“Football is back!”

La frase era una di quelle che da mesi volevamo sentire, la scena ripresa dalle telecamere con il commissioner Roger Goodell ed il rappresentante dell’unione giocatori DeMaurice Smith a stringersi la mano in segno di intesa pacifica finalmente raggiunta era ciò che tutti desideravano accadesse.

Il football americano è uno sport che per via della sua stessa natura porta con sé una stagione comprensibilmente corta, modalità resasi necessaria da sempre per via dei numerosi infortuni ai giocatori, e per il massacro rappresentato anche da una sola partita.

Ed un campionato già breve di suo, quest’anno ha seriamente rischiato di saltare rendendo ancor più veloce o addirittura potenzialmente inesistente un’esperienza che il tifoso vive con assoluta intensità, prendendo quello che arriva, che non è la stagione di 82 partite più playoffs del basket Nba o l’esibizione quotidiana della propria squadra di baseball preferita.

Il campionato di football è un bicchiere da bere tutto d’un fiato, la si attende tanto ed il momento dopo è quasi al termine.

Oggi, ancora una volta, sta per iniziare.

Le operazioni sono andate in fase di stallo fin troppe volte, la lite tra proprietari e giocatori si è protratta per ben 130 giorni passando tra le chiusure degli impianti di allenamento, il blocco totale delle operazioni di offseason come la free agency e le trades, un draft incerto di vedere le future stelle in campo nel mese di settembre, ed una serie di azioni legali con le quali ciascuna delle parti coinvolte ha cercato di tirare un fendente all’altra, operazioni di dispetto reciproco che alla fine hanno fatto ansimare solamente l’unico soggetto estraneo al giochetto: il tifoso.

L’abbiamo pensato tante volte, quel povero tifoso, o fan se preferite. Siamo stati moralmente in suo sostegno per tutto questo tempo, a volte dando ragione (a turno) a qualcuna delle due parti, a volte dando torto ad entrambe, colpevoli di condurre un gioco molto pericoloso che stava per recare danni inimmaginabili alla Nfl ed ai suoi protagonisti, rei di un litigio per mere questioni economiche proprio nel momento di maggior splendore della lega, con fiumi di dollari che entravano nelle casse degli uni e degli altri, soldi prodotti solo ed esclusivamente dai tifosi, fedeli nello spendere i propri risparmi per un abbonamento stagionale alla propria squadra del cuore, nell’acquistare la maglietta del beniamino di turno, nell’aumentare vertiginosamente gli indici d’ascolto televisivi facendo toccare nuovi picchi a partite come il Super Bowl, nel fare qualsiasi cosa fosse possibile attuare per sentirsi parte del mondo della palla ovale, che quando ti prende non ti lascia davvero più.

Per 10 anni, ovvero per tutta la durata del nuovo Collective Bargainment Agreement, o contratto collettivo di lavoro, nessuno avrà più nulla di cui preoccuparsi. Con condizioni così vantaggiose per tutti, era molto sensato, com’è stato fatto, impedire a ciascuna delle parti di poter esercitare clausole di uscita anticipata, che sono state opportunamente eliminate per evitare di tornare in situazioni come quella vissuta quest’anno.

Oggi non si parla più di cosa desiderano i proprietari e di cosa pretendono i giocatori: le parti sono sulla stessa linea. Finalmente.

Tutti gli aspetti del contenzioso sono stati messi a posto fino a giungere all’accordo finale. Uno dei temi più scottanti, quello della divisione delle somme derivanti dai proventi della Nfl (quelle che vanno a determinare il salary cap ogni anno) è stato aggiustato con un nuovo metodo di calcolo e l’attribuzione di nuove percentuali ai giocatori, che dovranno comunque forzatamente percepire una media minima del 47% di tali somme per tutta la durata del contratto.

I proprietari hanno ottenuto la sperata differenziazione tra gli stipendi dei rookies e quelli dei veterani, con un forte ridimensionamento (scusate se utilizziamo il termine forte, restano comunque vagonate di milioni di dollari che nopn tolgono certo privilegi a tali persone… – ndr) dei compensi di chi non ha ancora dimostrato nulla ed il conseguente annullamento di tutte quelle nefandezze elargite alle prime scelte, con una ridistribuzione dei soldi risparmiati da destinare ai veterani che oggi si sono ritirati e che magari hanno subito gravi problemi fisici derivanti dalla carriera professionistica (questi ultimi hanno ottenuto un fondo di un bilione di dollari ed una Legacy Fund di 620 milioni di dollari che andrà ad alzare le pensioni di chi si è ritirato prima della stagione 1993 – ndr).

Cam Newton, per fare un esempio, con il nuovo cap fissato per i rookies potrà percepire una somma garantita pari a circa il 50% rispetto a quella siglata un anno fa da Sam Bradford. Ci sarà pure un tetto massimo per i signing bonus offerti ai giocatori non scelti, i quali potranno firmare un contratto massimo di tre anni, contro i quattro riservati ai rookies selezionati nei 7 giri del draft. La free agency senza restrizioni si otterrà dopo quattro anni di servizio, mentre i giocatori con tre anni di servizio potranno essere free agents con restrizioni.

Un argomento molto delicato per i giocatori e per le loro probabilità di infortunarsi gravemente è stato l’accantonamento dell’allungamento della stagione a 18 partite, il che era stato chiesto a gran voce dai proprietari all’inizio della discordia per ottenere maggiori introiti, e l’argomento è stato di comune accordo congelato fino al 2013, quindi il campionato resterà strutturato come oggi ancora per qualche anno.

Nuovo contratto collettivo significa anche il ritorno del salary cap dopo un anno di assenza, con un massimo da non superare stabilito in poco più di 120 milioni di dollari, cifra leggermente inferiore a quella del 2010, con la flessibilità di poter usufruire di un bonus di 3 milioni prendendolo in prestito dai salary cap futuri (esteso anche al 2012, alla cifra di 1.5 milioni), ed un altro di 3.5 milioni costituito da una somma che la squadra avrebbe altrimenti utilizzato per pagare incentivi per veterani basati sul livello delle performances in campo.

Assieme a ciò torna attivo il salary cap minimo, al di sotto del quale non potrà scendere nessuna squadra senza eccezione alcuna. Nei primi due anni sommati assieme le squadre dovranno spendere il 99% del salary cap, percentuale che calerà fino all’89% previsto per gli anni venturi.

Infine, per la salute dei giocatori, sono stati impediti i due allenamenti giornalieri con casco e paraspalle durante i training camp (questo per diminuire i rischi di infortuni), ed i giorni di allenamenti volontari prima del camp vero e proprio sono passati da 14 a 10.

Sembrava si fosse in dirittura d’arrivo quasi una settimana fa, quando i proprietari avevano vidimato tutti i punti del contratto attraverso una votazione unanime (astenuti solo i Raiders di Al Davis), ma quando la cosa è stata presa in mano dai giocatori le trattative sono andate in fase di stallo, nuovamente.

Giocatori come Tom Brady, Logan Mankins e Vincent Jackson avevano preteso somme assurde (10 milioni di dollari) per terminare la causa che poneva le leggi antitrust contro la Nfl toccando argomenti importanti come il franchise tag, vera e propria dannazione per qualsiasi giocatore che ritrovandovisi invischiato in mezzo non poteva firmare contratti a lungo termine (di contro c’è pur sempre uno stipendio annuale principesco ad ogni modo – ndr…), creando ulteriore imbarazzo per l’immagine di una lega che ha portato la pazienza dei tifosi fino all’estremo.

Il protrarsi delle trattative nel fine settimana, che ha nuovamente coinvolto avvocati ed ha avuto come protagonisti il centro dei Colts, Jeff Saturday, rappresentante dei giocatori e a detta di molti fondamentale per il buon esito finale, e come Robert Kraft, il proprietario dei Patriots, che negli stessi giorni in cui è stato colpito dal grave lutto per la perdita di sua moglie ha trovato il coraggio di finire la sua missione per contribuire a sciogliere le ultime differenze, e scusarsi pubblicamente per primo con i tifosi per la situazione creata dalle parti. Infine, pochissime ore fa, è arrivata la votazione unanime da parte dei 32 rappresentanti dell’unione giocatori, che ha approvato tutti i punti del nuovo contratto e accomodato tutte le pendenze legali ponendo ufficialmente fine al lockout.

La stagione è salva, ed ora c’è da correre. Le squadre hanno pochissimo tempo per praticare i nuovi schemi, i rookies potranno ricevere i libri dei giochi solo da adesso in poi, fattore che ne minerà di sicuro l’impatto rispetto agli altri anni, e le franchigie avranno solamente poche ore per poter parlare di rinnovo contrattuale con i rispettivi free agents privi di restrizione (in precedenza c’erano tre giorni per queste operazioni), che da domani potranno parlare anche con tutte le altre squadre Nfl.

Si apre uno stranissimo mercato d’agosto, che vedrà partire le prime trades (si parla tantissimo di Kevin Kolb ai Cardinals, del destino di Carson Palmer, e di molti altri – Brett Favre lasciamolo dov’è – ndr), le prime firme ambite (su tutti il fortissimo cornerback Nnamdi Asomugha) e subito dopo già le prime partite di pre-stagione, con la sola eccezione dell’Hall Of Fame Game di Canton, Ohio, tra Bears e Rams cancellato dalla Nfl la settimana scorsa.

I prossimi giorni saranno una pazza corsa, concentrata nel giro di tempi strettissimi.

Un divertimento assicurato, ma soprattutto meritato per tutti quei tifosi che hanno atteso che le cose si risolvessero, che le squadre tornassero alla normalità, e che quegli stessi beniamini così avidi di danaro tornassero a far risplendere le domeniche delle persone normali, le stesse che non percepiranno mai stipendi nemmeno vicini a quelli, gli stessi che nemmeno in situazioni come questa sono stati capaci di voltare le spalle a squadre e persone cui hanno regalato una devota lealtà. Gli stadi saranno ancora pieni, ed al primo touchdown forse ci si sarà già dimenticati di tutto. O quasi.

Speriamo che in futuro di questo aspetto si tenga conto, nella coscienza di tutti quelli che hanno litigato fino ad oggi.

Nel frattempo, non possiamo che riabbracciare il nostro football e tenerlo stretto, ora che la paura è stata tangibile, farlo scappare ancora sarebbe troppo rischioso.

“Football is back!”. Per quanto siamo stati arrabbiati con giocatori e proprietari ed i loro comportamenti infantili, a sentire questa frase ci viene ancora la pelle d’oca.

Che i botti comincino, e che le bottiglie di champagne vengano stappate.

Buon campionato a tutti!

7 thoughts on “Via le catene del lockout, il football è tornato!!

  1. Buon campionato anche a te. E i miei più sinceri complimenti per gli articoli sul tema.

  2. ciao! bell’articolo complimenti, ho una domanda da farti..dove hai preso tutte le notizie riguardanti il contratto collettivo? te lo chiedo perchè sto scrivendo una tesi circa le differenze tra il sitema eurpeo e americano in tema di contratti collettivi. mi sarebbe davvero utile!
    grazie e ancora complimenti!

  3. un grandissimo WHO DEY e un fortissimo WAR EAGLE a tutti quanti, sono un ammalato di football americano dal lontano 1982 … le mie squadre preferite sono (ahimè) i Cincinnati Bengals per quanto riguarda la NFL e (yuhù) gli Auburn Tigers per quanto riguarda l’NCAA.
    Seguo spesso il campionato professionistico e universitario su Sky canale 214 e sempre su internet su siti ufficiali americani, ma questo in italiano è stata una piacevolissima sorpresa.
    Buon lavoro e buon divertimento a tutti quanti ( :- )

  4. Bello trovare pazzi come me in giro che portano i colori nel cuore dei Bengals!!
    (ahimè – cit.)
    eheheh!!!

    Complimenti per l’articolo. Davvero esauriente e di facile lettura!!!
    Buona stagione a tutti!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  5. Ciao a tutti sono un tifoso di Dallas dagli anni 80 sapete quest’anno dove possiamo seguire in tv il campionato?

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