Dentro o fuori, è questa la prima cosa che ogni fans di Minnesota ha pensato dopo che ieri è trapelata la notizia che Josh Freeman è stato promosso starter in vista del Monday Night Football contro i New York Giants, a nemmeno due settimane dal suo arrivo a Minneapolis, dopo essere stato rilasciato senza tanti complimenti dai Tampa Bay Buccaneers.

Una mossa, quella operata dai Vikes, che fin da subito è parsa un modo per comunicare al mondo del football la fine dell’esperimento Ponder, ormai destinato ad arrivare al capolinea dopo un inizio di stagione in cui non si sono visti progressi concreti e sono proseguiti gli alti e bassi che hanno caratterizzato la carriera professionistica del talento da Florida State fino a questo momento.

Matt CassellUna fine coincisa con un ultimo tentativo fatto con Matt Cassell spedito in campo proprio con la scusa di sostituire l’infortunato Christian Ponder nella sfida londinese contro gli Steelers, e confermato per la partita di domenica scorsa con i Panthers; match nel quale ha evidenziato ancora una volta un’incredibile mancanza di continuità, spazzando via, in pochissimi minuti, tutto quello che di buono aveva fatto quindici giorni prima sul terreno di Wembley.

Chi era davanti alla televisione domenica sera o chi si trovava sugli spalti del Mall of America Field di Minneapolis, di certo si sarà chiesto, ad un certo punto, se non valeva la pena di dare un’ultima occasione al numero 7 per riscattarsi, visto alcune discutibili decisioni prese dal prodotto di Southern California, che non ha trovato di meglio da fare che consegnare due splendide ovali nelle mani dell’avversario Mike Mitchell.

Situazioni che ai più attenti avranno ricordato altrettanti palloni sparacchiati due settimane prima a Londra, quando fu salvato dagl’interventi di Cordarelle Patterson e Jerome Simpson, entrambi abili ad evitargli l’intercetto e la relativa graticola, con il primo che si meriterebbe pure un Rolex d’oro gentilmente omaggiato dal numero 16 per aver ricoperto anche un fumble causato da un sciocco tentativo di scrambling dello stesso QB.

Errori dai quali evidentemente Cassell non ha imparato nulla, confermando, se ancora ce ne fosse bisogno, che al di fuori del sistema offensivo dei Patriots è un giocatore normalissimo, non un fuoriclasse come si voleva far credere, ne tantomeno un quarterback capace di vincerti le partite o cambiare il volto ad un ambiente e, di rimando, sollevarlo quando questo attraversa un momento negativo.

L’ex Chiefs è il classico giocatore che si assuefa’ a ciò che lo circonda, non prova a variarne il corso, non si danna per invertire il trend, semplicemente lo accompagna, sia che lo porti verso le stelle oppure che lo trascini nelle stalle, il suo apporto non cambia, anzi, nel secondo caso rischi pure che ti peggiori la situazione.

Lo ha capito fin da subito Andy Reid, allenatore navigato che di quarterback qualcosa, in carriera, ha dimostrato di capirci, che non ci ha pensato nemmeno un attimo e l’ha lasciato andare via da Kansas City, decidendo di puntare su Alex Smith, ragazzo che nelle ultime stagioni è cresciuto, pur senza arrivare a toccare quei livelli di eccellenza riconosciutigli, troppo facilmente, a Cassell, dopo l’anno in cui sostituì l’infortunato Tom Brady diventando uno dei pezzi pregiati della successiva free agency NFL.

Christian PonderTop che non ha mai nemmeno lontanamente sfiorato Ponder, che però a differenza del collega ha comunque sempre dimostrato di volerci mettere l’anima per meritarsi lo spot di starting quarterback, lottando con il coltello tra i denti, e sopperendo con una volontà ed uno spirito di sacrificio encomiabili a dei limiti tecnici che, purtroppo è ormai innegabile, ci sono, e pure ben visibili.

D’altronde lo si era detto subito che quella dodicesima pick spesa per acquisire l’ex Seminoles era troppo se paragonata al suo valore, e certamente il peso di sentirsi una prima scelta sulle spalle ha influito in modo negativo su un ragazzo che, molto probabilmente, avrebbe avuto bisogno di più tempo per prendere le redini di una offense professionistica.

Tempo che purtroppo gli è mancato per la pessima stagione 2011 giocata da Donovan McNabb, che ha costretto il coaching staff a gettarlo in fretta e furia nella mischia nel doppio tentativo di placare la rabbia dei tifosi e testare le qualità del giocatore, considerato comunque, dalla maggior parte degli scout, uno dei pitcher più promettenti in prospettiva.

La prima regular season si è chiusa con 1,853 yards, 13 TD e 13 INT, tra innumerevoli alti e bassi e la convinzione che in futuro il talento texano avrebbe potuto solo migliorare; e così, d’altronde, è stato, nel primo torneo giocato dietro il centro dei Vikings, aumenta tutti i numeri e diminuisce gli errori, arrivando a totalizzare 2,935 yds, 18 touchdowns e 12 intercetti, ai quali vanno aggiunti le 2 segnature personali realizzate su corsa.

A sorpresa, infatti, Ponder si dimostra anche un QB mobile, capace di infilarsi la palla sotto un braccio, abbassare il testone, e correre senza remore alla ricerca della linea di primo down o dell’endzone avversaria; movimento che a molti ricorda il primo Aaron Rodgers, peccato che però Christian non possieda le stesse caratteristiche di passer del talento di Green Bay.

Si dice che sia un portento sul medio-corto yardaggio, che ami sviluppare il proprio gioco poggiandosi sui tight end, e Minnesota dopo aver preso Kyle Rudolph, decide di investire nell’estate 2012 anche su un altro talento di Notre Dame, John Carlson, finito un po’ nel dimenticatoio a Seattle; i due ragazzi sembrano possedere le qualità per esaltare il numero 7, ma mentre il primo viene servito con assiduità, il secondo riceve pochissimi palloni, certificando che anche nelle letture, il QB da Florida State, fatica parecchio a scandagliare tutto il campo.

Leslie FrazierAltro problema, per giustificare un’esplosione non del tutto compiuta, viene riscontrato nella mancanza di un wide receiver affidabile, allora il front office dei Vikings decide di investire, e nell’ultima offseason va a coprire anche questo need assicurandosi il meglio che offrono free agency e Draft; prima arriva l’ex Packers Greg Jennings, alla ricerca di un nuovo contratto dopo la scadenza di quello che lo legava alla franchigia del Wisconsin, e poi Cordarelle Patterson, chiamato con l’ultima delle first pick, la terza, in possesso di Minnesota.

Il prodotto di Tennessee, rivelatosi come uno dei migliori receiver nell’ultima stagione collegiale con i Volunteers, arriva a Minneapolis anche per raccogliere l’eredità di Percy Harvin, altra prima scelta, che era stato tradato poche settimane prima con Seattle in cambio del primo round pick dei Seahawks; una mossa che i Vikes sembra siano stati costretti ad operare dopo che in stagione regolare il talentuoso playmaker da Florida aveva aspramente criticato Ponder, entrandone apertamente in conflitto nella seconda metà della regular season, quando il suo impiego è sceso notevolmente.

A mettere d’accordo tutti, nel 2012, ci pensò però Adrian Peterson, che con un rientro strepitoso dall’infortunio arriva ad appena 3 yards dal record NFL di Eric Dickerson, trascinando Minnesota fino alla Wild Card persa con i rivali Packers, senza il numero 7 in campo e con un Joe Webb inadeguato in cabina di regia.

La pazzesca stagione disputata da All Day aveva però di fatto mascherato le mancanze di Ponder, tornate incredibilmente d’attualità all’inizio di questa regular season, dove, complice una linea meno incisiva rispetto all’anno passato, errori, passaggi incompleti, intercetti e assalti all’arma bianca si sono alternati con una regolarità quasi impressionante.

Delle prime sei partite disputate da Minnesota, salvarne una da mandare ai posteri, risulta infatti davvero difficile, perché anche l’unica vittoria fin qui ottenuta, contro Pittsburgh, è parsa più una casualità dovuta al verificarsi di una serie di condizioni favorevoli che frutto di una prestazione esemplare; se la si analizza è lampante come sia arrivata grazie ad un paio di big play offensivi e ad un errore madornale nell’ultimo drive condotto da Pittsburgh, che se non avesse perso in malo modo quel pallone, avrebbe inflitto un’altra pesantissima sconfitta in rimonta ai Vikings.

Bill MusgraveL’avvento di Freeman, dietro lo snapper, in fondo è un ultimo tentativo di Frazier e Co. per cercare di raddrizzare una situazione ormai insostenibile, nella quale hanno comunque pesanti responsabilità anche le scelte offensive operate dal coach in accordo con l’offensive coordinator Bill Musgrave, deus ex machina che pare avere una vera e propria predilezione per bruciare quarterback in serie.

La scelta, tutt’altro che felice, di insistere per almeno due down abbondanti, ogni quattro, sulle portate di Peterson, oltre a togliere fiducia nei propri mezzi al quarterback, non sta dando gli effetti sperati, con il povero runner che spesso e volentieri viene rimbalzato dalla linea avversaria e, successivamente, investito da tutto il backfield difensivo, safeties comprese.

In questa maniera, ovviamente, i Vikings hanno sempre cercato di attirare quanti più uomini nel box per aprirsi spazi importanti per lo sviluppo del passing game, ma il problema, almeno fin qui, è stato che non si è trovato un pitcher in grado di sfruttare questi presunti buchi, vuoi per mancanza di braccio o per letture palesemente errate.

Freeman, come passer, ha dimostrato di essere indubbiamente superiore ai due colleghi attualmente presenti nel roster di Minnesota, e non deve di certo confondere l’inizio di stagione pessimo avuto con i Buccaneers, perché a Tampa, sotto la guida di Greg Schiano, l’aria è diventata irrespirabile, e il clima si è fatto talmente rovente che da un momento all’altro potrebbe saltare in aria l’intera organizzazione, a partite dallo staff dirigenziale fino all’ultimo dei giocatori.

In una situazione del genere, esprimersi al meglio risulta difficile, quindi giudicare il quarterback alla quinta stagione NFL sulla base di quanto fatto nell’ultimo periodo risulterebbe sbagliato, e basterebbe sbirciare poco più indietro, nel suo passato, per capire che i numeri per fare bene con i Vikes, li ha davvero tutti.

Josh Freeman VikesEffettivamente Josh, fin dal suo avvento in NFL, è parso uno dei quarterback più promettenti della nidiata, e, si è scoperto in questi giorni, il grande capo di tutto l’entourage Purple & Gold, il general manager Rick Spielman, si era appuntato già il suo nome durante il Draft 2009, dopo le ottime cose fatte intravedere in NCAA, quando vestiva la maglia di Kansas State.

Proprio l’esperienza ai Wildcats potrebbe risultare di fondamentale importanza per Freeman, che a Manhattan ha avuto come coach Ron Price, ex collaboratore di Musgrave ai tempi di Virginia che aveva adottato un sistema di gioco simile a quello utilizzato dall’attuale OC dei Vikings nei Cavaliers, quando era diventato capo allenatore a K-State.

Un retroscena interessante, confermato ieri dallo stesso quarterback, che ha dichiarato di aver ripreso in mano i vecchi playbook utilizzati al college per comprendere al meglio il gioco offensivo dei Vikes e rinfrescarsi la memoria dopo aver giocato con schemi completamente diversi negl’ultimi cinque anni in Florida; una lettura che ha evidentemente portato a dei progressi rapidi, tant’è che coach Frazier ha ammesso come non fosse affatto nelle intenzioni iniziali del team lanciare Josh nella mischia così presto.

All’atto della firma, pare infatti che si fosse concordato di lavorare a fari spenti per un mese prima di concedere una chance ed esporre alla luce dei riflettori il nuovo arrivato Freeman, ma l’ultima prestazione deludente di Cassell e la necessità di invertire la rotta di una stagione ormai quasi definitivamente compromessa, hanno obbligato il coaching staff ad anticipare i tempi, e costretto il capo allenatore a prendere una decisione dolorosa per salvaguardare anche il proprio posto di lavoro.

D’altronde, Ponder, è stato sempre l’uomo di Leslie Frazier, e scegliere di accantonarlo, da quanto trapela da fonti vicine alla squadra, non è stato per nulla facile per l’ex defensive coordinator, che pare sia stato accompagnato verso questa scelta da Spielman e dagli stessi fratelli Wilf; lui stesso, punzecchiato dai cronisti sul peso del suo ruolo all’interno dell’organizzazione Vikings, ha parzialmente confermato il fatto, spiegando che “scegliere chi sarà lo starting quarterback è una cosa che va al di la del semplice ruolo di allenatore, perché ne va di mezzo tutta la franchigia.

Una franchigia da anni alla ricerca di un franchise quarterback.

2 thoughts on “Freeman, ultima spiaggia per Frazier e i Vikings

  1. La stagione dei Vikings sta andando talmente male che ci si interroga su una possibile trade riguardante Peterson

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