In seguito ad una stagione 2011 che chiamare disastrosa pareva persino riduttivo, non era certo preventivabile il fatto di trovare gli Indianapolis Colts in piena corsa per i playoffs alla nona settimana di campionato. Il ciclo normalmente seguito da una franchigia Nfl in ricostruzione è difatti molto più lento, e la pulizia attraverso la quale questa organizzazione è dovuta passare nella scorsa offseason, complice un taglio con il passato tanto doloroso quanto doveroso e sensato, aveva chiuso con decisione un’epoca memorabile.

Chuck Pagano sta lottando contro la leucemia.

Non è un’impresa fattibile tutti i giorni quella di far esordire un rookie dandogli da subito delle responsabilità di un certo tipo, affrontare una stagione con un nuovo head coach per poi doverlo sostituire senza avere nemmeno il tempo di prepararsi all’emergenza per via di una malattia grave da curare al più presto, mettere a frutto le decisioni di un general manager appena arrivato, far amalgamare una difesa costruita per la 4-3 e farla giocare bene con uno schema diverso, più aggressivo, ed ottenere i risultati che ad Indianapolis stanno riuscendo ad ottenere in questo momento.

I meriti vanno a tantissime persone, le quali in questo momento sono unite da uno scopo nobile, ovvero quello di catturare la qualifica alla postseason per permettere a Chuck Pagano di tornare sulla linea laterale al termine del triplo ciclo di chemioterapia che sta attualmente affrontando, un’ispirazione che al momento sta giocando il ruolo del dodicesimo uomo in campo, un traguardo dentro al traguardo.

La stessa squadra che ha salutato la leggenda di Peyton Manning, tagliato giocatori storici come Dallas Clark e Gary Brackett, posizionato la terribile coppia composta da Freeney e Mathis in un nuovo ruolo e digerito a fatica una nuova disposizione difensiva, è la stessa che si è assicurata la vittoria in tre delle sue ultime quattro uscite mostrando una pelle ben diversa da quanto potesse essere preventivabile.

Nella Nfl si ritorna nel giro che conta un passetto alla volta, non certo di prepotenza, specialmente dopo aver chiuso un ciclo vincente durato un’eternità.

Uno dei motivi per i quali i Colts non sono una squadra mandata in campo allo sbaraglio, è la scelta della persona giusta arrivata al momento giusto: Andrew Luck.

Il quarterback proveniente dall’università di Stanford ha chiaramente commesso degli errori durante le sue prime apparizioni professionistiche, ma è altrettanto evidente come, nell’ultimo mese, abbia fatto vedere una crescita esponenziale sotto molti punti di vista, sia tecnici che mentali. La sua grande capacità di non mollare ha consentito di recuperare delle situazioni di svantaggio e di vincere delle partite con scarto di punteggio assai ridotto, un segnale di come la gestione della pressione sia una delle cose che attualmente gli riesce meglio. Non è una questione che si riduce all’aver prodotto il nuovo record di yards in singola partita per un rookie (433, registrate domenica scorsa contro Miami), il dato di fatto appurato è che il ragazzo sotto pressione risponde addirittura meglio rispetto alla normalità delle altre situazioni, le sue decisioni riescono a non essere condizionate dalla fretta, e la sua lucidità nel quarto periodo, quando stanchezza fisica e mentale fanno sentire tutto il loro peso, è una caratteristica invidiabile.

Con un quarterback di questa qualità, mai nulla può essere dato per perso.

Andrew Luck sta ampiamente dimostrando di valere la prima scelta assoluta dello scorso Draft.

La gara casalinga vinta contro i Dolphins ha dimostrato ancora una volta che non ci sono situazioni non risolvibili, nemmeno quelle molto difficoltose da sbrogliare e con poco tempo a disposizione. Luck si è fatto un baffo di una delle migliori difese Nfl sui terzi down, trasformando perdite o guadagni minimi nei primi due tentativi in preziose conversioni per tenere accese le speranze della sua squadra. Situazioni rischiose con tante yards da prendere e posizioni di campo non agiate sono quanto di più utile ci possa essere a far perdere la fiducia ad un quarterback non esperto, ma Luck sta rispondendo alle avversità giocando come un veterano navigato.

Il fatto che lui faccia trasparire tranquillità e sicurezza nel poter risolvere queste circostanze offensive anche con il punteggio a sfavore, spesso rappresenta quella differenza che sussiste tra un grande giocatore ed un campione assoluto. Luck sa esattamente cosa deve fare ed in quale momento lo deve fare, anche quando ha avversari che sono a qualche centimetro dal gettarlo violentemente a terra. Più la gara si avvicina ad essere decisa, è più il suo acume tattico aumenta.

Sembra quasi di parlare di un suo collega che da queste parti ci è rimasto parecchio, togliendosi discrete soddisfazioni, qualcuno con il quale Luck ora condivide un altro record, quello di essere riuscito a collezionare quattro partite da 300 o più yards su lancio nel suo primo anno da professionista. Peyton Manning, che sembra aver simbolicamente ceduto lo scettro di Prescelto alla giovane Andrew, c’era riuscito nel 1998.

Tuttavia, senza il supporting cast adatto, nessun individuo può avere successo nella National Football League.

Se quando la pressione monta Luck tende ad eccellere, altrettanto si può difatti sostenere per una difesa che nei secondi tempi di tutte le gare ha alzato con decisione il proprio rendimento, assumendo spesso e volentieri una doppia identità a seconda del momento della gara. E’ una difesa i cui concetti basilari sono stati inculcati solamente questa primavera, e che non possiede tutti i pezzi giusti per applicare la nuova 3-4 che Pagano si è portato appresso da Baltimore. Una trasformazione del genere richiede tempo e duttilità dei giocatori a roster, ed il reparto sta rendendo bene nonostante non si sia potuto usufruire nè dell’uno e nè dell’altro.

Jerrell Freeman, una sorpresa graditissima per la difesa.

Contro Tennessee e Miami la difesa ha concesso solamente sei punti totali nei secondi trenta minuti, sfruttando la capacità di Cory Redding di rompere i raddoppi, trovando finalmente un pò di produzione dai già citati Freeney e Mathis, alle prese con il nuovo ruolo di outside linebackers con esclusivi compiti di pass rush, e l’istinto di un inside linebacker come Jerrell Freeman, che si è fatto notare difendendo bene contro le corse e non ha certo fatto rimpiangere l’assenza per infortunio di Pat Angerer, il miglior placcatore di squadra, sostituendosi a lui in modo sorprendentemente positivo dopo una carriera cominciata entrando dalla porta di servizio. Aveva difatti ricevuto un contratto annuale con i Titans dopo aver trascorso il Draft del 2008 senza sentir chiamare il proprio nome, e la sua esperienza era poi proseguita in Cfl per i successivi tre anni, fino alla chiamata di Indianapolis e l’invito al training camp.

Freeman è solo un esempio dei tanti giocatori che hanno sottolineato la profondità di questo roster, facendo capire l’ottimale livello di preparazione svolto in vista di questa stagione, dove le difficoltà e gli infortuni non si sono certo fatti attendere.

Domenica i Colts hanno terminato la partita senza due dei cinque uomini di linea titolari, Satele e Justice, ed hanno eseguito il drive decisivo senza dare troppi pensieri a Luck. La difesa ha negato la vittoria ai Dolphins senza poter contare su Vontae Davis e Jerraud Powers, quest’ultimo uscito a gara in corso, trovando risposte positive da Cassius Vaughn e Darius Butler. Dwayne Allen ha dimostrato di non essere un doppione di Coby Fleener ed ha effettuato ricezioni fondamentali per tenere accese le speranze di squadra con il punteggio ancora da ribaltare, giustificando il doppio investimento fatto in sede di Draft nel ruolo di tight end. Ed il gioco di corse non ha subito conseguenze negative dall’assenza del titolare Donald Brown, sostituito in maniera splendida da Vick Ballard, altro rookie (un quinto giro) privo di esperienza che si è rivelato determinante tanto nel segnare un’acrobatica meta valsa la vittoria contro Tennessee nel supplementare, quanto nel saper resistere ai placcaggi spingendo indietro quanti più difensori riuscisse per ottenere il primo down necessario a mettere in ghiaccio la gara contro Miami.

Infine, non certo l’ultima delle considerazioni: i ragazzi di Indy hanno ottenuto quanto sopra descritto senza l’ausilio del loro head coach, ruolo assunto in via temporanea dall’offensive coordinator Bruce Arians, molto bravo nel gestire lo staff, preparare le partite e prendersi le responsabilità delle decisioni più importanti a gare in corso senza aver goduto del tempo necessario per questo gravoso compito.

I Colts sono certamente una delle più belle storie di questo campionato. Il calendario che li attende non è proibitivo, e la division dove giocano è assolutamente alla loro portata, perlomeno a giudicare da quanto hanno fatto vedere in campo le avversarie della Afc South.

Se davvero riuscissero a qualificarsi per la Wild Card permettendo a Pagano – che domenica ha tenuto a fatica un discorso all’interno dello spogliatoio –  di allenare anche solo per un’altra partita, sarebbe un qualcosa di davvero emozionante. Difficile, quindi, non fare il tifo per loro.

Chuckstrong forever.

 

 

 

One thought on “Colts, il nuovo Prescelto e l’ispirazione di Chuckstrong

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