Il cosiddetto scouting è un lavoro stupendo, ma sempre irto di insidie.

Si può seguire assiduamente un prospetto collegiale, segnarsi pregi e difetti, formarsi un giudizio inequivocabile e poi osservare lo stesso atleta naufragare irrimediabilmente fra i flutti del mondo professionistico, nonostante si potesse giurare, a richiesta, sulla conformità delle sue caratteristiche tecniche e caratteriali (ormai prioritarie rispetto alle prime) agli elevati standard della NFL.

Lungi dall’equipararsi e/o dal voler condividere le gioie ed i dolori degli scout prezzolati del football americani, quella presentata di seguito è una semplice lista di 5 giocatori 5 che hanno particolarmente deliziato i nostri occhi e hanno impresso le loro prestazioni nelle nostre retine, con l’augurio di ritrovarli protagonisti nei prossimi draft, magari già – chissà – da quello del prossimo maggio.

 

Isaiah Burse, 185 cm, 85 kg, senior, wide receiver/returner, Fresno State Bulldogs

Se si parla di Fresno State Bulldogs, il pensiero corre immediatamente a Derek Carr e Davante Adams, i due giocatori che si sono costruiti la fama migliore tra le fila della squadra californiana.

Ma sarebbe criminale dimenticare il longilineo Isaiah Burse, o meglio “Burst”, atleta dalle brucianti accelerazioni, le quali costringono inesorabilmente il difensore o a piantarsi sul posto oppure a disperarsi nella tardiva consapevolezza di trovarsi 5 metri indietro nei non sporadici filmati di highlights che immortalano il numero 1 di Fresno State esultante in end zone.

In una Lega professionistica sempre più incline alla filosofia pass-happy, Burse potrebbe fare al caso di diverse franchigie a secco di materiale esplosivo nel parco ricevitori.

Sebbene sia arduo indovinare la posizione più congeniale a Burse qualora giungesse tra i professionisti, spendiamo il nome di un jolly che si sta ritagliando una posizione importante all’interno del proprio team, ovvero l’esplosivo playmaker dei Colts T.Y. Hilton.

Nella partita inaugurale contro Rutgers, vinta per 52 a 51 dopo un tempo supplementare, Burse ha fatto letteralmente ammattire la secondaria degli Scarlet Knights, una difesa di alto livello nonostante le importanti defezioni fatte registrare rispetto all’anno passato.

Dotato di una progressione straordinaria, esprime al meglio il suo potenziale sul medio-lungo raggio d’azione, come testimoniano le ben 11 yards di media ricevute per ricezione nel 2013 (comunque inferiori alle quasi 15 di media del 2012).

Proprio come l’ex talento di Florida International a cui lo abbiamo paragonato poco fa, Burse aggiunge una naturale propensione al ritorno della palla sui calci avversari, situazione di gioco in cui eccelle, visto il bottino di 3 touchdown già messo in banca dall’inizio della stagione.

Nel confronto contro Rutgers ha regalato una perla proprio su punt avversario, con un ritorno che ha praticamente coperto la lunghezza del calcio, avventurandosi in uno slalom che ha seminato avversari e – bisogna dirlo – confuso i compagni che stavano cercando di agevolargli la strada verso l’end zone.

Considerato che sta portando a termine l’ultimo anno di eleggibilità al college, sarà sicuramente un protagonista del draft del prossimo maggio, quando più di un team alle prese con siccità offensiva saranno interessati a chiamare il suo nome, presumibilmente il secondo giorno della manifestazione.

 

Jace Amaro, 195 cm, 118 kg, junior, tight end, Texas Tech Red Raiders

Potenzialmente il giocatore che più ci ha impressionato in questo inizio di campionato.

Il prototipo del tight end di nuova generazione: non solo bloccatore, grazie ad una struttura fisica imponente, ma anche ricevitore sopraffino, dotato di ottima tecnica ed insospettabile atletismo.

Amaro è il maggior beneficiario del nuovo corso di quel genietto di Kliff Kingsbury, che ha immediatamente impresso la sua aggressiva mentalità offensiva alla propria squadra (ed alma mater), tanto è vero che dopo solo 5 turni il numero 22 ha già raggranellato più ricezioni di quelle del 2012.

Il nativo di Plano è solo nominalmente un tight end, ma in realtà utilizza la formale posizione solo come punto di partenza per esplorare il cuore della difesa avversaria, temendo minimamente i colpi punitivi dei linebacker avversari, anzi causando un mismatch a proprio favore ogniqualvolta il QB Baker Mayfield gli recapita l’ovale fra le mani.

Il nostro pensiero, osservandolo nel vittorioso derby contro TCU, è stato: quali disastri potrebbe combinare, qualora capitasse sotto un coaching staff NFL che ne completasse l’evoluzione e fosse messo a disposizione di un QB quale Peyton Manning o Tom Brady? Scommetto che non si assesterebbe lontano dalle immaginifiche cifre fatte registrare dal Broncos Julius Thomas in questo favoloso inizio di campionato.

Come accennato, Amaro è originario dei dintorni di San Antonio, ed infatti i suoi lineamenti (oddio, anche il nome…) tradiscono la sua origine ispano-americana, a metà tra Richard “The Nightstalker” Ramirez e Tony Gonzalez, proprio colui che ha riscritto le regole del tight end moderno e a cui il numero 22 dei Red Raiders si rifà, neanche troppo celatamente.

Nonostante abbia la possibilità di spendere ancora un altro anno nel campus di Lubbock, nel caso decidesse di dichiararsi per il draft dell’anno venturo, difficilmente il suo nome sopravvivrebbe alle prime ore del secondo giorno di scelte.

In previsione, si candida come uno dei possibili steal del draft 2014.

 

Vic Beasley, 190 cm, 102 kg, junior, defensive end, Clemson Tigers

I Tigers di Dabo Swinney sono in linea per confezionare un’annata storica, una stagione trionfale fino ad ora ascrivibile agli sforzi di un team molto unito e quadrato, e non solo alle prodezze dei soliti noti, abituati ormai alla ribalta delle cronache.

Sul versante difensivo, si distanzia dagli altri il luminoso talento del pass rusher Vic Beasley, reclutato dall’università della Carolina del Sud come runningback e poi riadattato a defensive end grazie al fiuto che contraddistingue i grandi coach, elite in cui coach Swinney merita di essere annoverato.

Risulta, quindi, superfluo rimarcare come il passato da portatore di palla condizioni (positivamente) l’attuale singolare interpretazione del ruolo da parte di Beasley: l’eccezionale esplosività degli arti inferiori tipica dei tailback è fondamentale nel bruciare i tackle avversari sui primi sviluppi dell’azione di gioco, così come l’equilibrata struttura fisica permette di non partire sconfitto in nessuno dei corpo a corpo ingaggiati con gli uomini di linea avversari.

La sua licenza di uccidere – ovvero la missione di riportare più scalpi possibili dei malcapitati quarterback che lo incrociano sulla strada – comporta un’attitudine molto estrema da “o la va o la spacca”: il nativo della Georgia conosce solo la quinta marcia e azzanna sempre la giugulare, ma ciò lo costringe spesso ad essere tagliato fuori dal vivo dell’azione, quando il raid non sortisce effetto.

Prova ne siano le cifre del 2013: a conclusione di ogni match, i sack riflettono, in molti casi, i placcaggi totali, dando l’impressione di avere a che fare con un Dwight Freeney in miniatura.

Nonostante sia un giocatore che si affida ancora troppo all’intuito, per cui si è ben lungi dal definirlo un linemen dal gioco totale, nelle sempre più frequenti giornate di grazia, come quella di Raleigh di due settimane fa, l’unica possibilità per il proprio dirimpettaio di arrestarlo è quella di chiedere il k.o. tecnico.

Esperti come Mel Kiper pongono il giocatore di Clemson saldamente nella seconda parte del primo giro del prossimo draft, verosimilmente la sua destinazione, considerato l’hype che ne ha accompagnato le ultime prestazioni.

La sensazione è che nella radicalizzazione del gioco professionistico verso un utilizzo sempre maggiore del gioco aereo, un cacciatore di teste, ancorché grezzo, come Vic Beasley sia difficilmente passabile in sede di draft, fin dal primo giro.

 

Kyle Fuller, 182 cm, 86 kg, senior, defensive back, Virginia Tech Hokies

Quando Frank Beamer si insediò sulla panchina del college di Blacksburg, io avevo da poco compiuto 2 mesi.

Si può pertanto capire perché il recente (neanche tanto…) passato di Virginia Tech sia indissolubilmente legato al coach in attività più vincente della FBS e alla sua filosofia, cosiddetta “Beamerball”, caratterizzata da punteggi bassi spesso decisi da touchdown messi a segno dalla difesa.

Un reparto difensivo che ha annoverato grandissimi giocatori, in gran parte solo di passaggio alla corte del plenipotenziario di Beamer – il defensive coordinator Bud Foster – ma già proiettati verso una carriera di successi tra i professionisti.

Neanche l’odierna versione degli Hokies viene meno alla tradizione di talento che rimpolpa annualmente i ranghi dei nero-arancio, nonostante l’accentuata monodimensionalità dell’attacco probabilmente non permetterà di arraffare l’ennesimo titolo della ACC.

Kyle Fuller è uno dei leader della difesa di VT, anche se molti sarebbero i nomi che meriterebbero una menzione, tra cui gli straordinari linemen Derrick Hopkins e Luther Maddy.

Il cornerback di Baltimore ha iniziato il 2013 come meglio non si poteva, intercettando Mr. Perfezione A.J. McCarron e, comunque, distinguendosi ottimamente all’interno di un reparto che è riuscito a buttare sabbia negli ingranaggi perfetti dei Crimson Tide, prestazione vanificata dalla terribile serata degli special team che hanno regalato due ritorni in end zone a Christion Jones.

Ma la vera epifania – ciò che, in poche parole, mi ha convinto a porre il suo nome in questa lista – è stata la sensazionale prestazione contro Georgia Tech: beneficiando della scarsa propensione della squadra di Paul Johnson a mettere l’ovale per aria, Fuller è stato praticamente schierato sulla linea dei linebacker con libera licenza di blitz.

Lo straordinario tempismo, utile ad anticipare l’elaborazione degli schemi avversari sulla linea di scrimmage, mi ha talmente conquistato che non mi vergogno a paragonare l’istinto del numero 17 a quello di due mostri sacri, grandi playmaker difensivi, quali Charles Woodson e Troy Polamalu.

Soprattutto il paragone con il primo non ci pare assolutamente peregrino: infatti Kyle Fuller – che ha un altro fratello molto promettente come compagno di squadra, Kendall, il quale ha seguito le orme dei tre fratelli più grandi scegliendo anch’esso l’università di Virginia Tech – ha le capacità e la tecnica per evoluire ai piani più alti come free safety, ma non ancora la prestanza fisica per sopportare duelli più severi.

Ora come ora, il pronostico a lui più favorevole lo porrebbe nei giri a metà del prossimo draft, con la possibilità di risalire o cedere terreno a seconda dei provini realizzati prima del fatidico appuntamento di maggio.

 

Jeremiah Attaochu, 190 cm, 110 kg, senior, defensive end, Georgia Tech Yellow Jackets

Per Attaochu vale esattamente il discorso opposto speso per Beasley.

Il numero 45 ha concluso in estate la transizione da linebacker esterno (una LEO position simile a quella ricoperta da Keke Mingo a LSU) a defensive end che, nei piani del coaching staff, avrebbe dovuto definitivamente consacrarlo tra i migliori pass rusher della nazione, considerati i 10 sack totalizzati nel 2012.

Invece, Attaochu pare non aver perso l’istinto del linebacker, caratteristica che, da una parte, gli permette di non venir quasi mai tagliato fuori dal cuore dell’azione, ma, dall’altra, lo inibisce nella pressione pura sui distributori di gioco avversari.

Sarebbe quasi da definirsi un “ibrido” in quella posizione e i soli 2 sack raccolti, ormai al giro di boa della stagione, sono l’eloquente dimostrazione della delusione per la mancata esplosione.

D’altra parte, la linea difensiva di GT fa affidamento in maniera massiccia sulla sua presenza, il che rende titanico lo sforzo che Attaochu deve profondere in campo ogni santa sabato e facilita anche il compito degli o-line dirimpettai, quando si tratta di disinnescare il nativo di Washington D.C..

In definitiva, un ottimo atleta che sa fare bene tutto, ma niente in maniera eccezionale, il che lo tramuta in un oggetto misterioso nella prossima classe di scelte: alcuni esperti ne “comprano” la duttilità a scatola chiusa e lo mettono tra le prime 32 scelte personali, altri lo reputano niente più che una scommessa da giocare all’ultimo giorno del draft.

2 thoughts on “College Football, cinque prospetti da tenere d’occhio

  1. Amaro è qualcosa di sensazionale; un bel giocatore davvero, e condivido il pensiero che, nelle mani giuste, possa diventare uno dei migliori TE della NFL.

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