Ci sono apparenti anomalie statistiche che possono essere sintomo di un intangible (fattore “inquantificabile”) che, una volta individuato, converte l’anomalia in un quantificatore dell’intangible stesso.

Consideriamo questo esempio: una squadra segna in media 1,05 punti per possesso (PPP); nel dettaglio: con alcuni giocatori, la squadra ne segna 1,029, ma quando scende in campo un giocatore da 1,00 PPP (quindi inferiore ai compagni), il rendimento complessivo sale a 1,067, pur trattandosi del giocatore che più finalizza i possessi di squadra (Usg% di 34%).

Addition by subtraction”, a dir poco: ci si aspetterebbe che l’ingresso di un giocatore con PPP inferiore agli altri e che tende per giunta a concludere più d’un terzo dei possessi, dovrebbe abbassare il PPP di squadra… invece, no.

Come avrete intuito leggendo il titolo, il giocatore in questione è DeMarcus Cousins, la squadra che vive in questa apparente anomalia statistica sono i Kings e l’esempio citato non è ipotetico, ma sono i dati che ci racconta il sito nbawowy.

Una spiegazione intuitiva potrebbe essere che, quando DeMarcus non è in campo, ci sono al suo posto sostituti deleteri. Ma è una chiave di lettura che risulta poco adatta a questo caso: R.Evans ha un PPP 0,84, mentre R. Hollins rende 1,09, ma entrambi non arrivano nemmeno al 13% di Usg%, per cui, con Cousins in panca, il grosso del carico offensivo viene gestito dagli altri realizzatori, con un PPP superiore a Cousins: Gay (1,07 PPP), McLemore (1,08), Williams (1,09), Landry (1,12), Casspi (1,05) e Collison (1,08) finché c’è stato.

Fra quelli con Usg% superiore a 15%, solo McCallum (0,95) e Andre Miller (0,81 nelle sole 24 partite) hanno un Usg% inferiore a DeMarcus (dati aggiornati all’ultima partita giocata da Cousins). Ciò considerato, la spiegazione deve essere un’altra.

Viene allora subito in mente la capacità di Cousins di innescare i compagni; tuttavia, 3,6 assist (in 34 minuti di presenza), sono una dignitosissima cifra per un lungo, ma resta piuttosto mediocre come valore assoluto per giustificare totalmente una crescita del rendimento complessivo, soprattutto a fronte di 4,3 perse e del binomio Usg% al 34% – PPP inferiore a quello di squadra. Certamente il passing game di DeMarcus è una concausa dell’aumento di efficienza dei compagni, ma non può essere l’unica.

Per inciso, questa spiegazione è molto più funzionale se applicata a Rubio: il suo PPP di 0,81 (inferiore a quello complessivo di squadra che è 1,032) quando interagisce con i compagni, produce un aumento del PPP di squadra da 1,028 (senza Ricky) a 1,048 (con Ricky), sicuramente grazie agli 8,8 assist in 31,5 minuti e ad un parsimonioso Usg% del 19,9%.

Ma torniamo a “lo strano caso del signor Cousins”.

Il principale apporto di DeMarcus, fulcro offensivo dei Kings e quinto realizzatore per media nella lega, sembrerebbe quindi non essere la sua capacità di sostenere l’attacco con la mole di punti prodotti, ma quello di aumentare l’efficienza dell’offensiva Kings quando non conclude in prima persona.

E qui scende in campo la possibilità di passare dai numeri al video, dalle analytics agli intangibles (che non sono da rintracciare solo nella metà campo difensiva).

Senza nulla togliere ai 24 punti e 3 assist e mezzo di media, il fattore-Cousins è fatto anche di blocchi ben piazzati e, soprattutto, della capacità di sbilanciare la difesa senza avere il possesso della palla.

Ecco qualche situazione esemplificativa in cui DeMarcus condiziona con la sua presenza off the ball le scelte difensive; poi qualche caso aggiuntivo in cui, pur segnando direttamente, è palese la sua capacità di calamitare e “schiacciare” la difesa, aprendo spazi per i compagni:

Possiamo dunque definire l’“effetto Cousins” come la capacità di aumentare il PPP di squadra, da parte di un giocatore con PPP inferiore sia a quello complessivo di squadra (comprendente il suo) sia a quello della squadra senza di lui in campo.

Altri casi di “effetto Cousins”?
Considerando il periodo in cui erano attivi nei rispettivi roster, Rose (prima del recente ritorno) e Bryant, temuti per (giustificata) reputazione dalle difese avversarie, ma entrambi protagonisti di una stagione “sotto il (loro) par” e padroni di un PPP inferiore alla media di squadra, non hanno presentato l’anomala capacità di aumentare il PPP con la loro sola presenza.

Invece, un altro lungo presenta il “l’effetto Cousins”, Dwight Howard: anche se in una stagione travagliata e con un Usg% meno ingombrante di DeMarcus, ovvero “solo” 23,2%, Dwight ha un PPP di 1,05, rispetto a 1,073 dei Rockets, che senza di lui in campo è comunque 1,065, ma con il suo ingresso sale a 1,093.

Fra i giocatori di back-court, può “vantare” l’“effetto Cousins”, seppur di poco, Monta Ellis: il suo PPP di 1,02 è ben inferiore a quello dei Mavs nel complesso (1,096) ed a quello dei Mavs senza di lui (1,087), ma con lui in campo, nonostante un più che incisivo 28% di Usg%, Dallas ottiene un inatteso plus-valore (1,10).

Chiaramente, nel caso delle guardie, i moventi tattici saranno plausibilmente differenti da quelli di un lungo, ma intanto DeMarcus ci ha fornito qualche indizio per risolvere un apparente caso di bug statistico…

P.s. Se trovate altri casi di “effetto Cousins” sul sito nbawowy o altrove, potete contribuire postandoli fra i commenti.

2 thoughts on “Nba Stat: l'”effetto Cousins”

  1. Articolo interessante e soprattutto significativo del valore di cousins nei kings però ho piccolo appunto da fare (sono un rompi balle lo so :-D): é bello usare il gergo del golf ma se lo facciamo facciamolo bene: andare sotto il par vuol dire che un giocatore ha fatto un ottimo torneo perché ha impiegato meno di quelli necessari per finire il percorso di gara, ergo Bryant e Rose hanno fatto una stagione sopra il par.

  2. Grazie per la segnalazione; di golf non ne capisco una mazza, ma non per questo posso metterne sotto-sopra il vocabolario…

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