Brad Pitt nei panni del GM degli Oakland A's detta le condizioni per la campagna acquisti

L’arte di vincere
(Moneyball, 2011, Usa)

Regia:Bennett Miller
Con:Brad Pitt, Jonah Hill, Robin Wright Penn, Philip Seymour Hoffman, Chris Pratt, Kathryn Morris, Stephen Bishop, Ari Zagaris, Sergio Garcia, Olivia Dudley, Erich Hover
Distributori:Warner Italia
Genere: Biografico, Drammatico, Sport
Durata: 133′

Chissà cosa sarà passato per la testa di Billy Beane in quei giorni di ottobre del 2001. I suoi Oakland A’s, di cui è GM, sono appena stati eliminati in gara 5 delle Division Series dell’American League dai New York Yankees, per di più dopo aver dilapidato un vantaggio iniziale di 2-0.

Di sicuro tanta rabbia e molta frustrazione. Poi ? Un colpo di genio, di sicuro una follia. Rivoluzionare tutto, cambiare il sistema.

Moneyball, tratto dal libro omonimo di Michael Lewis, è la storia di un’utopia scientifica. Spesso le utopie, per come ce li hanno insegnate a scuola, sono sogni irrealizzabili, come la Città del Sole di Campanella. Nel baseball no, sono frutto dei più complessi calcoli statistici.

Statistiche del tutto originali però. La media battuta, il numero di home-run ? Stronzate, non servono a niente per valutare la bontà di un giocatore e soprattutto quanto questi contribuisce alla vittoria della sua squadra.

Nacque tutto ad opera di un tizio di nome Bill James che ne diede il nome di sabermetrica. Si inventò nuove formule, classificò tutti in base ad esse e ne uscì fuori una rivoluzione. Coloro che per le misure tradizionali erano autentici bidoni risultarono, secondo i nuovi calcoli, essere fondamentali per la vittoria.

Ma cosa c’entra tutto questo con gli Oakland A’s ? Billy è un GM di sicuro talento ma ha fallito ancora, ha perso di nuovo l’ultima partita della stagione, come anche l’anno precedente, sempre a livello di Division Series, sempre contro gli Yankees, sempre a gara 5.

Serve una scossa, ma di quelle vere, anche perché nel frattempo i suoi gioielli sono andati per lidi più caldi, tra loro il pitcher Jason Isringhausen, l’outfielder Johnny Damon e il prima base Jason Giambi e lui non ha li potuti trattenere nella Baia perchè gli A’s non hanno tutti quei soldi per pareggiare le offerte delle squadre più ricche.

Si cambia filosofia allora. C’è un ragazzo occhialuto e tarchiato che si è laureato in economia a Yale che gli dice cose nuove e gli prepara equazioni di secondo grado. Ecco la svolta. La nuova squadra si farà in base a questi numeri, perché non importa niente se non quante volte vai in base, quant’è il tuo peso per la vittoria finale della tua squadra.

No, non sto a spiegare come questo metodo funzioni, posto che lo abbia capito mai veramente qualcuno. Diciamo che la matematica incontra il baseball in maniera tanto incisiva che solo in base ad essa si può raggiungere la vittoria.

Parte la stagione 2002 e la campagna acquisti più originale della storia. Si comprano giocatori dati altrove per bolliti ma che secondo il computer renderanno alla squadra anche più di All Star strapagati.

Moneyball è un film pulito, incisivo, ed è curioso come si sia potuto convincere a prendere parte ad una storia di baseball il bello per eccellenza del cinema americano, Brad Pitt, comunque anche grande attore (vedasi per ultimo Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino) e Philip Seymour Hoffman, premio Oscar 2006 come miglior attore protagonista per Truman Capote.

Se il secondo è comunque sprecato per il ruolo secondario di skipper, Brad Pitt recita senza intoppi il ruolo di un GM spregiudicato e sicuro di sé, ossessivo e ambizioso, superstizioso (non va al ballpark) e cinico (non fa amicizia con i suoi giocatori per meglio giocarli come pedini del suo scacchiere).

E’ una storia grande quanto piccola. Grande perché in fondo fu una rivoluzione, innanzitutto filosofica e piccola perché alla fine dei conti (e qui di questo si tratta) gli A’s finiranno la stagione esattamente come l’anno precedente. Ossia alle Division Series, ancora con una sconfitta in gara 5, questa volta per colpa dei Minnesota Twins.

In mezzo c’è il record dell’AL per numero di vittorie consecutive, 20 e la curiosità di tutto il mondo del baseball, che però per larghissima parte è ostile. Non si può vincere, si dirà, solo in base a dei calcoli, per lo più astrusi e originali. E la componente umana, il carattere delle persone ?

Il merito del regista, Bennett Miller, il cui capolavoro è proprio quel Truman Capote di cui sopra, è di aver voluto portare sul grande schermo e quindi alla ribalta della più vasta platea americana e mondiale la storia di una possibilità.

Non è stato nient’altro che un tentativo e vivaddio se almeno questa volta non c’è il solito finale lieto e strappalacrime. No, gli A’s perdono, non vanno da nessuna parte. Quindi cosa ci dice questo racconto ?

Di nuovo, è una storia grande quanto piccola. E grande lo è perché ogni idea originale va salvaguardata dalla massa che tutto conforma secondo mediocrità e perché in fondo si è cercato un modo di sovvertire il sistema.

La mancata vittoria finale è compensata dalla profondità del significato politico, laddove un team con ridotte possibilità economiche compete alla pari o quasi con avversari dal valore monetario anche di 10 volte superiore.

Anzi, detto più esplicitamente, è la proprio la mancata vittoria finale, che forse un po’ di tutti coloro che non conoscono il baseball si aspettavano da questo film, la chiave che dà il vero senso alla storia. Che poi, è una storia vera.

Chi l’ha detto poi che il metodo non ha funzionato ? Bill James fu assunto dai Boston Red Sox che nel 2004 vinsero il titolo.

Ricordate ? La più grande pagina della storia del baseball e forse di tutti gli sport di ogni epoca. Batterono gli Yankees per il pennant rimontando uno svantaggio di 0-3 e poi completarono con le prime World Series vinte in 86 anni, scacciando per sempre The Curse of the Bambino, una leggenda della cultura americana.

Ebbene, fecero tutto ciò anche per quei sofisticati calcoli che molti continuano a considerare spazzatura che per alcuni sono una vera e propria ragione di vita.

Moneyball ha ricevuto critiche positive pressoché da tutti, anche un po’ a sorpresa, perché nonostante il baseball sia passatempo nazionale c’era il rischio di un copione troppo per intenditori del genere e comunque poco glamour.

Pericolo scampato, perché Brad Pitt attrae sempre e comunque, con o senza Angelina Jolie, perché il taglio realistico rende il tutto più affascinante.

C’è Carlos Pena, argomento di discussione tra GM e skipper perché da un lato il ragazzo è l’unica star della squadra soprattutto nell’iniziale periodo di crisi (ma dove sono Barry Zito, Cy Young Award e Miguel Tejada MVP ?) dall’altro ostacola i piani scientifici dato il suo rating basso, sempre a detta del goffo ciccione da Yale.

Un film che inizia bene e finisce meglio. A Beane infatti viene offerta la poltrona di comando a Fenway Park. Niente, già una volta, da giocatore, aveva scelto in base ai soldi, questa volta dice no.

Ad oggi non ha ancora vinto niente. Sul diamante no, però al di là della consistenza o meno delle sue teorie, ha messo a tutti la pulce nell’orecchio e dimostrando grande coraggio ha cercato di sfidare il sistema.

Quanto fa originalità + perseveranza + ambizione fratto coraggio + coerenza + voglia di vincere, il tutto sotto radice quadrata ?

Non si può, vero ? Sono qualità dell’essere umano e solo in base a queste si determina la classifica dei migliori e dei peggiori.

4 thoughts on “Moneyball – L’arte di vincere

  1. Bread Pitt grande attore ahahahah, Bastardi senza gloria grande recitazione ahahahah mick, eri decisamente ubriaco quando hai scritto questo!

  2. ciao, normalmente io ABORRO i film che parlano di sport americani tradotti in italiano, quindi avevo deciso di vedermelo in inglese. Che mi dite di questo? SI può sentire oppure ci sono gli strafalcioni impossibili alla “Major League”? Graz

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