Quando i destini si incrociano, di nuovo, proprio come quattro anni fa, quando a “danzare” sul ghiaccio c’erano Patrice Bergeron e Zach Parise, Sidney Crosby e Ryan Kesler, Jonathan Toews e Patrick Kane, e molti altri che ancora oggi si sono dati battaglia a colpi di stecca e di possenti spallate.
Allora si giocava a Vancouver e non potevano che essere i Maple Leafs (no, non quelli di Toronto) a trionfare nella finalissima, al termine di una partita entusiasmante, forse tra le migliori di sempre, in cui il Canada appariva già diretto verso il trionfo grazie all’1-2 firmato da Toews e Corey Perry.
Troppo più forte la squadra di casa, specialmente se spinta da un pubblico frastornante che occupava gli spalti del Canada Hockey Place, appunto il posto giusto in cui giocare La partita di hockey per eccellenza. Invece, gli Stati Uniti non si danno per vinti ed ecco che tornano a sperare con il gol di Kesler. Ma è il finale dei tempi regolamentari ad essere rimasto nella storia.
Mancano appena 15 secondi al termine, quando Parise raccoglie la ribattuta di Roberto Luongo, insaccando il puck e pareggiando il conto in una maniera tanto rocambolesca quanto inaspettata.
Il pubblico è ammutolito, ma la festa è solo rimandata a qualche minuto più tardi, grazie al gol decisivo segnato da Crosby, che manda letteralmente in visibilio una nazione intera che di questo sport ha fatto una vera e propria religione, avendolo inventato e condiviso con il mondo.
Festa che si è ripetuta appena qualche giorno fa, questa volta in una semifinale che non ha avuto nulla da invidiare alla partita di cui abbiamo parlato finora, al di là dell’1-0 conclusivo. Tante emozioni, tante occasioni sprecate da una parte e dall’altra anche per via di due goalie come Jonathan Quick e Carey Price che hanno parato di tutto e di più, sfidandosi in una battaglia a distanza che ha regalato spettacolo.
E’ stato un seconda linea come Jamie Benn a decidere una partita insolitamente corretta che è andata via leggiadramente, come un fazzoletto mosso dal vento, ma in cui non è mancata la consueta tensione agonistica che le due compagini riescono a mettere sul ghiaccio ad ogni pattinata. Una partita che ha avuto un grosso impatto mediatico oltre oceano, nonostante si giocasse nel freddo – in tutti i sensi – e teso clima della Russia.
Un trionfo che risulta essere più grande di quanto ci si possa immaginare, quello del Canada, dimostratosi meglio preparato alla gara rispetto agli avversari, sfoggiando le innumerevoli soluzioni che hanno accompagnato coach Mike Babcock per tutto il torneo, segno di un roster dotato di grande talento a partire dai portieri, fino ad arrivare alla linea offensiva.
Una delusione insopportabile, invece, per gli Stars & Stripes i cui strascichi si sono potuti appurare nella finalina per il terzo posto, dove una scatenata Finlandia li ha girati e rigirati sopra la brace, lasciandoli a bocca asciutta sia per quanto riguarda il discorso medaglie, sia per i gol.
Una sconfitta, quindi, quella contro il Canada, che ha fatto male quanto un cazzotto in un occhio, da cui la squadra di Dan Bylsma è potuta comunque uscire a testa alta dopo aver provato di tutto per abbattere lo strapotere difensivo messo in mostra dai “vicini di casa”.
Strapotere che sono riusciti a confermare anche nell’atto finale, in cui al loro cospetto si sono presentati i regali svedesi privi dei due Henrik – Sedin e Zetteberg – e di Nicklas Backstrom. Tre a zero secco e canadesi nuovamente con la medaglia d’oro al collo, con la forte sensazione che un’altra lieta conclusione contro gli odiati “cugini” avrebbe avuto un sapore completamente diverso, esattamente come quattro anni prima.
L’appuntamento è per Pyeongchang 2018, sperando che il destino, questa volta, li metta di fronte nel momento giusto.
Scrive per playitusa dal 2012. Esperto di NBA, NHL ed MLB.
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