Notte tempestosa fuori dallo United Center, poesia di talento e virtù al suo interno, un palazzetto che un tempo fu glorioso con Jordan, Pippen e Rodman ora si gode Toews, Kane e Keith.

Era il lontano 1938 quando gli allora Black Hawks battevano 4-1 Toronto per sollevare l’ultima Stanley Cup vinta in casa, a Johnny Gottselig ora risponde Jonathan Toews, stessa C sulla maglia, stesso profumo di gloria.

Terza Stanley Cup in 6 anni, una dinastia moderna che non trova paragoni recenti, solo Detroit ha fatto meglio con 4 trionfi in 12 anni, dal 97 al 2008, i Devils seguono a quota 3 in 9 anni ma l’impressione che si ha è che Chicago non è ancora sazia di vittorie.

I Blackhawks (nome tutto attaccato rispetto al ’38) sono gli scalatori dei grandi giri del ciclismo, vanno sotto in pianura, controllano, poi appena inizia la vera salita, tipo il 2 a 1 nella serie a favore di Tampa, scattano e non vengono più ripresi.

Non c’è una figura che ha più merito rispetto ad altre, l’elenco di una squadra fenomenale comprende tante lodi da elencare in maniera esaustiva.

Si parte da Jonathan Toews perché è lui che solleva la coppa, 27 anni, 2 ori olimpici, 1 campionato del mondo, 2 juniores, il più giovane ad entrare nel Triple Gold Club, un futuro Hall of Famer che dopo questo trofeo può essere l’icona degli ultimi 5 anni Nhl, più di Ovechkin, più del tanto decantato Crosby.

Duncan Keith, 21 punti, definito un cyborg nei playoff, con Victor Hedman si divide lo stato di marziano in questi playoff, 31 minuti di media sul ghiaccio, gol vittoria in gara 6, 2 medaglie olimpiche oltre 700 minuti in campo nella postseason ’15 e un messaggio che ne evidenzia la grandezza: “Si vince tutti insieme, non singolarmente”.

Joel Quenneville è il miglior coach in Nhl per gli ultimi risultati raggiunti, ha forgiato dei giovanissimi aquilotti nel 2008/09 sostituendo la leggenda Denis Savard dopo 4 partite e vincendo la Stanley Cup l’anno successivo, sapendo ricostruire una franchigia che negli anni ha perso gente come Byfuglien, Campbell, Kopecky, Handzus e Bolland sempre per far quadrare il Salary Cap che quest’anno potrebbe colpire Sharp e Bickell, rinnovando e guidando alla vittoria un team che ha basi solide come Toews e Kane.

Kimmo Timonen è stato il secondo giocatore che ha sollevato la Stanley Cup 2015, 40 anni, in Nhl dal 1993 ha dovuto lottare più volte con gli infortuni, sempre vicino a mollare ha ricevuto le ultime cure dai Flyers che una volta rimesso in piedi lo hanno ceduto a Chicago, come ultimo desiderio di una carriera straordinaria, vincendo la prima coppa della carriera e ritirandosi da vincente, come Ray Bourque nel 2001.

Su Marian Hossa un giorno si scriverà un libro, è uno dei sette Hawks ad aver fatto parte di tutti e 3 i trionfi, anzi lui è stato il punto di partenza verso la gloria, dopo aver perso due finali consecutive con 2 squadre diverse gioca la sua quinta finale in otto anni, uno come lui lo vorrebbe chiunque, talento nella doppia fase di gioco, è la garanzia di un highlander che ormai ha un rapporto privilegiato con la sua Stanley Cup, perché una volta che la coppa conosce Paperino (ai tempi della doppietta Penguins-Red Wings) si affeziona e non lo lascia più.

Patrick Kane è rientrato sul più bello, un grave infortunio spaventa Chicago salvo poi rivederlo nella prima partita di post season, limitato da Hedman ispira Keith nel gol, quello del 2 a 0 che per la prima volta nelle finals 2015 dà due gol di vantaggio ad una delle due squadre, si concede 23 punti guidando i playoff al pari di Tyler Johnson.

Corey Crawford passa in secondo piano nel duello tra portieri per i malesseri che affliggono Ben Bishop ma poi chiude la serranda in gara 6 e subisce solo 2 gol nelle ultime 3 gare, bloccando la famigerata linea dei Triplets che prima di Chicago aveva fatto danni con tre Original Six.

Per le menzioni d’onore i nomi son tanti, Chicago ha passato un’annata travagliata tirando fuori gli artigli nei playoff, superata la grave perdita dell’assistant equipment manager Clint Reif, morto a gennaio 2015 e popolarissimo tra i giocatori riesce a valorizzare Brad Richards, mvp della Stanley Cup 2004 proprio con i Lightning che poi lo scaricano in malo modo, Niklas Hjalmarsson che nel 2012 insegna hockey nel Bolzano nel campionato italiano, Antoine Vermette, che preso dagli Arizona Coyotes, decide gara 5 e si rivela un ottimo acquisto, sino al rookie Teuvo Teravainen che a 20 anni si coccola la sua prima Stanley Cup.

Artefice di questo gran spettacolo sul ghiaccio è Stan Bowman, GM dei Blackhawks e figlio di Scottie Bowman (9 Stanley Cup vinte da coach), che ha saputo far quadrare una squadra che con i contratti stellari di Toews & c. riesce ogni anno ad essere o vincente o contendente per la coppa.

Chicago va anche lodata per la gran pazienza che ha animato i suoi tifosi, pensando che l’intervallo tra seconda e terza Stanley Cup è andato dal 1961 al 2010 il merito è di chi ha sempre creduto in questi colori, dal 2002 con la scelta del draft numero 54, quel Duncan Keith oggi stellare, alla 52 di Crawford l’anno successivo, Seabrook numero 14 nel 2003, draft con Bickell al 41, sino alla doppietta 2006/07 con Toews alla numero 3 e Kane prima scelta assoluta, valorizzando poi Brandon Saad nel 2011 preso dopo 42 nomi e che oggi guida una straordinaria prima linea, a significare che la pazienza in Nhl paga, quindi morale alto anche in casa Tampa Bay, la squadra più giovane della lega ha assaporato la Stanley, l’ha vista e se è amore fra 12 mesi ci sarà un altro corteggiamento.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.