A giudicare dalla storia recente, sembra quasi che nella National Football League si ragioni al contrario. Nonostante venga costantemente premiata l’audacia delle squadre più preparate a livello manageriale conseguendo in una giusta meritocrazia la quale sancisce che le franchigie papabili per il titolo siano più o meno sempre le medesime, vincere il Super Bowl è una soddisfazione enorme ma del tutto temporanea.

nfl_carroll_01Ragione per la quale dare per favorita la squadra che ha appena vinto nell’ultima decade non ha semplicemente avuto alcun senso, se non quello di trasformarsi in un tabù difficilissimo da sfatare. Pittsburgh Steelers e New York Giants hanno vinto due titoli in questo spazio temporale, tuttavia distanziati rispettivamente di tre e quattro stagioni. I Baltimore Ravens hanno bissato una vittoria che era giunta ben dodici anni prima. I New England Patriots hanno disputato due Super Bowl, perdendoli entrambi, ed innumerevoli finali di Conference stabilizzandosi quale potenza della AFC, e sono stati gli ultimi a portarsi in bacheca due Vince Lombardi Trophy in annate consecutive.

Da qui riparte la caccia alla storia dei Seattle Seahawks, vincitori del campionato 2013 in virtù dell’autentica asfaltata rifilata ai Denver Broncos (43-8, ricorderete), ed in questo momento impegnati nella preparazione della loro seconda partitissima consecutiva, quella che li vedrà incrociare le armi, guarda caso, proprio contro Bill Belichick e Tom Brady all’interno del desertico scenario dell’Arizona, laddove i Patriots abbandonarono ogni speranza di portare a termine la seconda perfect season della storia NFL, inginocchiandosi al cospetto degli sfavoriti Giants.

Era quindi del tutto normale che il pensiero di un repeat della banda allenata da Pete Carroll potesse essere lontano dalla realtà, proprio per ciò che lo svolgimento di questi ultimi campionati aveva dimostrato, oltre al fatto che in America piace molto fantasticare sulle storie a lieto fine, con la conseguenza che il ruolo di favorita per il presente anno se l’era accaparrato proprio Denver, reduce dall’umiliazione, ed apparentemente pronta alla cavalcata mirata alla realizzazione della più saporita delle vendette.

Nel momento in cui Seattle pareva ricominciare esattamente dove aveva terminato nella stagione precedente, vale a dire giocando una partita di apertura dominante contro i Green Bay Packers mandando un sostanziale messaggio a tutta la Lega, sono invece iniziate delle speculazioni sull’effettiva validità di una squadra che aveva visto partire pezzi importanti come Golden Tate e Brandon Browner – quest’ultimo avversario di domenica, essendo approdato a New England – e che di lì a poco, precisamente il 17 ottobre, avrebbe dato il benservito anche a Percy Harvin e alla sua capacità di eseguire la letale jet-sweep, protagonista com’era stato nel Super Bowl dopo un’annata trascorsa a recuperare da un intervento al fianco.

120913-lynch-480La supremazia, nel giro di una settimana, si era già tramutata in dubbio: i Seahawks avevano perso esplosività, le assenze dei due ricevitori appena menzionati erano stati indicati quale causa degli alti e bassi del gioco aereo, ci si chiedeva semmai ci si potesse fidare di quel pazzo di Marshawn Lynch, che quando è in giornata è un camion inarrestabile ma che quando gli gira male mette in discussione tutto, e persino la grande difesa era stata messa in discussione dall’alto (o dal basso, dipende) dei 23.5 punti a partita concessi nelle prime sei apparizioni stagionali. La distruzione di Green Bay era stata seguita da un passo falso nell’afa di San Diego, e piegare Denver all’overtime nel rematch della finalissima non aveva certo dissipato le perplessità di fronte al punto più critico della stagione, rintracciabile nei due stop consecutivi contro Dallas e St. Louis, il primo dinanzi al pubblico amico per mano di un Tony Romo bellamente infischiatosene del frastuono del luogo, il secondo contro una rivale divisionale priva del suo quarterback titolare e sulla carta genericamente inferiore un po’ in tutti i reparti.

Sommersi dalle critiche, gli ‘Hawks hanno ritrovato i loro intenti condivisi e sono andati avanti per la loro strada facendo orecchie da mercante alla critica, ricominciando un po’ alla volta a giocare secondo le loro possibilità in un momento di pericolo per la qualificazione ai playoff. D’altro canto non erano bastate le tre vittorie consecutive registrate tra fine ottobre e la prima decade di novembre, perché la susseguente sconfitta contro i Chiefs aveva inchiodato il bilancio a quota 6-4, ponendo Seattle all’interno di una pericolosa concorrenza per strappare l’ultima Wild Card. Detroit e Green Bay si stavano contendendo la testa della NFC North, Dallas e Philadelphia quella della NFC East, mentre ad ovest Arizona dominava mentre Seahawks e 49ers, le arci-rivali, arrancavano a pari merito.

Quel momento della stagione ha assunto per i Seahawks i medesimi connotati del famoso Monday Night perso dai Patriots a Kansas City: in America, lo chiamano turning point.

120910-wilson-480Ed ecco, d’un tratto, i Seahawks vicini all’onnipotenza che avevano sorpreso tutti un anno prima, forti e bilanciati in attacco, aggressivi in difesa. Molto terreno è stato recuperato grazie ad importantissime affermazioni all’interno della NFC West, fatto che ha permesso alla squadra di redimersi dagli errori commessi in precedenza, portando a casa due doppie sfide fondamentali. Gli odiati 49ers sono stati letteralmente annichiliti tra una regressione e l’altra di Colin Kaepernick, i Cardinals smantellati da cima a fondo in assenza di un quarterback del calibro di Carson Palmer.

Sei vittorie consecutive, una più pesante dell’altra, con una media punti concessi per uscita scesa a 6.5, con i soli Eagles capaci di segnare in doppia cifra a questa difesa risorta. E, premio più importante di tutti, il primo seed di tutta la NFC grazie al 12-4 conclusivo, il vantaggio di avere dalla propria parte il vantaggio del dodicesimo uomo più rumoroso della Lega per tutta la durata dei playoff, la coscienza di aver ritrovato se stessi, la propria essenza, la propria coesione di squadra nel momento più delicato della stagione.

Da franchigia in pericolo per un semplice ingresso alla Wild Card, la NFL si n’è ritrovata tra le mani una più che degna di intraprendere la difesa al suo titolo. Due facce completamente diverse della stessa faccenda, rintracciabili anche nell’epica sfida che ha dato agli ‘Hawks l’accesso al terzo Super Bowl della loro storia. O, vedendo la questione da un punto di vista ancora più ampio, la stessa identica prospettiva del loro percorso di postseason.

461308144Se difatti il ritrovato dominio di squadra era completamente riflesso nell’istantanea di Kam Chancellor che riporta in meta l’intercetto su Cam Newton nel turno di Divisional Playoffs in una dimostrazione di superiorità evidente, l’altra faccia della medaglia è rappresentata in pieno dal primo tempo giocato contro Green Bay in un clima surreale, con il CenturyLink ammutolito davanti al 16-0 al passivo ed ai continui turnover commessi da Russell Wilson, uno che fino a quel momento aveva lanciato 7 intercetti in tutto l’anno, e che con i 4 rimediati in quell’occasione aveva seriamente messo in ginocchio le possibilità della sua squadra.

Il resto è storia ben conosciuta: i Packers si sarebbero mangiati la partita da soli in un quarto periodo letteralmente incredibile, Wilson sarebbe tornato l’eroe decisivo di sempre, e Lynch avrebbe stirato placcatori come se non ci fosse un domani, recuperando una situazione che sembrava disperata, ancora una volta.

Domenica sicuramente non ci sarà una partita a senso unico come quella di dodici mesi fa, la sete di rivincita di Belichick e Brady è semplicemente troppa, e la posta in palio – il quarto titolo e la conseguente definitiva cementificazione negli annali per il duo – è troppo alta per toppare l’esibizione come fecero Peyton Manning e compagni.

Ma semmai i Seahawks ci hanno insegnato qualcosa è che non vanno, mai e poi mai, sottovalutati. Per ogni giocatore che perdono trovano un altro protagonista in grado di portare sulle spalle la pressione del dover rappresentare un pezzo fondamentale per il corretto funzionamento del meccanismo ideato da Carroll e dal suo brillante staff di allenatori. Basti pensare a giocatori come Jermaine Kearse, Doug Baldwin e Luke Willson, e riflettere sui loro contributi per questa squadra.

In fondo, Seattle quei Patriots desidera batterli in tutti i sensi, portando loro via anche la nomea di ultima squadra NFL in ordine cronologico ad eseguire il cosiddetto back to back.

Lassù, nel piovoso nord-ovest, c’è tanta voglia di dinastia.

 

 

 

 

 

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