E’ un davvero un peccato che una così consistente dose di sfortuna si sia abbattuta sopra ai malcapitati Dallas Cowboys, se non altro perché da anni la squadra ha lottato con dei risultati non consoni al talento che possiede, riuscendo ad uscire in parte dal vortice durante lo scorso anno facendo intuire di essere davvero maturata e pronta ad eseguire passi finalmente rispettosi delle tante attese.

tony-romo-fletcher-cox-jordan-hicks-623f6d5412dde6a4L’America’s Team è spesso stato etichettato quale delusione in questi recenti campionati, perché nonostante le grandi potenzialità dimostrate non si è mai andati oltre il secondo round di postseason, senza realmente insidiare i posizionamenti di prestigio che altre franchigie hanno raggiunto in una molteplicità di occasioni. Tony Romo ha passato intere stagioni sotto la mira dei critici prendendosi un’enormità di responsabilità – talvolta non sue – lavorando sodo per aggiustare i suoi errori, gli intercetti commessi in momenti delicatissimi delle partite, i finali di stagione promettenti ma irrimediabilmente rovinati al foto-finish, conseguiti in una postseason improvvisamente venuta a mancare come la terra sotto i piedi, quando tutto frana lasciando completamente spiazzati.

Tutto questo sembrava oramai lontano.

Romo, durante tutto lo scorso campionato e nelle due gare disputate in quello attuale aveva fatto registrare un’efficienza come mai in carriera aveva potuto vantare, figlia di un attento studio dei filmati suoi e degli avversari, e la contemporanea presenza di Dez Bryant e di un DeMarco Murray finalmente distante dagli infortuni aveva sinceramente fatto pensare ad una felice riedizione del trio Aikman-Smith-Irvin, una consistenza ulteriormente suggellata dall’abile costruzione di una delle migliori linee offensive in circolazione.

Nel momento in cui scriviamo Dallas è 2-0, ma è persino troppo chiaro di come l’orizzonte si sia immediatamente oscurato a seguito della partita di domenica scorsa contro Philadelphia, quando in aggiunta al già assente Dez Bryant (piede rotto) è arrivata la pesantissima tegola della rottura della clavicola per Romo, la seconda della sua carriera. Ricordando quanto successo in offseason, quando la dirigenza dei Cowboys si trovò costretta a scegliere uno tra Bryant e Murray lasciando che il forte running back si accasasse proprio agli Eagles, il conto è presto fatto: in questo preciso istante di quel fantastico trio non è rimasto più niente, e per le prossime settimane la squadra si dovrà offensivamente barcamenare come meglio riuscirà.

ginsider14s-1-webCostretti a correre ai ripari, Jerry Jones e soci si sono dovuti accordare con Buffalo e farsi recapitare Matt Cassell in fretta e furia aggiungendo un backup di vitale importanza a colui che diverrà ora il titolare per i prossimi tempi, quel Brandon Weeden ricordato per aver rappresentato una scommessa da primo giro assai errata da parte dei Cleveland Browns. Questo accade nel momento stesso in cui i Cowboys erano già alle prese con la risoluzione di alcuni problemi fondamentali a livello offensivo, in quanto il vuoto lasciato da Murray, come prevedibile, ha tolto la sontuosa produzione nel gioco di corse di cui la squadra godeva esattamente dodici mesi fa creando imprevedibilità e versatilità, e nonostante due gare siano troppo poche per imbastire giudizi definitivi è evidente che nessuno tra Joseph Randle, Darren McFadden e Lance Dunbar abbia dimostrato di poter essere un feature back quantomeno decente, schiacciando Dallas al ventesimo posto per yard su corsa di media per uscita, con le 3.4 yard per tentativo sinora registrate da Randle risultanti quale miglior statistica tra i running back a roster. Un grosso problema se si pensa che ora la strategia offensiva dovrebbe virare pesantemente proprio in direzione del backfield, sfruttando una linea di grande talento e mettendo Weeden nelle condizioni di gestire la partita senza fare straordinari che andrebbero altrimenti a provocare dei potenziali disastri.

Una situazione che così descritta parrebbe nulla meno che disastrosa, ma una buona notizia c’è, e si chiama difesa. La tanto discussa difesa, quel reparto che ha il suo peso nell’aver contribuito a qualche fallimento recente di Dallas, il punto debole su cui tutti fanno affidamento per sostenere che alla squadra mancava sempre qualcosa per arrivare fino in fondo.

Anche in questo caso due settimane di football giocato rappresentano tutto e niente, ma una direzione è in ogni caso tracciabile. Ed il tutto vira verso un netto miglioramento nei due settori che facevano soffrire maggiormente il reparto, vale a dire le secondarie e l’efficienza dei linebacker nel difendere i passaggi.

Nonostante la prematura perdita di Orlando Scandrick per la rottura del crociato anteriore, le cose sono andate oltre le più rosee previsioni soprattutto grazie alla coppia di safety formata da J.J. Wilcox e Barry Church, la quale ha costruito questo avvio sulla puntualità negli interventi. Avere sicurezza nelle retrovie significa tantissimo, Wilcox è partito alla grande concedendo solamente il 33% di completi nei passaggi in cui l’area di competenza era sua facendo già registrare un intercetto, Church ha concesso di più ma ha limitato il fattore yard post-ricezione, impedendo al momento i classici big play che possono spezzare in due una qualsiasi partita. In aggiunta a ciò, se Morris Claiborne sembra si stia bruciando anche quest’ultima possibilità di dimostrare qualcosa in Texas, al contrario Brandon Carr ha alzato notevolmente la qualità del suo rendimento, ricordandosi i motivi per cui Jerry Jones l’aveva a suo tempo ricoperto di dollari senza però ottenere un adeguato ritorno verso il suo generoso (per il conto in banca di Carr) investimento.

56004f8c194e8.imageIl fattore che al momento sposta più degli altri è in ogni caso il ritorno di Sean Lee, una pedina irrinunciabile per questa difesa, la cui assenza per tutto lo scorso campionato causa la rottura del crociato è risultata davvero pesante da sopperire. L’ex Penn State ha risposto con successo sia al recupero dal grave infortunio che al nuovo posizionamento in campo, che lo ha visto traslocare dal cuore della difesa all’esterno dell’allineamento dei linebacker, trovando un’ideale coesistenza assieme ad un altro dei giovani protagonisti di questa difesa, Anthony Hitchens. Lee per il momento non ha incontrato difficoltà nel rendere in maniera ottimale nonostante lo spostamento, pure nella nuova posizione riesce difatti ad imporre le sue penetrazioni nel backfield avversario aiutando Hitchens a bloccare le corse ed è sempre all’erta contro i passaggi che giungono nella sua zona di competenza, agevolando interruzioni di drive avversari che finora sono più frequenti che non in passato.

Questi aspetti non sono stati magari immediatamente visibili nella gara di apertura contro i Giants, che si sono letteralmente mangiati un’occasione d’oro di strappare una vittoria contro i texani a causa di una pessima gestione del loro ultimo drive e per giunta dopo aver condotto nel punteggio per lunghi tratti del match, tuttavia la seconda uscita è risultata un enorme punto esclamativo posto in un confronto dai molteplici significati, che partivano dall’affrontare un’altra avversaria divisionale con la necessità di continuare a fare bene, arrivando nel confronto dentro al confronto, quello con DeMarco Murray per la prima volta avversario.

Dallas ha cancellato dal campo il decantato attacco di Chip Kelly riducendolo a brandelli, colpendo gli spazi giusti in mezzo alla linea offensiva per rendere efficaci le penetrazioni della linea difensiva, e la mobilità di giocatori come Lee, che era praticamente dappertutto, è stata fondamentale per collezionare numeri impensabili. Philadelphia, davanti al frustrato pubblico amico, è tornata sulla sideline a secco di punti durante i primi otto drive consecutivi della partita, senza mai eseguire più di quattro giochi in ben sette di questi, terminando l’ottavo con un intercetto. Una gara dove Murray – segnatevelo – ha corso in tredici occasioni racimolando la miseria di due yard, ha visto gli uomini di Kelly mettere i primi tre punti a referto solamente sul finire del terzo periodo, prima di chiudere a due minuti dal termine delle ostilità con il più inutile dei touchdown, a buoi abbondantemente scappati grazie anche alla capacità dei ‘Boys di creare palle perse.

Un aspetto del gioco, questo, che dovrà tornare fortemente d’attualità durante i prossimi impegni, che incombono all’interno di un calendario che, manco farlo apposta, si incattivisce proprio in questo momento di particolare bisogno di tirare avanti con il poco che si ha. Romo e Bryant (e Jason Witten ha tre infortuni più leggeri, ma che possono peggiorare in qualsiasi circostanza…) dovranno accomodarsi sulla linea laterale in un filotto di gare che vedrà sfilare, tra le altre, gli imbattuti Falcons, i fortissimi Patriots e dei Seahawks sicuramente in risalita, carichi di voglia di riscattare uno 0-2 assai poco preventivabile. Se non altro, nel mezzo, ci sono i decadenti Saints. 

1442941596-NS_CowboysEagles_AL68Non resta che affidarsi a pilastri della trincea come Tyron Smith, Zack Martin e Travis Frederick, chiamati a creare un numero ancora maggiore di varchi per permettere al gioco di corse di sbocciare in maniera perlomeno sufficiente, permettendo quel minimo di imprevedibilità che permetterebbe di ampliare la scelta delle possibili chiamate offensive, un qualcosa di determinante se si pensa a cosa potrebbe diventare il reparto qualora Weeden venisse costretto a lanciare in continuazione. Si attende il primo passo avanti da parte di un componente del backfield, un problema certamente di maggior rilevanza rispetto al gioco aereo, dove le sicurezze date da ricevitori come Terrance Williams permettono di pensare che si possa tamponare la situazione in modo soddisfacente, almeno da quel punto di vista.

Ma l’aspetto che più conta è senza dubbio questa sorprendente difesa, che deve continuare sulle orme lasciate nelle prime due apparizioni. Continuare a concedere drive molto corti significa una maggiore presenza in campo per il proprio attacco ed una freschezza costante per la propria difesa, concedere una somma limitata di punti equivale a coprire gli inevitabili errori e pagarli a poco prezzo, continuare a rendere con questa efficienza vuol dire tenersi a galla nella serrata corsa che avrà luogo nella NFC, sfruttando la già buona posizione di partenza rispetto alle altre tre rivali di Division.

Non sarà un compito tra i più facili, ma Dallas pare una squadra in grado di rispondere positivamente a questo delicato stato d’emergenza.       

                               

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