L’affermazione riportata dal titolo potrebbe sembrare affrettata, imprudente, ma l’osservazione costante del finale di stagione giocato dai Seattle Seahawks indica che i ragazzi di Pete Carroll sono tutt’altro che pronti a lasciare a qualcun altro il titolo conquistato oramai un anno fa.
Il Super Bowl non viene necessariamente vinto dalla squadra che fa registrare la miglior regular season, in questi ultimi anni molte cavalcate alla Grande Danza sono state effettuate da compagini entrate ai playoffs dalla porta di servizio, quindi, a volte, conta di più essere al top della forma al momento giusto che non scrivere numeri da record per poi cadere ad un metro dal traguardo.
E’ per questo che ci vengono in mente i Seahawks. La squadra che detiene il titolo ha il miglior record della Lega, 12-4 – condiviso con altre quattro rivali – ha ottenuto la prima posizione assoluta della NFC regalandosi una mini-vacanza per il primo round di partite, ma soprattutto è arrivata al momento dove il pallone cotta davvero con uno stato di forma assolutamente invidiabile.
Momento al quale la squadra è approdata non senza enormi fatiche, dato che nel mese di ottobre, come è di abitudine per la stampa, era stata liquidata come in crisi ed incapace di ripetere lo stesso cammino di dodici mesi fa. Due sconfitte consecutive, addirittura tre nel giro di un mese abbondante, un rendimento genericamente inferiore alle aspettative soprattutto in difesa, la vera chiave dei successi di Carroll e compagnia, la criticata trade di Harvin, erano tutti elementi che avevano portato a pensare che il troppo apparentemente tranquillo posticino al sole di Seattle nella griglia della NFC fosse addirittura in pericolo.
E’ già successo a tante squadre di approdare al Super Bowl un anno per poi non qualificarsi nemmeno per i playoffs la stagione successiva, nei tempi recenti una continuità simile l’hanno dimostrata solo la solita New England della premiata ditta Brady-Belichick, e la San Francisco del neo head coach dell’università di Michigan, Jim Harbaugh. Per questo, i Seahawks sono ripartiti da zero, si sono nuovamente auto-motivati ed hanno risposto da campioni.
Campioni in carica, per l’appunto.
La seconda parte della regular season appena terminata parla chiaro. I Seahawks hanno chiuso con sei vittorie di fila, nove successi nelle loro ultime dieci uscite, e l’ultimo passo falso risale allo scorso 16 novembre, una sconfitta a Kansas City per 24-20. Hanno lottato con le unghie per rimontare dalla fossa che si sono scavati loro stessi, complicandosi non poco la vita: nessuno avrebbe detto, ad ottobre, che sarebbero stati loro il seed numero uno della NFC. Invece loro sono ancora lì, grazie ad una difesa che ha tirato fuori gli attributi e ottenuto qualcosa di storico, ovvero la terza stagione consecutiva chiusa con la minor media di punti concessi, impresa che eguaglia i grandi Minnesota Vikings degli anni sessanta/settanta, che schieravano i temibili Purple People Eaters.
Crisi o meno, il fatto rimane lo stesso: chiunque voglia andare al Super Bowl nella NFC, deve passare dal temibile CenturyLink Field.
Il fine settimana ci darà modo di dare una prima valutazione alle contendenti, anche se pare già possibile tracciare una linea netta paragonando le diverse qualificate di entrambe le Conference.
Nella NFC sembra che il ruolo dell’antagonista principale possa essere giocato solamente da Green Bay o da Dallas.
I Packers, sconfitti nell’opener stagionale proprio da Seattle, avrebbero parecchia voglia di un rematch e sono preoccupati dall’infortunio occorso al polpaccio di Aaron Rodgers, buona cosa che la squadra tornerà in campo solamente tra due settimane, avendo ottenuto il secondo ed ultimo diritto alla bye week. Rodgers, in qualsiasi condizione fisica gli permetta quantomeno di camminare, si è però sempre dimostrato letale, ed in casa è una macchina perfetta, fatto che potrebbe dare un certo qual numero di garanzie per il passaggio al Championship. I Cowboys, invece, giocano meglio lontano dal loro impianto (8-0 quest’anno), e dato che Romo, Murray e Bryant stanno tentando di impersonificare al meglio Aikman, Smith e Irvin, da loro ci i può aspettare praticamente tutto. E la trasferta a Seattle certo non li intimidisce, dato che lì hanno già vinto in regular season, l’unico dubbio sarà capire come reagirà la squadra sotto grande pressione, dato che il discusso Garrett non ha mai allenato una gara di postseason.
Per il resto, non crediamo che la pur fortissima difesa dei Cardinals possa fare miracoli dinanzi ad un gioco offensivo che poggia le proprie speranze sul terzo quarterback e sulla totale assenza di un gioco di corse credibile, Carolina non dovrebbe nemmeno essere da queste parti ma le regole sono queste e vanno accettate, e Detroit, per quanto si sia vista migliorata sotto la gestione Caldwell, non sembra matura per fare tanta strada.
Dall’altra parte, sempre loro. Brady e Belichick, impegnati nell’ennesima avventura di un’abbinata che ha prodotto tre anelli, ma anche tre partecipazioni consecutive al Championship della AFC dal 2011 ai giorni nostri, che nonostante l’assenza di ulteriori trofei rappresentano uno straordinario segno di continuità nell’era della free agency, dove molte squadre hanno accumulato talento solo per veder naufragare tutte le loro speranze. L’attacco dei Patriots può vincere le partite lanciando per tutta una gara e correndo in modo massiccio in quella successiva, e la difesa è miglioratissima rispetto alle ultime edizioni, grazie all’addizione di un campione come Darrelle Revis, ma anche con i contributi tangibili di difensori meno noti come Rob Ninkovic e Jamie Collins. E se Rob Gronkowski è a posto fisicamente, com’è in questo momento, sono dolori per chiunque.
La peculiarità dei Patriots appartiene offensivamente anche ai Broncos, altra testa di serie da 12-4, che in alcune recenti partite si sono permessi il lusso di risparmiare l’affaticato braccio di Peyton Manning (non da record quest’anno, ma c’è chi ucciderebbe per lanciare 39 TD pass) per sguinzagliare un gioco di corse assolutamente sorprendente, come non lo si vedeva dai tempi di Mike Shanahan. Nonostante gli infortuni, che hanno tolto dalla scena Montee Ball e Ronnie Hillman, la filosofia del next man up funziona ancora sulle Montagne Rocciose, dato che Cortrelle Javon Anderson, per tutti C.J., ha tirato fuori una stagione da 849 yards su corsa, 324 su ricezione, e 10 mete totali nel momento più importante dell’anno, “dall’alto” del suo status di undrafted free agent pescato da Elway nel 2013. Se conoscete un minimo di storia dei Broncos, i nomi di Olandis Gary e Mike Anderson dovrebbero ricordarvi una situazione molto simile. E farvi sorridere.
Anche qui la linea pare ben marcata, e le aspettative sono quindi tutte poggiate sull’ennesimo capitolo del duello tra Brady e Manning, il quale rappresenta il Championship che tutti desiderano vedere, e la qualità delle due squadre parrebbe indicare proprio verso quella direzione. D’altro canto, pare improbabile una corsa al titolo da parte di una delle ben tre rappresentanti della AFC North, che ha visto Pittsburgh e Baltimore vivere su una discontinuità terribile (gli Steelers hanno l’aggravante dell’infortunio a Le’Veon Bell), e Cincinnati avere ancora troppo da dimostrare prima di poter pretendere di essere presa in forte considerazione per il Super Bowl, visto che Andy Dalton è ancora atteso alla sua prima vittoria importante di carriera. Resterebbe fuori il grande Andrew Luck, il jolly, il quale dovrà aiutare i Colts a scrollarsi di dosso un’identità a dir poco antipatica, quella di aver collezionato tante stagioni vincenti per il solo fatto di aver giocato in una Division a dir poco mediocre (basti pensare a Jaguars e Titans, ed il resto vien da sè).
Quindi, non è affatto scontato che Seattle abbia già in mano le carte necessarie da giocarsi per vincere di nuovo la posta più grossa, ma la combinazione che i Seahawks si portano appresso (stato di forma + record) sembra poterli indicare come favoriti per un’impresa titanica, quella del back to back, un qualcosa che in NFL negli ultimi vent’anni è riuscito solamente a tre squadre: New England, Denver e Dallas, guarda caso, le rivali più accreditate per infastidire Russell Wilson e compagni.
Sarà una battaglia, come sempre all’ultimo touchdown, difeso o segnato. E quest’anno promette di essere assolutamente entusiasmante.
Buoni playoffs a tutti!
Davide Lavarra, o Dave e basta se preferite, appassionato di Nfl ed Nba dal 1992, praticamente ossessionato dal football americano, che ho cominciato a seguire anche a livello di college dal 2005. Tifoso di Washington Redskins, Houston Rockets e Florida State Seminoles. Ho la fortuna di scrivere per questo bellissimo sito dal 2004.
complimenti per l’ottima analisi.
io la vedo un po così: afc abb scontata finale patriots-broncos, unica sorpresa gli steleers.
nfc più difficile: è vero seattle strafavorita, difesa in forma e qb giusto per po e fattore campo, però dallas e gb sono appena sotto. peccato per i cards…con palmer e la possibilità di giocare superbowl in casa avrebbero avuto una carica enorme. Detroit nn mi ha mai convinto e carolina lasciamo stare.
spero in finale seattle contro gb, gran difesa contro il miglior qb per distacco della lega.
poi superbowl sfida (spero) arod-brady.
Seattle….la mia opinione è….LINEA. Contro Seattle..bisogna tenere in campo la loro difesa….affrontarla a viso aperto correndole in faccia…portarla all’ultimo quarto con tanti minuti sul groppone… Quindi la Linea d’attacco diventa fondamentale più di sempre. La squadra con le caratteristiche migliori è Dallas…grande corsa e gran qb. Per le altre la vedo dura. Se arrivano alla partitissima….vedo bene solo New England…solo perchè c’è Gronko che a mio avviso diventerebbe in grandissimo problema anche per loro.