitivo ottenere punti dai lunghi o buone opzioni nei giochi a due con blocco; invece l’esplosione di Plumlee e il ritorno in campo di Frye (sebbene ancora “freddino” in questo inizio di stagione) stanno dando un valore inatteso al frontcourt dei Soli.
Dragic è quindi chiamato a gestire un attacco meno drammatico del previsto, con le sue capacità di timoniere apprese dal tirocinio con Nash, dall’esperienza a Houston e dal conclamato ritorno in Arizona della stagione scorsa, che lo ha visto finalmente titolare indiscusso per tutta la stagione.
Che non sia un difensore di razza, ma al massimo attento e concentrato sulla palla (1,6 recuperi l’anno scorso), è sempre stato chiaro e, da bravo epigono di Nash, non presenta grossi margini di miglioramento in questo settore.
Con la palla in mano è invece tutta un’altra musica; non per scomodare lo stereotipo del giocatore di scuola slava che coniuga tecnica, creatività ed agonismo, ma si tratta in sintesi dei tratti principali del suo modo di interpretare la pallacanestro.
Dirige l’orchestra senza cercare l’assolo anche se, qualora se ne presenti l’occasione, sa realizzare in prima persona ed in modo tutt’altro che banale; non teme di prendersi tiri impegnativi che solitamente entrano più per la radicata fiducia nell’esecuzione che per l’abitudine a sfoderarli. Non è un tiratore puro, la meccanica non è velocissima e le percentuali non sono da specialista (soprattutto quel 74% in carriera ai liberi); da oltre l’arco, dopo gli esordi promettenti, ha concluso le ultime due stagioni sempre sotto il 34%, pur non forzando mai ed avendo un buon senso delle spaziature, soprattutto nell’appostarsi senza palla per ricevere lo scarico.
Soffre un po’ i contatti fisici in fase di penetrazione, dove può comunque contare su un buon tocco ed una solida padronanza del piede perno (a differenza di Nash o altri, non passa mai palleggiando sotto il canestro, ma s’inchioda e lavora col perno).
Si tratta di un passatore occasionalmente creativo, ma mai troppo sfarzoso, sempre ordinato e in cerca prima dell’assist e poi, eventualmente, del tiro.
Diamogli ora un’occhiata in campo (“dream shake” alert: ON):