Inutile compiere giri inutili di parole e nascondersi ciò che figura reale davanti agli occhi di tutti: nelle ultime tre decadi, i Detroit Lions non sono stati rilevanti. Punto.
Tuttavia, tastando il polso alla franchigia dopo i disastri dell’era Matt Millen, non si possono non notare i progressi registrati dalla squadra della Motor City, che ha ricostruito bene dopo anni di selezioni altissime gettate al vento, dopo aver subìto l’onta del primo 0-16 nella storia della Nfl, raccogliendo i cocci di un insieme di programmi e prospettive che non sono mai stati rispettati.
Quest’anno la musica che suona sembra essere diversa, e pazienza se due concorrenti divisionali stanno od hanno giocato alcune partite senza due registi a dir poco fondamentali come Jay Cutler ed Aaron Rodgers e se i Vikings hanno fatto marcia indietro nei loro progressi, i Lions sono in cima alla Nfc North per meriti loro più che per demeriti altri.
Sono una squadra ancora probabilmente lontana dall’essere in competizione per un Super Bowl, hanno un attacco molto potente e finalmente non più mono-dimensionale che può colpire a ripetizione e rimontare partite impossibili (vero Dallas?), posseggono una difesa molto consistente nel front seven e molto labile nelle secondarie – caratteristica questa abbastanza costante nelle edizioni degli anni più recenti – hanno nel complessivo una sommatoria di caratteristiche positive che portano a pensare che sia per loro giunta l’ora di effettuare il cosiddetto passo successivo e cominciare a costruire sugli evidenti miglioramenti che l’era di Jim Schwartz ha portato in città.
Domenica scorsa, è rimasta fissa in testa anche l’impressione che i Lions abbiano passato un esame di maturità molto importante, quello dell’imparare come si vince una partita combattuta contro una rivale divisionale che ti conosce a menadito. E grazie a ciò, per la prima volta dopo lunghissime epoche storiche, possono controllare il loro destino da qui alla fine del campionato, e sottoporsi ad ulteriori test sulla loro effettiva consistenza mentale.
Non che Detroit non avesse mai raggiunto la prima posizione divisionale in questi ultimi anni, c’era riuscita provvisoriamente nel 2005 durante la quinta settimana di gioco, ma non si era mai trovata nella posizione di vedere la strada spianata per la post-season, ottenibile in automatico in caso di vittoria del raggruppamento, compito altrimenti molto più impervio in caso di raggiungimento di un secondo posto, perlomeno a giudicare dalla folta concorrenza ad oggi riscontrabile.
I Lions non hanno vinto tutte le battaglie ma ne hanno portate a casa la maggior parte, quanto basta per godere di una partita di distacco sia su Chicago che su Green Bay, con sole due sfide da giocare in division (Packers e Vikings) e quattro delle rimanenti sette partite da disputare contro contendenti dal bilancio negativo. Non che in Nfl sia facile vincere contro un’avversaria ferma ad un 1-5 qualsiasi, chiaro, ma se non altro la prospettiva alleggerisce il pensiero.
Domenica Detroit ha completato uno sweep dei Bears che in altri tempi sarebbe stato impensabile, anche se è corretto denotare che la gara serve altresì quale ennesimo esempio di come Schwartz ancora non abbia installato il giusto livello di disciplina ai suoi giocatori, ma questa è un’altra storia e ne parleremo tra poco. Chi vuol essere vincente deve imparare a reagire alle avversità, a giocarsela quando il cronometro diventa un implacabile nemico, quando la situazione porta su la pressione e sembra di non potercela fare, ma si trova comunque la strada giusta per la vittoria.
Benvenuti nel club, Lions.
Detroit ha dimostrato di saper sopravvivere in ambienti scomodi come lo può essere il nuovo Soldier Field nel mese di novembre, di poter vincere anche con un Matthew Stafford sì autore di 3 mete ma bloccato al 51% di passaggi completati. Ha provato di poter riuscire in un’autentica impresa, quella di contenere Matt Forte, un giocatore polivalente come pochi, a 33 yards in 17 tentativi ed a sole 16 yards su ricezione, pur soffrendo da matti l’impotenza delle secondarie nell’impedire dei generosi lasciapassare per i big play firmati da Marshall e Jeffery, e da tanti altri ricevitori nelle settimane precedenti a questa.
Hanno infine dimostrato che l’aggiunta di Reggie Bush nel backfield era tutto ciò che bastava per far girare diversamente un attacco già potente di per sé, e pazienza se le statistiche dicono che il gioco di corse staziona nella metà bassa della Nfl, interessano di più le giocate elettrizzanti (e soprattutto lunghe) che Bush può portare improvvisamente sia a terra che su ricezione, e questo suona tanto di tassello mancante per salire quel gradino in più.
Ai Lions, questo ci dice la gara di domenica, non serve solo ed esclusivamente segnare tantissimo per vincere. E’ loro sufficiente tenere in equilibrio la partita anche nelle giornate storte, e colpire con il drive giusto quando conta.
Hanno fatto vedere versatilità nel sapersi adattare alla situazione e all’avversario, contro i Bears si è vista una squadra capace di organizzarsi tatticamente e mentalmente nelle serie di giochi più importanti, come quella che ha portato al contro-sorpasso di Chicago negli ultimi due minuti e mezzo del quarto periodo, e con il punteggio in bilico hanno sfruttato al massimo l’errore di Chicago, letto da Stafford prima dello snap, di tenere Sua Maestà Megatron in singola copertura contro l’ottimo Tillman, scavandosi automaticamente la fossa.
Detto questo, Detroit deve imparare ad usare la testa, perché le questioni disciplinari sono sempre in primo piano, specialmente per una squadra che annovera Ndamukong Suh a roster e che per questo viene scrutinata sempre da vicino. Valgano da esempio due penalità potenzialmente costosissime in altre situazioni di punteggio, in quanto nel caso specifico i Bears dovevano convertire in questo caso da due punti per pareggiare, ma se avessero vinto con un field goal il peso delle infrazioni sarebbe conseguito in una sconfitta evitabile.
Nick Fairley che si procura una violenza non necessaria nella serie decisiva non è il massimo, anche se poi si è fatto perdonare con un sack nell’azione successiva e con un grande placcaggio su Forte nella conversione da due fallita da Chicago. E non lo è nemmeno il roughing the passer comminato a Willie Young proprio nel tentativo appena citato, che ha portato alla ripetizione di un’azione che era terminata con un incompleto, e quindi con la vittoria già in tasca.
Detroit sta crescendo e maturando, e sta imparando come ambientarsi nel novero delle grandi squadre. Per completare questo processo a tutto tondo, è comunque necessario pensare prima di agire istintivamente, e lasciar perdere di tanto in tanto il placcaggio intimidatorio che in altre circostanze ci può anche stare, perché in quelle sbagliate può addirittura costare un’eliminazione dai playoffs. Nel football basta un singolo gioco non ragionato bene per perdere. E se perdi nel momento sbagliato, posso essere guai. Se ne va il lavoro di un anno intero.
I Lions hanno ad ogni modo passato un esame importantissimo la scorsa domenica. Per quante belle cose ci abbiano mostrato, è già ora di affrontarne degli altri, e far vedere che si è imparato dagli errori.
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
Ottimo articolo, informato e condivisibile nelle analisi fatte. Direi che, mediamente, la squadra quest’anno si e’ ben rafforzata attraverso il draft (come sempre fatto nelle ultime stagioni) e agendo anche in modo puntuale (ed efficace) in free agency. Manca evidentemente ancora qualche tassello per divenire dei seri competitor ma pare si sia ripreso il discorso iniziato con la qualificazione ai playoff del 2011. Come giustamente nota Dave il problema della disciplina e’ ancora molto importante e, spesso, sanguinoso in termini di penalità prese; qui il coaching staff deve fare molto di più. Al contrario sorprende positivamente la solidità mentale della squadra…le ultime due W con Dallas e a Chicago sono arrivate da un team lucido e concentrato sino all’ultimo secondo, cosa impossibile sino a qualche settimana addietro; questo e’ certamente un segnale importante che fornisce qualche speranza per il futuro.