Se nelle nottate di playoff NBA che vi state accingendo a vivere siete alla ricerca di punti, corse, contropiede e partite a 110 (quando non 120) punti, beh allora la serie tra Houston Rockets e Portland Trail Blazers è la vostra destinazione.

Due dei migliori attacchi della Lega (Houston seconda per punti segnati a 107.7, Portland quarta a 106.7, Houston quarta per punti possesso e Portland quinta) vanno a incrociare la proprie strade da domenica notte. Come si compete a una serie tra una numero 4 e una numero 5 (record di 54-28 per entrambe, ma 3-1 per Houston in stagione regolare nei confronti diretti), il pronostico per la favorita è abbastanza aperto, pure se Houston appare leggermente avanti.

Portland, infatti, è stata protagonista di una stagione altalenante: partenza che definire a razzo non rende l’idea, con 31 vittorie in 41 partite e il primo posto a Ovest conservato per parecchio tempo. Poi il calo drastico nella seconda metà di stagione, con un 23-18 non negativo, ma certo non all’altezza della prima metà.

Calo che Aldridge e compagni sembrano portarsi dentro la postseason, fatto di per sé poco incoraggiante. Houston, al contrario, nel suo basket ai mille a ora consegnato alle mani di James Harden, ha avuto una certa regolarità, assestandosi da subito tra le prime quattro della conference, senza mai distaccarvisi.

Harden al comando della operazioni come detto, con il nuovo ingombrante arrivo di Howard a dar frutti da subito e tutt’intorno un sistema di giocatori dimostratosi funzionale al basket run and gun: Beverley, Parsons, Lin e la scoperta di metà stagione, Terrence Jones. Insomma, l’ago della bilancia pende verso il Texas, ma sarà una serie di assoluto interesse.

Intanto perché quando prendi due squadre guidate dalle coppie Harden/Howard e Lillard/Aldridge non puoi non essere di fronte a una serie intrigante. Coppie che, tra l’altro, con le proprie caratteristiche definiscono abbastanza appieno quelle che sono le peculiarità generali delle proprie squadre.

Il duo texano fa le proprie fortune in area, con Harden che attacca il canestro con il suo passo al ritmo di jazz anni ’70 e Howard che si guadagna la pagnotta sotto le plance, mentre i leader di Portland guardano maggiormente il canestro dalla distanza: Lillard ha riscritto i record di franchigia per triple segnate (terzo in NBA con 218 quest’anno), mentre Aldridge è mortifero con il suo piazzato dalla media.

E proprio qua si nasconde la prima grande differenza di filosofia tra le due squadre. Houston punta ad attaccare il canestro il più possibile e ad alzare le percentuali tirando coi piedi nel pitturato pitturato (41,6 tiri a partita nella restricted area, contro i 30,8 dei Blazers) proprio come nelle corde di James Harden che comanda l’attacco Rockets in lungo e in largo con le sue incursioni, Portland tira invece tantissimo dalla in between zone (15,7 tentativi a gara tra i 4 e i 6 metri, contro i soli 8,4 dei Rockets), mancando di un’atleta esplosivo come Harden per attaccare il ferro con continuità ed efficienza.

Dove, invece, le squadre si assomigliano è nella mole di tiri da tre punti tentati.

Houston, infatti, quando non tira nei pressi del ferro, lo fa da dietro l’arco (prima nella Lega con 26,6 tentativi a partita), togliendo quasi del tutto i tiri dalla media (un po’ anche perché manca un “quattro” capace di prenderselo con costanza quel tiro) in un approccio che, statisticamente parlando, sarebbe il più efficiente: tiri da due, quindi di valore inferiore, da distanze ravvicinate, quindi a percentuali più alte, oppure tiri da tre punti, che se segnati ti premiano con un punto in più a tabellone.

Harden, Parsons, Beverley, Lin, Hamilton: tutti giocatori che si assestano attorno al 36/37% da 3, non specialisti puri ma che comunque devono essere onorati una volta che si piazzano dietro l’arco e che, soprattutto, non si fanno grosse remore a prendere un tiro dalla lunga magari anche in situazioni di transizione.

Portland, ugualmente, tira tanto da tre punti (terza a 25,3), lei pure senza farsi grossi problemi a prendere un tiro rapido, ma ci arriva in maniera diversa rispetto agli avversari. Se per Houston l’idea primaria è prima quella di attaccare il ferro, per i Blazers, invece, la prima scelta è proprio il tiro da fuori.

D’altronde i cecchini non mancano: Lillard, Matthews, McCollum, Batum, Mo Williams, Dorell Wright. Tutti tra il 35% e il 39%. Anche qui, non specialisti in senso stretto, ma che comunque sanno decisamente come fare male.

Il primo aggiustamento nella serie, a occhio, dovrebbe venire dall’Oregon. In particolare da Damian Lillard (occhio alla difesa di Beverley su di lui). È vero che i Blazers hanno trovato il proprio gioco segnando tanto da fuori, ma il secondo anno da Weber State dovrà sforzarsi di ribaltare un po’ le proprie tendenze, togliendo magari uno o due tiri da tre punti per attaccare il canestro con maggiore costanza, sia per sé che per muovere la difesa e creare tiri aperti per i compagni.

Affidarsi troppo a un gioco monodimensionale e  alle percentuali da lontano nei playoff può essere una scommessa molto pericolosa e che, soprattutto, può smettere di pagare improvvisamente, lasciandoti a piedi in mezzo alla strada.

E, sempre i Blazers, ma questa volta in difesa, dovranno invertire la propria tendenza che li porta ad essere una delle ultime della Lega per palle perse forzate. Dall’altra parte della barricata, infatti, c’è la peggior squadra della Nba (non vogliamo contare i Sixers, vero?) per palle perse, con oltre 16 a incontro.

Se gli uomini di Terry Stotts saranno in grado di stringere le maglie in difesa, recuperare palloni in quantità e garantirsi punti facili in transizione i conti sulla serie potrebbero cambiare. Resta poi il problema Harden, che nei quattro incontri di stagione regolare ha letteralmente preso a schiaffi la difesa Blazers (30,3 punti di media, 7,3 rimbalzi e 5,3 assists con quasi il 50% al tiro). Stotts su di lui ha alternato senza successo Matthews e Batum, con il francese particolarmente in difficoltà. Serve trovare una soluzione che possa funzionare, perché un Harden dominante vuol quasi certamente dire Rockets al secondo turno.

Rockets che, però, dal canto loro, hanno il problema Aldridge, che nei precedenti è stato dominante tanto quanto, o quasi, il barbuto ex Thunder: 27+16 di media.

Il problema di McHale è che nel ruolo di ala grande ha il buco maggiore del proprio roster. Dice: “Ma c’è Terrence Jones!”. Già, peccato che, a quanto pare, l’accoppiamento con Portland sembri portare lo studente di Kentucky fuori dai giochi. In tre partite in stagione contro Aldridge, Jones ha giocato la miseria di 16 minuti di media con 4 punti e 2 rimbalzi.

Scoprirsi troppo per non subire Aldridge rischia di esporre Houston a scarichi per tiri a aperti e in ritmo dei suoi compagni di squadra. Una situazioni a cui il coaching staff texano deve trovare un modo di risolvere. E, sempre rimanendo tra i lunghi, sarà importante la lotta sotto le plance per controllare i rimbalzi.

Houston ha l’impatto di Howard e Asik sotto i ferri, oltre ad esterni con ottima propensione al rimbalzo, tra cui anche Beverley, ma prende contro Portland che, per numeri, è la miglior squadra della Lega a rimbalzo, attacco e difesa.

Vincere la sfida a rimbalzo permette contemporaneamente di buttarsi in attacco più rapidamente e trovare tiri migliori nel momento in cui la difesa deve ancora sistemarsi, che è l’idea di entrambe le contendenti.

Attenzione anche alle panchine. Portland ha tappato solo parzialmente la falla enorme che aveva al capitolo l’anno scorso. Escono nella second unit Mo Williams, Thomas Robinson, Meyers Leonard e Cj McCollum, non proprio il massimo della vita quando ci si inoltra nei mesi di aprile e maggio. Sta decisamente meglio, da questo punto di vista, Houston, che già solo con la coppia Lin-Asik si garantisce un netto vantaggio di partenza.

Detto che è una serie che, probabilmente, sarà decisa dagli interpreti particolari, avere comunque un vantaggio sensibile nei momenti in cui i titolari dovranno prendere un po’ di fiato può rivelarsi un dettaglio decisivo.

Insomma, come si capisce, non è la serie per i puristi del gioco (ma occhio a non sottovalutare le difesa che sanno graffiare), ma d’altronde, quando devi puntare le sveglia alle 3 di notte (che è più o meno l’orario a cui inizieranno le partite della serie) non vuoi certo alzarti per vedere una partita che torni a conciliarti il sonno, no?

 

 

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