L’ennesima prima scelta a roster, il ritorno del giocatore che ha fatto la storia di questa franchigia, la miglior matricola dello scorso anno, il playmaker che ha fatto del passaggio un’ arte, il vincitore dello Slam-dunk contest, il miglior giocatore dell’Eurolega  e tanti, tanti altri giovani talenti pronti a mettersi in mostra.

Benvenuti a Minnesota dove gioca la peggior squadra della scorsa stagione e la favorita di un futuro non molto lontano.

Prime scelte

Quando si parla dei Timberwolves non si può che iniziare da qui, e in questo periodo non si può non parlare del taglio (a sorpresa) di Anthony Bennet che ha infiammato l’ultima parte di Offseason.

Favorevoli e contrari. Ma la scelta della franchigia è assolutamente condivisibile.I motivi sono chiari:

  1. A) L’ex prima scelta era reduce da due stagioni abbondantemente sotto le aspettative – il 52.3% al tiro concesso e il -16.5 di NET rating (peggior dato di squadra), sono solo alcuni dei tanti dati negativi-
  2. B) Il suo ingaggio era alto e Minnesota ne ha approfittato per liberare spazio salariale.
  3. C) Dopo gli innesti dell’l’Offseason a roster c’erano Garnett, Bjelica, Wiggins e Payne nel suo stesso ruolo.

Detto questo, il giocatore non è da D-League. Anzi, il talento non manca e sicuramente a Toronto ci smentirà tutti.

Motivo in più per cui ti puoi permettere di lasciar andare un giocatore come Bennet è una sicurezza  di nome Andrew Wiggins. Ieri matricola dell’anno, oggi leader sul campo, domani uomo-franchigia.

Ma sarà in grado Wiggins di salvare la franchigia del Northwest?

Tra mettere 20 punti a canestro ogni sera senza la pressione del risultato finale e della classifica, e guidare una squadra alla vittoria finale c’è una sostanziale differenza. Oltre ad un discorso individuale bisogna guardare all’insieme.

Lo scorso anno ha dimostrato ha tutti cosa può fare ma dalla prossima stagione  il salto di qualità a cui è chiamato è prendere in mano le chiavi della squadra e aiutarla a riemergere stagione dopo stagione.

Non un compito semplice per uno che si sta preparando per la sua seconda stagione, ma i mezzi ci sono e i risultati arriveranno.

A completare il quadro c’è Karl-Anthony Towns. Altra prima scelta. Altro classe 95. Altro giocatore che può e determinerà il futuro di Minnesota. I presupposti ci sono tutti.

Stiamo parlando di un 211 cm per 113 kg che gioca spalle e fronte a canestro, ha nel suo bagaglio ganci e tiri dalla media e sta lavorando sul suo tiro da fuori. Corre da un’ area all’altra e difende sul perimetro come un  ala; ma le sue specialità, da buon centro, sono il lavoro a rimbalzo e la protezione del ferro.

Ovviamente (avendo 19 anni) ci sono tanti aspetti da migliorare e consolidare, quindi, come per tutti i rookie, non aspettatevi subito una stagione da 30+15. Ma un elemento in più a suo favore è l’occasione di crescere a corte di Kevin Garnett, con il quale convivrà da subito sotto canestro, formando una coppia di lunghi interscambiabili molto interessante.

In ascesa

In una squadra giovane, atletica e talentuosa una buona cabina di regia può e farà  la differenza; motivo per cui tutti si aspettano il definitivo salto di qualità da Ricky Rubio. Quasi un’ intera stagione lontana dal Parquet a causa degli infortuni ( appena 22 partite giocate)  e tante, tante critiche subite per il suo lavoro nella metà-campo offensiva.

Critiche giuste per un playmaker di questo livello da cui tutti si aspettavano e si aspettano tanto; ma ricordiamoci che ha 25 anni, ha tempo, ma soprattutto lo spazio per migliorare: a Minnesota questa sarà un’altra stagione di passaggio e Rubio ha la tranquillità per sistemare tiro e quant’altro, e vedrete che quando ci sarà da giocarsi qualcosa di importante si farà trovare pronto.

Il giocatore a roster a mio avviso invece sottovalutato è Gorgui Dieng. 211cm X 111kg. Classe 1990. Campione NCAA e miglior difensore della Big est nel 2013, arrivato a Minnesota l’anno successivo con la chiamata numero 21.

Si è messo in mostra al mondo intero nello scorso mondiale, ha fatto una passata stagione di tutto rispetto incorniciata da un buon ultimo mese. ( 12 punti – 9 rimbalzi e 2 stoppate). Quest’estate ha guidato il Senegal al 4° posto ad Afrobasket e reduce da un’incoraggiante Preseason, con Pekovic ancora fermo per infortunio, potrebbe addirittura finire in quintetto base alternandosi con Garnett.

Dieng in panchina apre una fila di giocatori giovani e talentuosi che formano un supporting cast in crescita.

Troviamo per esempio Shabazz Muhammad, ala/ guardia versatile e atletica e Adreian Payne che dopo un paio di stagioni incerte è pronto per il decollo.

Poi merita un discorso a parte Tyus Jones (ennesimo classe ’95). Segnatevi il nome se non l’avete gia fatto. Campione NCAA in carica e miglior giocatore delle Final Four.

Vederlo giocare alle finali è stato un piacere:  legge perfettamente le situazioni di P/R, passa la palla con estrema facilità, guida i contropiedi consegnando punti facili e veloci, ha un ottimo tiro dal paleggio e sugli scarichi. Piccolo ma adatto al ruolo, chiamato alla 24° potrebbe essere la steal del Draft.

Le scommesse

Il colpo dell’estate oltre alle due ottime chiamate al draft è sicuramente  Nemaja Bjelica. L’ingaggio dell’ultimo MVP dell’Eurolega potrebbe essere il jolly vincente.

Il serbo è il prototipo perfetto di ala moderna: ha i centimetri per giocare sotto canestro e andare a rimbalzo, dispone di un’ affidabile tiro da fuori e attacca il canestro come una guardia; la rapidità di piedi e il fisico gli permettono di difendere su tutti e cinque i ruoli.

Oggi in NBA, ma sempre di più anche in Europa,  questi giocatori sono oro perché si possono adattarsi  a qualsiasi situazione e esigenza: sono in grado di cambiare su tutti i P/R, aprire le difese con il tiro, andare a rimbalzo e reggere i contatti.

Un modello a cui assomiglia? Danilo Gallinari.

Bjelica, dopo un ottimo europeo, è pronto a concludere la sua carriera oltre oceano dove sbarca nel periodo di massima maturità cestistica, tolto un inevitabile periodo di apprendimento con i ritmi e la fisicità della lega, la sua prima stagione potrebbe essere al di sopra delle aspettative che T’Wolves hanno in lui.

L’altra scommessa ha il numero 8 sulle spalle e il suo passatempo preferito è sfidare le leggi di gravità. L’obbiettivo di LaVine, a differenza della scorsa stagione,  non è però quello di vincere la gara delle schiacciate; promosso recentemente in quintetto (vera e propria scommessa) sarà il terzo classe ’95 a partire dal primo minuto.

Coach Mitchell ha dichiarato che i risultati sono secondari rispetto alla crescita dei suoi giocatori. Giustificato quindi  il maggior spazio affidato  alla giovane guardia piuttosto che all’esperto Martin, degradato a sesto uomo.

Quanto potrà dare alla squadra?

Qualche statistica può aiutarci a fare un quadro più chiaro: quando ad aprile della scorsa stagione è partito titolare per tutte e 8 le partite (40 minuti di media), ha mosso il tabellone 21 volte in media, con il 47% al tiro, oltre ai 5 assist e altrettanti rimbalzi. Nel futuro dei lupi non ci sono solo Wiggins e Towns…

Guida

Orfani di Flip Saunders, allenatore amatissimo da giocatori, staff ed ambiente, la guida tecnica è stata affidata a Sam Mitchell. Probabilmente l’avrete già sentito; coach of the year dei Raptors nella stagione 2006/07, il primo anno di Andrea Bargnani a Toronto. Dopo quell’esperienza nient’ altro di rilevante.

Le sue prime parole da head coach riassumono perfettamente la situazione in cui si trovano i suoi T’Wolves: “Tutti vogliono vincere in questo momento, ma non funziona così. Bisogna avere pazienza e crescere sia mentalmente che fisicamente. Avremo molti ostacoli durante la strada ma conosciamo la luce in fondo al tunnel e cercheremo di tenere i giocatori concentrati sull’obbiettivo e farli capire che si tratta di una processo. Roma non è stata costruita in un giorno e tu non vincerai un titolo in un giorno. Non ci sono soluzioni rapide, non c’è niente che puoi insegnare loro che li porterà dalla A alla Z, devono prima andare a B, C, D e così via. Questo è il processo.”

Cosa manca oggi a questi Wolves? Difesa, difesa, difesa. Non si ripete mai abbastanza la frase “L’attacco vende i biglietti, la difesa vince le partite”. Puoi avere un potenziale offensivo interminabile ma senza una solida difesa la squadra non andrà lontano.

Lo scorso anno ne è un’ evidente lezione: peggior difesa (109.6 punti concessi per 100 possessi) e ultimo posto Ovest. In estate la dirigenza ha cercato di adeguarsi scegliendo Towns e Garnett sotto canestro, poi lo staff dall’inizio del training camp ha lavorato su questo aspetto debole.

Towns e Wiggins hanno dichiarato “vogliamo fare i playoff”: raggiungere questo obiettivo sarebbe un successo, ma al di là dei risultati questa rimane una stagione di transizione, crescita individuale e di squadra. Di titoli ne riparleremo in futuro, se tutto va bene…

 

4 thoughts on “Minnesota Timberwolves: è solo questione di tempo…

  1. “Lo scorso hanno ha dimostrato…” immagino sia un refuso di battitura ma non siete la Gazzetta, potete fare meglio :)

    Interessante articolo, forza Wolves!!!

    • Corretto, grazie della segnalazione: evidentemente il correttore delle bozze (io) dormiva invece di correggere…

  2. Attenzione ai refusi.
    Spero che i Wolves già quest’anno possano arrivare a circa 30-32 vittorie, che tuttavia non saranno sufficienti per i play-off ma significherebbe un bel salto di qualità. Molto giovani, tanto talento e tanta voglia di mettersi in mostra. Forse servirebbe un allenatore diverso.
    Vediamo ….
    GL

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