Marco sta avendo finalmente una stagione da protagonista

Prime partite della nuova stagione NBA e anche prime gare da parte dei nostri connazionali.

Stagione iniziata per loro con qualche alto e basso e qualche sorpresa inaspettata, come la trade e la relativa promozione in quintetto di Belinelli.

Vediamo allora più nel dettaglio come sta andando l’annata delle punte di diamante del basket a stelle e strisce.

Andrea Bargnani (33.3min, 19.5pt, 4.9rb, 1.3as, 1.1bk, 2.5to, 44.2%FG, 47.8%3P)
L’estate del mago è iniziata, a livello personale, sotto i migliori auspici. Il mercato di Toronto in uscita ha visto partire Bosh e Turkoglu, ovvero i giocatori che offensivamente si contendevano i tiri con lui. Gli arrivi, non all’altezza delle partenze, hanno portato a credere che questa per Andrea fosse la sua prima stagione da prima opzione offensiva, cosa che in effetti si è prontamente verificata in queste prime 8 gare.

Le prestazioni del Mago si possono definire tutto sommato positive, in linea con quelle dello scorso anno e dimostrando che la fase offensiva non rappresenta per lui un problema. A testimonianza di questo le sue percentuali al tiro. Da oltre l’arco Bargnani tira infatti con quasi il 48% che è una percentuale decisamente più alta delle stagioni passate, e la sua media punti si sta alzando proporzionalmente al numero di tiri che si prende nella partita.

Fin qui le cose positive. Le noti dolenti arrivano in primis su quello che dovrebbe essere l’obiettivo del gioco, ovvero vincere le partite. Toronto infatti in questa stagione ha iniziato con il record di 1W-7L, facendo registrare un calo rispetto alla scorsa stagione.

Il Roster si è certamente indebolito e le prestazioni deludenti della squadra canadese non sono solo colpa del Mago ovviamente. Però già in queste prime otto gare si può dedurre che l’italiano non potrà mai essere la prima opzione offensiva di una squadra da record positivo. Questo perchè ancora adesso, in alcuni momenti della gara, subisce troppo le iniziative dei compagni e viene trascurato in attacco, dove invece dovrebbe prendersi maggiori responsabilità e farsi servire per provare a vincere le partite.

Ed è proprio qui che il Mago esce sconfitto da quello che è il suo metro di paragone più frequente: Dirk Nowitzki. Il tedesco, da quando è stato riconosciuto leader della propria squadra si è assunto la responsabilità di prendere per mano i compagni e ha saputo caricarseli sulle spalle offensivamente, dote che all’italiano, seppur possa risultare ancora presto per dirlo, pare mancare.

I Raptors però sono questi e sulla basse della qualità del roster si deve valutare l’apporto fin qui fornito dal nostro connazionale. Dei pregi abbiamo già parlato, la sua naturalezza nel fare canestro è davanti agli occhi di tutti e il non trovarsi gli spazi occupati da un’altra stella in un ruolo simile come il Chris Bosh delle scorse stagioni lo aiuterà a diventare più efficace e a ritagliarsi spazi maggiori.

I difetti che però lo hanno accompagnato in queste sue prime quattro stagioni NBA permangono. L’anno scorso, a dire la verità, sembrava avesse provato a migliorare quella che da sempre è stata una sua lacuna, ovvero i rimbalzi. Da un 7 piedi infatti ci si aspetta un apporto maggiore sotto le plance e Andrea sembrava essersi messo sulla strada giusta da questo punto di vista.

Quest’anno però pare esserci una nuova inversione di tendenza e la media dei rimbalzi è tornata a calare. Sicuramente in parte questo calo è dovuto al compagno di reparto a cui è stato accoppiato. Reggie Evans ha infatti uno spazio in questa lega proprio grazie alla sua dote sotto i tabelloni e poco altro ed è normale che alcuni rimbalzi il Mago se li veda prendere proprio dal suo compagno.

Questo però non toglie che gare da 1 o 2 rimbalzi complessivi non sono comunque ammissibili, anche perchè con Andrea così passivo sotto i tabelloni si rende necessario un maggior utilizzo proprio di Evans, che in attacco è poco più che un peso da portarsi dietro. Se Andrea riuscisse a migliorare in questo aspetto, come detto anche negli anni passati, ne gioverebbe tutto il gioco dei Raptors.

Anche il numero delle palle perse è aumentato, ma questo incremento è dovuto principalmente al maggior numero di palloni che Andrea si ritrova in mano. Probabilmente deve ancora abituarsi a questo nuovo ruolo e leggere meglio le difese, dato che molti dei suoi turnovers nascono da sfondamenti in attacco che il Mago commette partendo in palleggio con la difesa pronta ad adeguarsi su di lui.

Dove si intravedono dei lenti miglioramenti è nella fase difensiva. A parte l’intimidazione che può dare con la sua altezza, quello che sta incrementando il romano è la tenuta sull’uomo nell’uno contro uno. In alcuni momenti permangono i suoi difetti di impostazione, con il corpo non posizionato a dovere o le gambe ancora troppo poco piegate, ma nei momenti più caldi delle partite si è già prodotto in difese discrete che hanno generato palle perse all’avversario o tiri poco puliti.

Quest’ultimo punto dimostra come il Mago possa fare di più se solo riuscisse ad essere efficace per tutta la durata dell’incontro. Il problema pare quindi essere l’approccio mentale, ancora troppo altalenante all’interno della stessa partita. Se Andrea riuscisse a lavorare su questo aspetto e ad aumentare la sua cattiveria agonistica, molti tasselli andrebbero a posto, e lui diventare davvero giocatore da All Star Game, cosa che in alcuni sprazzi di questo inizio di stagione ha già mostrato di poter essere.


Marco Belinelli
(27.4min, 11.0pt, 2.4rb, 1.6as, 0.7st, 44.4%FG, 41.4%3P)
L’estate di Marco è iniziata subito con lo scambio che lo ha portato da Toronto a New Orleans, alla corte di sua maestà Chris Paul. L’avventura in Canada, terminata mestamente dopo i buoni propositi iniziali e una sola stagione, ha lasciato in Marco e nei suoi tifosi più dubbi che certezze. In una squadra con guardie non eccelse l’ex Bolognese non aveva saputo ritagliarsi il suo spazio ed era stato messo ai margini delle rotazioni da parte di Triano.

I presupposti agli Hornets parevano simili, con due guardie in rotazione, lui e Thornton, che si sarebbero giocati i minuti a disposizione nello spot di SG. L’arrivo poi di Bayless da Portland pareva essere un ulteriore freno alle possibilità di Marco e i suoi minuti parevano essere in discussione. Già dalla preseason invece coach Williams ha puntato deciso su di lui, mettendolo in quintetto, confermandolo poi anche alla prima palla a due ufficiale.

Il Beli ha ripagato subito la fiducia accordatagli dal coach e quella del suo compagno Chris Paul, leader della squadra, con buone prestazioni e soprattutto facendo quello che gli veniva chiesto di partita in partita. La sua dote migliore ovviamente è il tiro, e con più minuti a disposizione l’ex Raptor ha iniziato a produrre di conseguenza, andando in doppia cifra di media e tirando con buone percentuali.

Ovviamente molto del merito della sua efficacia va proprio al suo play, capace di servirlo con metri di spazio e nelle migliori condizioni per segnare. Marco però come ha dimostrato anche nelle sue tre precedenti stagioni nella lega, è anche in grado di mettere palla per terra e andare a canestro, guadagnandosi tiri liberi preziosi, come nella gara che i suoi Hornets hanno vinto contro la corazzata Miami. Il Beli, sempre in campo nei momenti cruciali delle partite, in quella gara si è conquistato e ha segnato i due liberi che a 50 secondi dalla fine hanno portato al vantaggio definitivo la sua squadra, contribuendo non poco al prendere uno degli scalpi più prestigiosi della lega.

E se la cosa più importante non sono le statistiche personali ma la squadra, qui siamo a livelli di eccellenza. Gli Hornets sono infatti, in questo momento, l’unica squadra rimasta imbattuta nella lega, inanellando 7 vittorie consecutive in questo inizio di stagione. Questo anche grazie a Marco, che come detto è una pedina fondamentale del gioco che impone Monty Williams, tra parentesi notevole il passo in avanti rispetto alla gestione Triano, e la fiducia del suo coach si vede dai momenti decisivi delle partite, nelle quali l’italiano è sempre in campo.

La fiducia il Beli se l’è guadagnata anche con le prestazioni sfoderate nella propria metacampo. Con questo non si intende che sia diventato un mastino, come era invece agli inizi della sua carriera a Bologna, però i miglioramenti rispetto alle stagioni precedenti, soprattutto negli anni dei Warriors dove la strutturazione difensiva (eufemismo) comunque non lo aiutava, sono evidenti, principalmente nella pressione sulla palla dove Marco inizia ad esser fastidioso per gli avversari. Dove va ancora sotto è nel tenere l’uomo lanciato, anche perchè la velocità di piedi di Marco, rispetto agli esterni NBA rimane inferiore.

Migliorando la difesa quindi Marco non ha trovato più ostacoli allo stare in campo, dato che in attacco è sempre stato in grado di segnare con continuità e il suo continuo muoversi dietro i blocchi è l’ideale con un play creativo come Paul che attira su di se gran parte della difesa avversaria.

Il momento di calo ci sarà inevitabilmente, sia per la squadra, che al momento sta probabilmente rendendo oltre le aspettative, sia per Marco probabilmente che dovrà fronteggiare difese che inizieranno ad adeguarsi maggiormente al suo gioco. Però per il momento ci possiamo godere questa prima stagione da vero protagonista del natio di San Giovanni in Persiceto e tifiamo perchè possa continuare questo suo momento positivo.


Danilo Gallinari
(27.0min, 11.6pt, 4.4rb, 1.3as, 0.8st, 35.1%FG, 32.4%3P)
Difficile dare una valutazione alla stagione di Danilo al momento. Il Gallo ha infatti iniziato con alti e bassi (più bassi che alti per la verità) questa sua terza annata NBA facendo storcere qualche naso ai tifosi dei Knicks e guadagnandosi anche qualche fischio da parte dei suoi supporters. L’eroe del Madison della scorsa stagione, quando con le sue triple infiammava il palazzo, sta infatti vivendo un momento difficile in quello che era la specialità della casa: il tiro.

Le sue percentuali sono infatti in discesa libera rispetto allo scorso anno, passando dal 42% della scorsa stagione al 35% di questa. Il suo minutaggio, pur restando una delle pedine più importanti della squadra, rimane ovviamente viziato da questo aspetto. Diminuendo la sua pericolosità al tiro diminuisce anche decisamente la sua efficacia e D’Antoni si vede costretto a chiedere alla panchina la produzione di punti che l’anno scorso assicurava il Gallo.

Difficile dire il reale motivo di queste involuzione. Di sicuro l’infortunio al polso occorso prima dell’inizio della Regular Season non aiuta Danilo a trovare il ritmo e la fluidità di movimento necessaria a trovare il canestro con continuità, sebbene lui stesso abbia più volte dichiarato che il polso non gli dia alcun fastidio durante le partite. Altro motivo potrebbe essere la situazione non chiara sul suo futuro a New York.

Intendiamoci, D’Antoni e Walsh hanno sempre dimostrato di aver fiducia in Danilo e di puntare su di lui per la futura rinascita della franchigia. Questo non ha però evitato che l’italiano finisse in più di un rumor su una sua possibile cessione a Denver in un pacchetto che porterebbe Carmelo Anthony a vestire la prestigiosa canotta Knicks. Questo non dovrebbe assolutamente rivelarsi un problema per un professionista di questo sport come lo è lui, però inconsciamente il Gallo potrebbe avvertire una mancanza di fiducia da parte dello staff e sentirsi un po’ troppo sotto esame in campo, anche perchè gioverebbe ricordare che nonostante la maturità dimostrata finora si sta sempre parlando di un ragazzo di appena 22 anni.

Per fortuna le percentuali non sono tutto, e Danilo in questo scorcio di stagione, come nelle annate precedenti, ha dimostrato di sapersi rendere utile anche in altri aspetti del gioco. Uno dei più importanti è quello relativo ai rimbalzi e a parte la gara contro Portland in cui non è andato a referto in questa voce ma ha giocato solo 11 minuti, Gallinari ha preso una media di 5 rimbalzi a partita, che è un numero tutto sommato positivo. Ancora più positiva è la sua attitudine e l’istinto che ha nell’andare a catturare palla a rimbalzo, che è superiore alla media dei giocatori del suo ruolo.

Difensivamente, inoltre, Danilo sta mostrando progressi, dovuti anche all’irrobustimento della parte superiore del suo corpo. In questo inizio di stagione il Gallo sta infatti dimostrando di essere in grado di tenere maggiormente i contatti dai diretti avversari.

Il problema però è che dall’ex Armani Jeans ci si aspetta anche una produzione offensiva importante, necessaria ai Knicks per poter vincere le partite. Non è un caso infatti che le due uniche vittorie di squadra, dopo quella nell’opening night contro Toronto, siano coincise con le migliori prestazioni offensive del Gallo, che dimostrano quanto sia importante per il gioco di D’Antoni avere un’opzione offensiva affidabile dopo Stoudemire e i punti degli esterni.

Non resta quindi che aspettare fiduciosi che il Gallo sistemi la mira e anche il futuro dei Knicks ne gioverà di conseguenza. Ed è solo questione di tempo, perchè la mano c’è sempre stata e un periodo di difficoltà può capitare a chiunque, anche ai migliori tiratori.

4 thoughts on “La stagione degli italiani

  1. Bargnani non é come dirk…il paragone non é fattibile…dirk non sará un grandissimo rimbalzista ma almeno i suoi 8,9,10 rimbalzi a partita li prende…come é possibile che un lungo prenda a volte solo 2,3 rimbalzi a partita?Presenza zero nella zona pitturata…..andrea ha grande talento offensivo, ma é troppo soft e troppo discontinuo….dirk é continuo é un leader ed una macchina di punti…il gallo invece gli manca ancora un qualcosina per diventare un buonissimo giocatore(il talento non gli manca, spero che diventerá un grande)..per quanto riguarda belinelli, come dice federico buffa, suo figlio lo chiamera come secondo nome chris paul….

    • Già, il paragone Andrea/Dirk è ormai utopia, lo vedo invece sempre più simile ad Okur (ed è comunque un complimento, intendiamoci)…

  2. …..la cosa che maggiormente salta all’occhio nelle prestazioni dei nostri tre giocatori e’ la carenza di personalita’ e di sfrontatezza, che manca loro quando la palla comincia a scottare…. il classico difetto di tantissimi italiani che giocano nei nostri campionati (quando il tiro conta lascio tirare l’americano ), fatto del resto che si puo’ constatare dalla differenza di rendimento del gallo, di bargnani e del beli tra i primi 2 quarti di partita e gli ultimi 2 (grossi bottini nella prima meta’ e poi semplici comparsate ……)
    solo prendendosi responsabilita’ nei momenti che contano avranno il rispetto dei colleghi americani e la fiducia dei loro coach !!!
    un tantino piu’ avanti in questo cammino mi sembra che sia il belinelli versione hornets……da andrea e danilo si aspettano segnali !!!

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