Durante la sua mirabolante carriera da giocatore, Magic Johnson ci ha regalato numerose sorprese, sia dentro che fuori dal campo, come quando annunciò all’intero mondo sportivo la sua sieropositività, ritirandosi di fatto dalle scene, per poi presenziare all’All-Star Game del 1992.
Oppure quando decise di partire con la nazionale statunitense per le Olimpiadi dello stesso anno, a Barcellona, facendo parte dello storico Dream Team che portò a casa l’oro senza grossi problemi.
Magic tornò sul campo per la stagione successiva, ma le troppe polemiche sulle sue condizioni di salute lo privarono delle chance che invece meritava, costringendolo al secondo ritiro.
Ma quello che un tempo era semplicemente Earvin Johnson Jr. da Lansing, Michigan, decise di rimanere attaccato al suo grande amore, il basket per l’appunto, facendo prima il commentatore per la NBC e poi entrando a far parte di una cordata di imprenditori per la creazione di una franchigia NBA a Toronto… no, scusate un attimo, Toronto?!
Sì, perché all’epoca era abbastanza impensabile per una lega come l’NBA possedere una squadra che fosse al di là del confine nord del paese, tanto che Magic, uomo dalle mille risorse, trovava tale condizione alquanto penalizzante, anche per via del confronto con altre leghe che schieravano già squadre canadesi tra le proprie fila, basti pensare a MLB ed NHL.
Ma David Stern non ne volle sapere, per poi convincersi un paio di anni più tardi, accettandone addirittura due, i Toronto Raptors e i Vancouver Grizzlies.
Un uomo lungimirante, quindi, il nostro Magic. Un uomo che non conosceva la noia nella propria vita fatta anche di grandi soddisfazioni, come la nascita del figlio Earvin III o i cinque titoli NBA vinti, se vogliamo metterla sul piano sportivo.
Piano sportivo che lo ha visto sempre attivo anche dal punto di vista finanziario, investendo a destra e a manca, senza pensarci due volte, perché avere il dono del business non è da tutti, specialmente se ci aggiungi la propensione allo show e pubblicizzare se stesso.
Come quando, sul finire degli ’90, una squadra svedese lo assunse come “sponsor” sborsando una bella cifra pur di farlo giocare qualche partita. Così accadde anche in Danimarca, in cui il Great Danes si avvalse della sua immagine per aumentare l’appeal nei confronti della pallacanestro in un paese abituato a ben altri sport.
D’altronde, nel 1987, ha fondato la Magic Johnson Enterprises, con sede a Beverly Hills, che detiene diverse attività sparse per tutti gli States, compresi Burger King, palestre e cinema. Ma il suo ottimo fiuto per gli affari lo ha portato ad acquistare – insieme ad altri imprenditori – i Los Angeles Dodgers, nel marzo del 2012, salvando la celebre squadra di baseball dalla bancarotta.
Anche qui ha sfruttato al meglio la sua fama – oltre che il suo portafogli – per ridare vigore ad una franchigia ormai in decadenza che anche grazie a lui ha ritrovato la diretta via verso il successo.
Ma l’instancabile Magic non si vuole di certo fermare qui, tanto che negli scorsi giorni è trapelata una voce sul suo possibile interessamento nell’acquisto dei Los Angeles Clippers, anche per via delle scandalose dichiarazioni razziste del proprietario Donald Sterling che hanno costretto l’NBA a prendere provvedimenti, interdicendolo a vita da qualsiasi funzione riconosciuta.
Ed eccolo, quindi, il passo in avanti di colui che ha vestito i colori dei Lakers per quasi un ventennio, di cui è anche stato socio di minoranza (fino al 2010) e vice presidente.
Finora la sua appare essere più che altro una mera provocazione, nonché una sfida, ma non ci metterei la mano sul fuoco se durante l’estate effettuasse un’offerta per rilevare la seconda franchigia di Los Angeles, provando così a fare concorrenza alla famiglia Buss, con cui ha lavorato per tantissimi anni, provando a mantenere i Clips nell’elite del basket, dove sono piombati nelle ultime stagioni, anche grazie a scelte dirigenziali alquanto azzeccate.
Magic non distruggerebbe nulla, anzi, proverebbe ad incrementare il valore della squadra, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche dal punto di vista storico, fornendo finalmente una proprietà degna di questo nome e facendo dimenticare ai tifosi biancorossoblu oltre un trentennio fatto di delusioni e sconfitte.
Ma come la prenderebbero i tifosi dei purple&gold? Beh, quasi sicuramente ci sarà più di uno che storcerà il naso se tale notizia dovesse concretizzarsi, ma penso che negli Stati Uniti ci sia più rispetto nei confronti dell’avversario, specialmente se appartiene alla medesima città.
Magic è inevitabilmente legato ad L.A., metropoli che lo ha adottato nell’ormai lontano 1979 e senza la quale non sarebbe mai diventato Magic, rimanendo quel ragazzo del Nord che eredito il nome dal padre operaio dell’industria automobilistica.
Invece, stando sotto le luci dei riflettori hollywoodiani, Johnson ha avuto la possibilità di emergere e di diventare qualcuno, utlizzando al meglio quelle qualità che erano già dentro di lui e che doveva solo tirare fuori.
Quelle qualità che gli hanno permesso di affrontare una difficile malattia come l’HIV con serenità e con l’immancabile sorriso che lo hanno accompagnato per tutto il corso della sua vita e continueranno a farlo, perché il segreto è non prendersi troppo sul serio, ma quando bisogna fare qualcosa occorre farla bene e in questo Magic non ha mai deluso.
Perciò state sereni tifosi dei Clippers, perché se dovesse realmente accadere, sareste comunque in buone mani.
Scrive per playitusa dal 2012. Esperto di NBA, NHL ed MLB.
https://twitter.com/NikLippolis
colui che mi fece innamorare del basket…unico, irripetibile, Magic come te nessuno mai!