Le strade dei Denver Broncos e di Gary Kubiak sono evidentemente destinate ad incrociarsi, più e più volte. E’ un pensiero abbastanza logico, riflettendo sul passato del coach ed a tutte quelle circostanze in cui il suo nome è rimasto legato a doppio filo a quello della franchigia delle Montagne Rocciose. La quale, attraverso la decisione di assumerlo, ha risolto con un netto colpo di spugna un problema urgente emerso in una situazione divenuta improvvisamente frenetica, caotica.

L’eliminazione casalinga contro Indianapolis ha difatti provocato cataclismi impensabili all’interno dell’organizzazione sapientemente gestita da John Elway, ha gettato dubbi sul futuro della carriera di Peyton Manning, ha fatto propendere coach John Fox per l’esplorazione di altri lidi una volta compreso che le parti avevano dato tutto l’una per l’altra e che era ora di cambiare per entrambe, e gettato i Broncos sulle piste di un nuovo head coach, possibilmente in grado di vantare credenziali capaci di impressionare Manning, e fargli tentare un’ultima scalata al Monte Everest NFL.

kubiakChi si è avvicinato al football nell’ultima decade ricorda certamente Kubiak quale capo allenatore degli Houston Texans, la franchigia più giovane della National Football League, che lui stesso ha portato a traguardi mai visti: la prima stagione non perdente di sempre (8-8, campionato 2007), la prima vittoria della AFC South e la conseguente prima qualificazione ai playoff della storia (2011), la prima vittoria in postseason (ancora 2011), fino a chiudere con il miglior bilancio di sempre (12-4, anno 2012).

Una storia terminata con 61 vittorie e 64 sconfitte ed un bilancio di 2-2 ai playoff, chiusa prima del termine di un’annata disastrosa, il 2013, dove Houston (2-11 al momento del licenziamento) avrebbe concluso quale peggior squadra NFL, godendo conseguentemente della prima scelta assoluta per l’anno successivo.

Gary Kubiak, prima di scrivere importanti pagine di storia per i Texans sfruttando ogni insegnamento del suo mentore, Mike Shanahan, aveva precedentemente rivestito ruoli molto importanti per i Denver Broncos, condividendo con loro gli ultimi momenti di grande successo che la franchigia ricordi, istanti guarda caso coincisi con la trionfale uscita di scena dell’Elway giocatore.

usa-today-3304231.0Kubiak ed Elway hanno vissuto a stretto contatto per tantissimi anni, in ruoli prima uguali e poi differenti, vivendo gli stessi alti e bassi, provando le stesse gioie ed i medesimi dolori. Venivano dallo stesso Draft, quello memorabile dell’annata 1983, con una differenza abbastanza notevole a separarli: John Elway era la grande speranza di tantissime squadre che cercavano il loro franchise-quarterback del futuro, e venne difatti selezionato al numero uno assoluto dai Baltimore Colts prima di ingaggiare una lotta all’ultimo sangue – per Baltimore non voleva assolutamente scendere in campo – e forzare una trade che lo portò dritto in Colorado. Kubiak, pari ruolo, sentì invece il suo nome chiamato direttamente dalla dirigenza di Denver, ma questo avvenne all’ottavo giro. Cominciò così una lunga carriera da backup di Elway, nove lunghi anni nei quali Gary scese in campo solamente cinque volte con un record di 3-2, gestendo partite anche importanti, dimostrando tutto il sottostimato valore contenuto in una buona riserva.

Fu parte integrante di una squadra che conquistò la vetta della AFC per tre anni, ma che non riuscì mai a vincere il Super Bowl.

Si sarebbe rifatto più tardi, in qualità di allenatore.

Dopo una breve esperienza da coordinatore dei running back presso la sua alma mater, Texas A&M, Kubiak si trovò nel medesimo staff di Shanahan, che in quel momento, nel 1994, era l’offensive coordinator dei San Francisco 49ers, i quali avrebbero distrutto i San Diego Chargers nel Super Bowl XXIX dopo una regular season a dir poco dominante. Gary era il coach dei quarterback di quella squadra, in un campionato dove Steve Young vinse l’Mvp sia della stagione regolare che della finalissima.

Shanahan lo portò senza indugi con sé quando venne chiamato ad essere il nuovo head coach dei Denver Broncos, e gli diede la responsabilità di allenare i quarterback e contemporaneamente vestirei panni del coordinatore offensivo. Da backup di Elway, Kubiak diventò il suo allenatore di reparto, e la storia susseguente è ben conosciuta. I Broncos avrebbero sconfitto il tabù del Super Bowl conquistando il Vince Lombardi Trophy per due anni consecutivi, gli ultimi che Elway avrebbe disputato da giocatore, e l’estrema bontà delle idee offensive di Kubiak avrebbe condotto l’ex backup ad una serie di interviste per un ruolo più importante, quello di head coach, spianandogli proprio la strada per Houston.

Passiamo ai tempi più recenti. Dopo una stagione trascorsa da offensive coordinator dei Ravens, che raramente sotto John Harbaugh avevano posseduto un attacco così esplosivo e ricco di soluzioni nonostante l’improvvisa assenza di Ray Rice, il destino di Kubiak e di Denver si incrocia per la terza volta. Chi lo assume è il compagno di sempre: il general manager John Elway.

gary-kubiak-012015-getty-ftrjpg_11wynubkulmap11k54t0onted8La familiarità con l’ambiente ed il curriculum vincente sono i due fattori che hanno portato la dirigenza arancio ad eseguire questa importantissima scelta. Oltre a questo, Kubiak è un allenatore dalle note e spiccate doti offensive, e potrebbe rappresentare la soluzione ideale per allungare di un anno la carriera di Manning. Come Shanahan, difatti, il neo-head coach dei Broncos pratica la West Coast Offense, un sistema che Manning non ha mai giocato, ma che potrebbe garantirgli di non praticare sforzi eccessivi al braccio ed al collo, basandosi esso su guadagni medio-piccoli e sistematici. E’ necessaria qualche modifica, chiaro, dato che il sistema utilizza spesso le bootleg, ovvero le finte di corsa con conseguente sprint da un lato del quarterback e lancio verso il ricevitore smarcato, azioni che la scarsa mobilità di Peyton preclude a priori, ma l’enorme esperienza offensiva di Kubiak permette di presumere che il coach sia perfettamente in grado di adattare i propri schemi alle caratteristiche fisiche di quello che Denver spera sia ancora il proprio quarterback.

Oltre a ciò, esiste anche un aspetto da non sottovalutare: uno degli strumenti più interessanti che ha decretato il successo sia dei vecchi Broncos che dei Texans, è il sistema di bloccaggi a zona utilizzato da Shanahan e Kubiak per far produrre il gioco di corse, un sistema che ha fatto le fortune di Terrell Davis, di Arian Foster, e di tanti giocatori poco conosciuti (recentemente Alfred Morris a Washington) che hanno scritto le loro migliori statistiche di carriera utilizzando questi princìpi. Avendo i Broncos trovato in CJ Anderson un running back fisico, perfetto per cercare il buco, tagliare ed involarsi dritto e forte, un sistema offensivo imperniato a terra senza necessariamente riproporre numeri aerei fantascientifici potrebbe essere un toccasana per far vivere a Manning una stagione meno tribolata dal punto di vista dei colpi subiti.

Certo, queste sono tutte supposizioni srotolate in attesa della decisione più importante di tutte, quella del ritorno in campo o meno di un quarterback degno della Hall Of Fame. Al di là di questo, per filosofia, dimestichezza con l’ambiente e risultati ottenuti in carriera, Gary Kubiak sembra proprio l’assunzione che serviva ai Broncos per restare ai piani alti della NFL, con o senza Peyton Manning.

In un momento di difficoltà, i Broncos si sono rivolti ancora una volta a lui, proprio come quando avevano bisogno di farlo subentrare ad Elway, ottenendo spesso un risultato vincente. Ed anche in questo caso, lassù nell’aria rarefatta, tutti sperano che pure l’epilogo di questa nuova storia possa essere contornato di successi.

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