La corsa ai playoffs della Afc, non tanto diversamente da quanto accaduto ai cugini della National Football Conference, è stata davvero pazza. A poche ore dall’ultima giornata di regular season sono difatti già assegnate diverse qualificazioni per la post season, cinque delle sei disponibili, ma quell’ultimo posticino disponibile è conteso all’attualità delle cose da ben tre squadre, due delle quali, Pittsburgh e San Diego, sono ancora miracolosamente in vita.

sfl-photos-miami-dolphins-patriots-20131215-006La vita, invece, qualcuno se l’è complicata fortemente. Se il campionato fosse terminato domenica scorsa, i Miami Dolphins sarebbero sicuri della loro qualificazione in virtù del mantenimento del sesto posto, l’ultimo a disposizione, grazie al vantaggio dato dal record accumulato contro altre avversarie di conference durante l’anno, bilancio che corrisponde ad un buonissimo 7-4, vale a dire una partita di vantaggio su Baltimore (6-5 contro la Afc) a parità di record globale, ma proprio nel momento in cui la squadra allenata da Joe Philbin si vedeva tessere lodi da qualsiasi angolo d’ America per il grande lavoro svolto dall’ex assistente dei Green Bay Packers, è giunta un’inopinata sconfitta contro i rivali divisionali di Buffalo, un’avversaria né irresistibile e né da temere, fatto che ha permesso ai Dolphins di mangiarsi una qualificazione che sarebbe oggi certa.

C’è però un grande ma. I Ravens hanno battuto Miami durante la regular season, e se ambedue le squadre vincessero domenica, passerebbe ai playoffs la squadra di John Harbaugh. Per evitare questo, Miami deve vincere e Baltimore dev’essere contemporaneamente sconfitta da Cincinnati, in sostanza per i Dolphins è letale mantenere lo stesso identico record dei Ravens, a meno che non vinca anche San Diego e si formi la cosiddetta parità a tre. Ecco che, non essendosi affrontati Chargers e Ravens nella presente regular season, non si possono eseguire tie-breaker legati a scontri diretti per chiara mancanza di imparzialità nel parametro usato, ma conta solo il record di conference. E qui Miami passa.

E’ in questo momento dell’anno che le peggiori sconfitte pesano più di quelle onorevoli. Miami ha combattuto alla grande contro una delle compagini più in forma della Nfl, Carolina, uscendo con una partita persa per soli quattro punti, ha battuto New England in quella che è stata definita da qualcuno come la gara della consacrazione di Ryan Tannehill, il sui secondo anno è stato un qualcosa di veramente positivo, ma in precedenza aveva subìto pesanti battute d’arresto come quella contro Tampa Bay, cui  i Dolphins all’epoca concessero da galantuomini la prima affermazione stagionale, nonché l’ultima in ordine cronologico, un vero e proprio disastro combinato contro i Bills, i quali non hanno concesso alcun punto ai loro storici rivali di division e li hanno lasciati a 103 yards appena di total offense, ad una sola settimana di distanza da una gara a dir poco maiuscola di Tannehill, che a Foxboro aveva inanellato 312 yards e 3 passaggi da touchdown, mostrando un’ottimale precisione nel profondo, un aspetto del suo gioco venuto totalmente a mancare domenica scorsa grazie alla capacità dei Bills nel mettergli tremenda pressione addosso.

Ora si presenta la sfida dei Jets, che sono già matematicamente eliminati dalla corsa ai playoffs nonostante il loro 7-8 li ponga nella stessa identica posizione di Pittsburgh, contro cui New York ha perso però lo scontro diretto della sesta settimana di campionato. I ragazzi di Rex Ryan non renderanno certo vita facile a Miami, hanno più volte dimostrato di essere altalenanti ma anche molto pericolosi se in giornata, e Ryan vuol convincere il suo datore di lavoro di meritarsi un altro anno alla guida della sideline bianco-verde.

flaccoChi andrebbe a beneficiare di una sconfitta dei Delfini è certamente Baltimore, l’attuale campione in carica fino a che la matematica non dirà il contrario. Annata strana, quella dei Ravens, che sono partiti davvero con il piede sbagliato dovendo digerire un sacco di perdite causate da ritiri eccellenti e decisioni manageriali forse un pò troppo avventate – Anquan Boldin regalato ai 49ers grida ancora giustizia in qualche angolo della città di Edgar Allan Poe – ma nella seconda parte del campionato è pervenuto un evidente riscatto, segno che John Harbaugh non aveva proprio tutta questa voglia di mancare la post season per la prima volta da quando allena a Baltimore. La chiave di volta è stata sicuramente rappresentata dalle quattro vittorie consecutive ottenute a cavallo tra la dodicesima e la quindicesima settimana, ma anche in questo caso, alla pari di Miami, i Ravens sono caduti sul più bello, anche se tale caduta è stata attutita dall’impresa dei Bills. A parziale giustificazione dei Ravens c’è l’aver incontrato una squadra in grandissima forma come New England, che ha seppellito Flacco e soci sotto 41 punti, demolendo l’unica certezza di Harbaugh: la difesa. Rimaneva difatti solo quella, in una stagione dove Flacco ha più intercetti che passaggi da touchdown non riuscendo a far seguito alla grande post season scorsa (ed al conseguente contratto siglato), e dove Ray Rice (sì, Ray Rice) ha corso per 3.1 yards a portata e per nemmeno 700 yards.

Dentro o fuori, Baltimore non è certamente la squadra che ha vinto l’anno scorso, ed appare assai improbabile una cavalcata che possa ripetere le imprese del gennaio passato.

Poi arrivano le funamboliche combinazioni che possono dare speranza a chi era già stato dato per perso.

Gli Steelers ad un punto di questo campionato erano a 2-6, una squadra giudicata irrimediabilmente da ricostruire, ma nessuno ha fatto i conti con la qualità più grande che questo gruppo ha dimostrato: l’orgoglio.

A Pittsburgh si è seriamente organizzati, si sopravvive alle voci di richiesta di trade da parte del proprio franchise quarterback (per quanto smentite, possono sempre essere un fastidio per lo spogliatoio) e alle irregolarità di coach Tomlin, che ha avuto delle cadute di stile che mai da un tough guy come lui ci saremmo attesi, fatto sta che gli Steelers non hanno smesso di crederci, e per quanto male abbiano giocato in alcuni frangenti va dato loro credito per questo. Roethlisberger, Antonio Brown, il rookie Le’Veon Bell ed una difesa aerea convincente hanno permesso il salto di qualità nel finale di stagione, magari non basterà, ma se non altro gli Steelers dire di essere arrivati a tanto così (per passare, dovrebbero sperare nelle contemporanee sconfitte di Ravens, Dolphins e Chargers) da una qualificazione che pareva un miraggio, e che loro non si sono lasciati sormontare dalle difficoltà, reagendo a chi criticava una franchigia già destinata alla fossa dopo metà delle partite disputate quest’anno.

riversInfine San Diego, reduce da un 4-1 insospettabile perché maturato contro due avversarie divisionali che avevano dominato in lungo ed in largo il raggruppamento, Kansas City e Denver. La battaglia vinta per 41-38 contro i Chiefs, che andranno affrontati nuovamente domenica, è stata l’iniezione di fiducia necessaria, la grande affermazione contro Peyton Manning ed i suoi favolosi ricevitori è stata la piacevole conferma che Philip Rivers ha ritrovato se stesso dopo il cambio di coaching staff, che Ryan Mathews è forse pronto per dimostrare di essere valso una chiamata al primo giro, e che l’equilibrio offensivo (e spedire Norv Turner il più lontano possibile) era tutto ciò di cui questa franchigia aveva bisogno per girare l’angolo. Anche qui non c’è esenzione da rimpianti, sarebbe bastata una vittoria in più per entrare da favoriti nella diciassettesima settimana, ma la sconfitta contro Houston (2-13) nella prima settimana pesa come un macigno.

I Chargers dovranno così vincere obbligatoriamente e quindi sperare nella doppia sconfitta di Ravens e Dolphins, e potrebbero svignarsela con l’ultimo biglietto per il sogno in tasca. Difficile, molto difficile, ma non impossibile.

Sarà una domenica di grande tensione.

Buon divertimento!

 

One thought on “AFC: in quattro per un solo posto

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