Loui Eriksson è uno dei segreti della partenza a razzo di Dallas

Sulle rive del Guadalupe River aspettavano un segnale anche minimo di ripresa, dopo l’inizio di stagione francamente deludente. E, per il momento, quello che è arrivato per i San Jose Sharks nella New Jersey night di venerdì non è proprio un segno di ripresa.

Un 4-3 agli shootout che non cambia per niente il borsino dell’umore dei bianco-blu. Si può parlare solo di un primo fremito d’orgoglio di una squadra partita con il freno a mano. Mentre gli avversari di Division, Los Angeles e Dallas per primi, hanno iniziato a razzo. Sconvolgendo, almeno per il momento e dopo sole 6-7 partite, la scala di valori consolidata in anni di dominio Sharks.

Scricchiolii dalle parti dell’HP Pavilion si erano avuti già l’anno passato, quando la regular season non era stata all’altezza del 2010. San Jose aveva chiuso la RS del 2008-2009 da leader. L’eliminazione nei playoff aveva solo in parte appannato l’entusiasmo suscitato da una cavalcata durata sette mesi.

Anche l’anno dopo le attese erano state rispettate, almeno per la stagione regolare: il 2009-2010 aveva messo a referto 113 punti, subito dopo Washington. E anche il 2010-2011 non era andato male, anche se a tutti gli effetti avrebbe dovuto essere quello che di solito si definisce “l’anno buono”. E invece, ancora una volta nulla.

E poi, questa estate, la piccola rivoluzione che avrebbe dovuto portare ossigeno lì davanti: ma evidentemente i 5 punti in 4 partite dicono che gli innesti fatti, almeno per il momento non hanno sortito gli effetti sperati. E così gli Sharks, dominanti per anni, occupano tristemente l’ultimo posto in Division.

E se si guarda alla classifica generale, nuotano invariabilmente sul fondo, in compagnia di gente abituata da anni a guardare gli Squali dal basso in alto. Montreal, Ottawa e Columbus. Per tacere di Winnipeg che, nonostante lo sgarbo nella partita con i Penguins, devono obiettivamente ancora ambientarsi sul ghiaccio.

Sarà davvero dura riprendersi per gli Squali, anche per gli indubbi meriti degli avversari di Division. Dallas e Los Angeles veleggiano abbondantemente sopra la soglia delle Top Ten di questo inizio stagione e sarà difficile riprenderle, se avanzano con questo passo.

Cosa è mancato finora a San Jose? Innanzitutto i ricambi per un Heatley che, a Minnesota sta facendo ancora la sua porca figura – 2 gol e 4 punti al suo attivo finora -, mentre da queste parti della California sono stati Ryane Clowe e Joe Pavelski gli unici a distinguersi.

Assolutamente deludente l’apporto dato in difesa da Brent Burns che del resto non ha in nessun modo innescato Dan Boyle, come da intenzioni della dirigenza. Al momento di scrivere, Boyle non ha ancora gonfiato neanche una volta la rete e Havlat è ben lungi dall’aver soppiantato Heatley nel cuore dei supporters.

Di contro, Dallas con la sua partenza a razzo ha evidenziato ancora di più le mancanze degli Sharks. E anzi, dopo che Nashville, Colorado e Toronto hanno un po’ mollato la presa, proprio la squadra texana può essere considerata la vera sorpresa di questo inizio di stagione.

Fatta salva la continua evoluzione della classifica in queste prime manciate di minuti sul ghiaccio, al momento di scrivere Dallas è ben assestata in vetta alla graduatoria, con gli stessi punti di Washington e Pittsburgh, pur avendo già incassato una sconfitta e avendo giocato un match in più dei Capitals.

Il trascinatore di queste prime 6 vittorie su 7 uscite sul ghiaccio è indubbiamente Loui Eriksson (5 gol e 7 punti complessivi) ben coadiuvato da un assist-man formidabile come  Jamie Benn (2 gol e 5 assist, che fanno 7 punti).

Fin quando i Dallas Stars proseguiranno con questo ruolino di marcia, finché riusciranno ad imporre il proprio gioco come fatto con Chicago (2-1) e con Anheim (3-1) sarà davvero difficile per gli Sharks rientrare in carreggiata.

E se non bastassero i Texani, ci sono anche i cugini di Los Angeles che hanno cominciato bene, condotti per mano da Anze Kopitar. Lo Sloveno ne ha già infilati 4, non lesinando assist a profusione, e anche la sua prestazione, insieme a quella di Simon Gagne, sembra voler ribadire che almeno per il momento la lotta per la Pacific Division è cosa loro.

Persino Phoenix , squadra con poche pretese e con ambizioni ancora minori, sta facendo meglio di San Jose. Di poco, ma sta facendo meglio.

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