Gregg Williams, uno dei protagonisti dello scandalo.

In un momento storico delicato, dove mai in precedenza era stata posta particolare attenzione sulla salute dei giocatori Nfl, la lega viene colpita da uno degli scandali più grandi che abbia mai vissuto. Sono oramai sempre più numerose le testimonianze delle talvolta letali conseguenze che un ex giocatore di football americano deve sopportare nella fase postuma della propria carriera, tra persone ridotte alla sedia a rotelle, mal di testa cronici, e malattie derivanti dalle continue collisioni violente che il cranio è costretto a subire in nome del sacro spettacolo gladiatorio che va in scena all’interno di colossei sempre più modernizzati.

Persino durante l’ultimo lockout l’argomento aveva, fortunatamente, preso l’importanza che meritava: si era difatti discusso del fatto che la Nfl dovesse dare qualcosa indietro ai protagonisti che infiammano ogni domenica , dell’aumento delle cifre da dedicare alle pensioni ed al mantenimento economico delle cure dei traumi racimolati in carriera, provvedimento peraltro giustificato se si pensa all’alto numero di ex giocatori impossibilitati a muovere gran parte delle loro articolazioni senza provare dolore costante ed incessante.

Premesso questo, il bounty program emerso in questi giorni che vede colpevoli i New Orleans Saints, è l’ennesima dimostrazione della natura controversa di una lega che non bada a spese per vincere, la conferma che nei tempi che corrono le motivazioni sono sempre più circostanziate a motivi legati al denaro, ed è infine una grandissima contraddizione insita nel fatto che quanto previsto dal sistema di cui si parla va nettamente contro agli interessi dei giocatori stessi, specialmente se si pensa agli infortuni che da tali pratiche possono derivare e ponendo ciò in relazione con quanto detto fino adesso sulla salute e sulle conseguenze post-carriera.

Veniamo allora a questo famigerato bounty program, il quale altro non è che un bonus elargito da alcune squadre a giocatori della difesa (New Orleans ha ben 22giocatori indagati) al fine di colpire il più violentemente possibile un avversario, su tutti il quarterback, con lo scopo di estrometterlo dalla partita. Le relazioni con i Saints sono venute a galla dopo una segnalazione fatta alla lega dai Minnesota Vikings, che chiesero di investigare sul Championship della Nfc giocato nel gennaio del 2010, ed in seguito ad un’ulteriore notizia secondo la quale New Orleans avrebbe attuato un programma a pagamento pure nel turno precedente contro i Cardinals, al fine di colpire violentemente Kurt Warner.

Il defensive coordinator Gregg Williams, reo di aver installato tale sistema nel suo triennio di gestione del reparto difensivo di New Orleans, è al momento sotto torchio da parte della lega, che vuole ovviamente saperne di più, e rischia di vedersi rovinata una più che illustre carriera professionistica che l’ha visto nel ruolo di head coach e coordinatore difensivo per due decenni.

Una porcheria difficile da interiorizzare in quanto meschina e subdola, che potrebbe aver scoperto il classico vaso di Pandora.

Quello di Williams è difatti il primo nome dato in pasto alla stampa, ma la domanda logica che ne consegue è: esistono altre franchigie Nfl che utilizzano in maniera impropria e scorretta tale sistema?

Temiamo di conoscere già la risposta, perché nelle ore immediatamente successive allo scandalo si sono fatte avanti diverse persone che in Nfl ci hanno giocato ed al quale probabilmente non conveniva aprire la bocca prima d’ora, persone che hanno raccontato di come un sistema simile, ad esempio, fosse già stato posto in atto da Joe Gibbs ai tempi del suo primo Super Bowl con i Redskins, quando ad obbiettivo raggiunto in spogliatoio venivano generosamente distribuiti biglietti da 100 dollari. Oltre a questo, il sospetto è che Williams utilizzasse tali metodi anche nelle squadre dove aveva precedentemente allenato la difesa, Titans ed ancora Redskins, e dove, nel Tennessee, aveva già lavorato sotto Jeff Fisher, proprio il suo head coach attuale ai Rams. Per non parlare dei tempi di Buffalo, città dove Williams è stato capo allenatore, dove pare proprio che il sistema fosse già in atto e che diversi quantitativi di denaro fossero prestabiliti in base al grado di infortunio recato all’avversario.

Guai in vista anche per Jonathan Vilma...

Si parlava in precedenza di un’analisi soffermatasi parecchio su una partita in particolare, ovvero la famosa sfida tra Saints e Vikings, gara nella quale alcuni membri della difesa ddi New Orleans avrebbero ricevuto la promessa di incentivi qualora fossero riusciti ad estromettere Brett Favre dalla partita. Per chi ricorda il match, viene ora naturale abbinare i terribili colpi gratuiti inferti a Favre, che tra le altre cose prese una mazzata sul mento da un uomo di linea difensiva appena dopo aver consegnato la palla al running back e finì la partita con una caviglia a pezzi. Il fatto che all’epoca tutto si ridusse ad un paio di multe a carico degli autori dei colpi più esagerati, non può comunque far gravitare il tutto attorno al fatto che dei difensori stessero semplicemente dando tutto in una delle gare più importanti della carriera, perché sotto c’era evidentemente dell’altro. E se, come pare essere confermato, prima di entrare in campo Jonathan Vilma aveva effettivamente promesso denaro da pagare di tasca sua a chiunque avesse infortunato Favre, la faccenda prende una piega ancora più grottesca, ed i messaggi che ne escono, anche per i giovani, sono più che negativi.

Adesso il discorso passa completamente nelle mani del commissioner Roger Goodell, il quale dovrà decidere delle punizioni esemplari, in modo che più a nessuno venga in mente di sporcare la faccia della Nfl in questo modo. I Saints, già in difficoltà nelle negoziazioni con Drew Brees per il nuovo contratto, saranno pesantemente colpiti da sanzioni pecuniarie, sospensioni dei responsabili (ammesso e non concesso che vestano ancora quella maglia, altrimenti saranno sospesi dalla nuova squadra), e soprattutto dall’annullamento automatico di alcune scelte al prossimo Draft, nel quale già la squadra era priva di un pick al primo giro in seguito alla trade effettuata l’anno scorso con i Patriots per selezionare Mark Ingram.

In soldoni, la parte economica potrebbe essere seriamente quella meno grave, in quanto nel migliore degli scenari i Saints non avranno la possibilità di costruire qualcosa per il futuro attraverso la selezione di rookies di talento, e rischiano, non si sa per quanto tempo, di non avere Sean Payton – che verrà certamente squalificato assieme al GM Mickey Loomis per aver permesso al suo coordinatore difensivo di mettere in piedi tale sistema – a chiamare i giochi sulla linea laterale, ed il nuovo defensive coordinator Steve Spagnuolo dovrà organizzare i primi allenamenti stagionali senza sapere, all’attualità, di quali giocatori dovrà fare a meno e soprattutto per quanto tempo.

I Saints sono colpevoli davanti alla faccia della nazione, ma potrebbero non essere gli unici. La lega ha tra le mani una patata bollente di proporzioni pericolosamente enormi. I giocatori, che tanto si sono lamentati nel corso delle trattative per un nuovo contratto collettivo riguardo alla sicurezza sul campo di gioco, hanno segnato un clamoroso autogol facendo capire a tutti di essere tranquillamente disposti a dimenticarsi temporaneamente di chiedere condizioni più favorevoli per la loro vita dopo il football pur di far molto male a qualcun altro ed intascarsi qualche dollaro in più rispetto a contratti che non sono certo da operai metalmeccanici.

Per Sean Payton la squalifica è pressochè certa, bisogna solo quantificarla.

E’ una storia che non lascia solamente l’amaro in bocca, purtroppo lascia molto di più. E’ un’altra dimostrazione della contraddizione che gli Stati Uniti non riescono mai a risolvere, che persiste tra moralità e convenienza. La moralità, quella che ogni americano fiero come Gregg Williams sbandiera ed insegna. La convenienza, che permette alla stessa persona di impacchettare quella moralità per la durata di una partita di football, di farsene un baffo per ottenere il suo scopo (la vittoria a tutti i costi), per poi tirare fuori tutto nuovamente come se nulla fosse accaduto. Agghiacciante.

E la lezione che ne scaturisce, purtroppo, è sempre quella: il denaro è più forte di qualsiasi motivazione mentale che spinga i giocatori a dare il meglio di se stessi durante una competizione. Triste.

Nel football americano si vince con la forza bruta, sì, ma anche con la tattica e la tecnica. Episodi come questo, sono semplicemente un insulto alla bellezza di questo gioco, ed al senso della disciplina che lo stesso ha sempre dato a chi lo segue assiduamente.

Non resta che attendere quanto deciderà Goodell, sperando in sanzioni esemplari.

10 thoughts on “Saints nei guai, si attendono sanzioni pesanti

  1. classico segreto di pulcinella, però mi pare logico che siano i Saints a pagare per tutti…mha?!?

  2. Nulla si faccia in fretta affinchè nulla resti impunito… che le pene siano esemplari e colpiscano tutti e mi auguro proprio tutti quelli che hanno acconsentito ad una simile pratica. Spero che le Tv americane insistano molto con il commissioner su questo punto. Voglio sperare che l’associazione dei giocatori prenda decisoni che riguardano i propri iscritti anche in prorpio, economicamente come è ovvio (il conto in banca è l’unica cosa che fa male a certi elementi) e a livello di regolamenti. Lo spero molto ma penso che alla fine il businness prevarrà e come con il caso steroidi si cercherà di ridurre tutto a poche mele marce. Le leghe professionistiche americane vivono quel paradosso,tutto americano (come perfettamente detto nell’articolo), che consiste nel mascherare dietro una ipocrita correttezza comporatmentale (regolamento abiti NBA e limitazione esultanze NFL mi sembrano i casi più eclatanti) una sostanziale indiffirenza verso qualsivoglia concetto di lealtà sportiva ed oserei dire “morale”. Non a caso scoppiano scandali a livello professionistico e non solo.
    Una amara considerazione per concludere: davvero una brutta annata per il football prima lo scandalo di Penn State ed a desso questo.

  3. Vediamo come andrà a finire.
    Lo ripeto un’altra volta, quell’anno ho visto tutte le partite dei Vikings, e quello che successo nalla finale della NFC non l’avevo ancora visto durante l’anno,
    e non è che Favre sia simpatico ai più…

  4. la pratica è disgustosa, antisportiva e totalmente irresponsabile.
    è giusto che chi ha sbagliato paghi duramente, personaggi coinvolti e squadre.
    in questo senso è pacifico che i saints subiscano una punizione esemplare.
    mi auguro però che, se la cosa dovesse risultare non limitata ad una sola squadra, non siano solo ed esclusivamente i saints a pagare per tutti.

  5. Non e’ questione di cattiveria o di determinazione nel gioco ma di incentivare i giocatori a colpire scientificamente gli avversari infortunati.
    Questo non e’ sport…sembra il film rollerball!!!

  6. Ottimo articolo….ma il problema parte dal discorso arbitrale. Se le sanzioni non sono pensate per impedire il gioco violento in maniera decisa, ci sarà sempre margine per queste situazioni!!!!
    Nel championship incriminato non è stato fatto niente dalla classe arbitrale per impedire un vero e proprio MASSACRO su Favre…..NFL colpevole al 100%.

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