Sostanzialmente la stagione scorsa dei Pacers è andata in archivio come un vero e proprio rebus dalla soluzione quantomeno complicata.

Ad un’ascesa iniziale inarrestabile, durante la quale pareva che solo il cielo potesse costituire il reale limite delle ambizioni di Indiana, ha fatto seguito una caduta rovinosa ma soprattutto misteriosa per una squadra di cotanto lignaggio. La scia della crisi si è protratta poi nei playoff, solo sporadicamente mascherata da episodici ritorni a sprazzi di grandezza.

La fine della corsa invece è arrivata, ancora una volta, non appena ci si è presentati al cospetto degli Heat, nemici designati di una stagione.

Poco male si potrebbe dire, la squadra è giovane e il prescelto ha portato via i suoi talenti da South Beach. Si rifaranno quest’anno. Ebbene, niente di tutto questo accadrà.

Nel giro di pochi giorni, in un’estate alquanto beffarda, Indiana è stata letteralmente rapinata delle sue guardie-ali, se così possiamo indicare genericamente coloro che occupano le posizioni laterali accanto al playmaker in attacco. Vedremo fra poco in che modo.

Conference: Eastern Conference
Division: Central Division

Roster 2014/15

Guardie: George Hill, C.J. Miles (dai Cavs), Donald Sloan, Rodney Stuckey (dai Pistons), Adonis Thomas (dai 76ers), C.J. Watson, Paul George.

Ali: Lavoy Allen, Chris Copeland, Solomon Hill, Arinze Onuaku (dai Cavs), Damjan Rudez (dal Basket Zaragoza), Luis Scola, Chris Singleton (dai Wizards), David West, Shayne Whittington (undrafted FA), C.J. Fair (undrafted FA).

Centri: Roy Hibbert, Ian Mahinmi.

Starting Lineup

PG: George Hill
SG: C.J. Miles/ Rodney Stuckey
SF: Chris Copeland/ C.J. Miles
PF: David West
C: Roy Hibbert

Head Coach: Frank Vogel (confermato).

Inserire la doppia alternativa nei ruoli di guardia e ala piccola del quintetto titolare è d’uopo, visto lo stato di incertezza che caratterizza quello che ad oggi pare a tutti gli effetti più un cantiere aperto che una squadra di basket.

Con ogni probabilità lo farebbe anche Vogel. Bisogna capirli poveretti, in una manciata di giornate roventi e senza preavviso (o quasi) a Bird, Pritchard e il resto della compagnia è cambiato il mondo.

Stendendo la preview dei Pacers infatti, per la stagione 2014-15 alle porte, non serve parlare di dati, bensì di date.

Il 19 luglio scorso gli Charlotte Hornets si sono aggiudicati il Lance Stephenson Derby, lasciando Indiana e i suoi eccitatissimi fan con un po’ di amaro in bocca. Anche con una tale e dolorosissima perdita tuttavia, a mio modestissimo avviso, le chance di Indiana di ben figurare rimanevano in piedi.

Già si intravedeva all’orizzonte Paul George vestire i panni del leader maximo, costretto a prendersi il proscenio con inusitata – per quanto visto fin qui – cattiveria, finalmente libero dalla spiacevole e periodica incombenza di osservare Born Ready compiere a schema libero le proprie evoluzioni.

Per lo stesso motivo paradossalmente, il gioco generale dei Pacers avrebbe persino potuto beneficiare dell’assenza del Brooklynese, pedina fondamentale lo scorso anno ma indiscutibile e imprevedibile accentratore di attenzioni. Essere un all-around e flirtare con la doppia cifra in svariate discipline, compresi gli assist, non sempre è sinonimo di facilitare la fluidità di gioco della squadra.

Tutte queste chiacchiere da bar, seppur belle e appassionanti, sono idealmente state azzerate di colpo quando la notte del primo di agosto, in un’esibizione di Team USA, con cui peraltro stava dominando, a PG-13 si sono spezzati di netto tibia e perone, in una sequenza di immagini terrificanti che hanno fatto il giro del mondo.

Infortunio gravissimo per Paul George che minaccia seriamente di tenerlo fuori fino al 2015-16 e non è detto che un arresto così brusco nella parabola di crescita atletica e tecnica del ragazzo – ha solo 24 anni – non porti con sé anche effetti negativi a lungo termine per la carriera.

Con l’inizio di agosto quindi sono leggermente cambiate le prospettive dei frequentatori della Bankers Life Fieldhouse: gli amati Indiana Pacers sono passati in un amen da temibile contender a squadra in completa ed enigmatica rifondazione.

A dire il vero, è di pochi giorni fa l’apparizione piuttosto confortante al Media Day di Indiana del suddetto George, per la prima volta senza tutore e stampelle. Probabilmente trattasi di classico fumo gettato negli occhi, con la star dei Pacers impegnata a mettere il pieno di entusiasmo nei serbatoi di tifosi e giornalisti.

Parlando seriamente, è come minimo irrealistico pensare ad un suo recupero entro la fine della stagione ma mai dare per scontato nulla quando si ha a che fare con atleti dotati di simile ferocia. Fosse per lui, avrebbe già promesso un commovente “Torno per i playoff se mi usate la cortesia di raggiungerli”, ma il suo incedere precario tra gli astanti nella giornata delle interviste e delle foto rituali non può che riportare tutti quanti a più miti consigli.

Giova comunque ricordare che per quel sottile ma efficace meccanismo psicologico conosciuto con il nome di profezia che si auto-avvera l’atteggiamento positivo che dimostra in ogni occasione non può che aiutare il suo possibile recupero.

Tornando alle questioni di campo, in vista dell’imminente inizio, possiamo definire ufficialmente aperta la caccia agli spot di guardia e di ala dello starting 5 di Vogel.

I maggiori indiziati per ricoprire i ruoli sono C.J. Miles, affidabile, esperto e soprattutto tiratore (servono come il pane), Rodney Stuckey, soprannominato oggi – da me – The Vending Machine, che sta sì per “distributore automatico” ma si intende di punti in pochi minuti, e Chris Copeland, attesissimo all’esordio in maglia giallo-blu perché nella scorsa edizione da quanto è stato impalpabile praticamente si può dire che non ci fosse.

Poco più indietro, a guidare il gruppo degli inseguitori (molti dei quali sono nuovi in squadra), il secondo anno Solomon Hill, che qualche pregio ha lasciato intravedere nei rarissimi momenti di impiego. Difficile infatti quantificare l’eventuale apporto in termini di numeri e mansioni dei vari Sloan, Thomas, Fair, Rudez e Singleton. Alcuni di essi potrebbero persino essere stati dirottati in D-League già nel momento in cui pubblichiamo la preview.

Chi non rischia minimamente di finire nella lega di sviluppo ma, allo stesso tempo, non può dirsi nemmeno così sicuro di non essere spedito – da qui alla deadline di febbraio – ad un indirizzo cestistico nuovo è qualcuno fra gli insospettabili senatori della squadra. Anche più d’uno, probabilmente.

Già durante l’estate si è palesato diverse volte sotto forma di ipotesi poco più che ventilata il tentativo di rivoluzionare completamente la squadra. In seguito al fallimento nella rincorsa all’anello, sulla graticola sono finiti in primis, se non esclusivamente, il play George Hill e il centrone Roy Hibbert.

Non sappiamo quanto di questo epocale (nonché per ora ancora eventuale) smottamento sia dovuto alle perdite in sequenza di Stephenson e George e quanto invece fosse già a priori nella testa di Pritchard e Bird a fine maggio.

L’impressione è che già all’inizio dell’off-season a Indianapolis si siano accorti che i risultati degli ultimi due anni abbiano rappresentato il massimo che questo nucleo di giocatori è in grado di raggiungere. Si fa fatica a scovare ancora margini di miglioramento.

Degli atavici problemi offensivi dei Pacers abbiamo parlato fino alla nausea: spaziature orribili, abilità di palleggio e passaggio dei singoli giocatori a livello minibasket, etc. etc. Hibbert, recentemente accostato ai Cavs di LeBron, dopo aver lavorato la scorsa estate con Duncan, ha fatto sapere in questa di essere andato a scuola da un certo Kareem Abdul-Jabbar.

Al volenteroso Roy consiglierei di lavorare più sui deficit di attenzione di cui non di rado è affetto (per far sentire maggiormente la propria presenza in campo) che sul gancio, fondamentale che fino a prova contraria possediamo già nel bagaglio tecnico.

Il 55 dice comunque di aver lavorato molto col nuovo mentore e di aver tratto utili insegnamenti sulle arti marziali e sull’equilibrio, condizione quest’ultima che troppo spesso tende a perdere nell’esecuzione dei movimenti sul parquet. Frank Vogel, che se solo potesse osserverebbe il silenzio da qui al Media Day del prossimo anno, fa molto affidamento sui suoi tre “reduci”: i veterani Hibbert, Hill e West. Poveraccio, che deve dire.

Solo 2 mesi e mezzo fa cullava piani di rivincita nei confronti degli acerrimi rivali della Eastern, mentre adesso è costretto ad inventarsi nuovi e inconsueti traguardi sia nel medio che nel lungo termine per tenere svegli e concentrati i suoi, in attesa di tempi migliori.

Gli fa da contraltare West (giunto alla dodicesima stagione in carriera) che, da persona concreta qual è, parla di ridimensionamento degli obiettivi e possibile ritiro, il suo. Di fronte alla stampa ha recitato sconsolato: «Ho imparato tempo fa che nello sport di anno in anno o migliori oppure necessariamente vai a peggiorare, non c’è modo di rimanere sullo stesso livello.»

L’ala grande da Xavier University già da un po’ assaporava la possibilità di una sorta di graduale pre-pensionamento anticipato, dichiarato lo stato di emergenza in casa Pacers, sarà invece costretto alla solita annata di straordinari: troppo poco affidabili sono Allen, Onuaku e Whittington alle sue spalle, che continueranno ad ammirarlo dalla panchina, se non addirittura dalla tribuna.

Ammesso e non concesso che Hill e Hibbert restino – non hanno ad oggi spasimanti disposti a compiere sforzi proporzionati al salario che percepiscono – avranno il compito, con West, di favorire l’inserimento dei nuovi per capire se anche nei momenti più bui è possibile scovare qualche spiraglio di luce.

Sul destino dei due però incombe la player option di cui disporranno la prossima estate per cui è tutto fuorché da escludere la rivoluzione copernicana di cui abbiamo parlato in precedenza. Anche in questo caso però, il GM Pritchard dovrà attingere a piene mani dalle proprie capacità creative e di immaginazione per ottenere il massimo in cambio di due giocatori, le cui quotazioni sono oggi inevitabilmente in ribasso, per usare un eufemismo.

Verrebbe da pensare che nella non impossibile Eastern Conference Indiana possa comunque mettere nel mirino la partecipazione ai playoff. La realtà dei fatti però si dimostra sempre molto più dura del previsto. Bisognerà capire come i Pacers sapranno reagire al micidiale uno-due incassato in estate.

Il fatto che la Central Division si sia decisamente rinforzata, viste le mosse di Chicago e soprattutto di Cleveland, non aiuta a pensare positivo. Il pragmatico Vogel probabilmente si accontenterebbe di passare il più velocemente e indolore possibile ‘a nuttata, magari riuscendo anche a valorizzare qualche giovane di talento o rilanciare vecchie speranze, ormai sopite da lungo tempo.

Di sicuro metterebbe la firma sul pieno recupero di Paul George ai cancelletti di partenza della prossima stagione, sperando di potergli nuovamente affiancare un Hibbert finalmente ritrovato e degno delle premesse da centro dominante con le quali ha abbagliato tutti non più di un annetto fa.

Ecco, se fossi un tifoso Pacers questo realisticamente mi augurerei: che Roy Hibbert, costretto a divenire per mancanza di personale il fulcro della squadra anche nella metà campo offensiva, ritrovi un briciolo di fiducia e di feeling con il gioco della pallacanestro e utilizzi l’intera stagione regolare per recuperare il terreno perduto, che ad essere onesti ad oggi non è poco.

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