E' stata tutt'altro che una stagione facile per coach Kuester e i suoi Pistons...

Nella costruzione di una squadra, il ruolo del GM ricopre fondamentale importanza all’interno di una franchigia. La distanza tra un mago della programmazione e della strategia ed un buffone di corte che occupa una poltrona vicina alla detonazione è molto più breve di quanto ci si possa immaginare.

Infatti, quando passi con la seconda scelta assoluta, in uno dei Draft con più talento individuale di sempre, un giovane americano proveniente dal college di Syracuse, fresco vincitore di un torneo Ncaa giocato da super-protagonista, per scegliere un (potenziale) centro dominante proveniente dall’Europa, che si rileva un bidone epocale, devi sperare che la tua annata successiva sia fortunata se non vuoi rischiare di passare alla storia come colui che ha compromesso il futuro di una squadra per i 15 anni successivi.

Se però conquisti un titolo, costruisci una mentalità vincente e porti un roster di rinnegati NBA a battere i Lakers di Kobe, Shaq, Malone e Payton, allora quella scelta viene vista come il sacrificio di talento per il bene collettivo, il non scegliere unicamente in base alla qualità del giocatore ma cercare di inserire un tassello adatto nel “grande disegno”.

Nel momento in cui poi il mosaico costruito con tanta pazienza comincia a perdere pezzi e ti trovi a dover ricominciare tutto da capo, non è detto che il destino sia ancora dalla tua parte.

Quando Joe Dumars scambiò Billups per Iverson, tutti pensarono ad una mossa in prospettiva futura per poter liberare spazio salariale, senza perdere di competitività. L’estate del 2009, quella che precedette l’incandescente luglio 2010 per i free-agent, presentava già alcuni giocatori di ottimo livello disponibili sul mercato e poche squadre in grado di accaparrarseli.

Per chi non se lo ricordi o abbia la memoria corta, tutte le franchigie durante quell’anno erano cariche di contratti in scadenza il luglio successivo con margini di manovra davvero minimi.

Solo una squadra si poteva permettere di spendere, e tanto, sul mercato: i Detroit Pistons. Alleggeriti dai super-contratti di Iverson e Rasheed, avevano già iniziato a pensare alla ricostruzione qualche anno prima, non rinnovando l’omonimo di Sheed, Ben Wallace.

Sperando che Boozer uscisse dal suo contratto (come gli era possibile fare, esercitando l’opzione), pensavano di ripartire dal miglior sesto uomo della Lega in quel momento storico, Ben Gordon e dal lungo ex-Duke, inserendoli in un contesto che già comprendeva giocatori di sicuro valore come Prince ed Hamilton.

Ma, come dicevamo, non tutte le ciambelle riescono col buco. E così può anche capitare che incredibilmente Boozer decida di non uscire dal contratto e rimanere un altro anno in maglia Jazz per poter trarre il massimo guadagno possibile nell’estate successiva e che ti tocchi selezionare l’opzione B nella posizione di Power Forward, ossia Charlie Villanueva.

Così come può capitare che la scelta di un allenatore per sostituire Brown si rilevi molto più complicata del previsto, passando da vecchie glorie poco carismatiche fino ad arrivare ad un erede designato con un carattere dominante che non riesce ad andare d’accordo con le proprie stelle, vale a dire coach Kuester.

Inoltre il talento individuale nei recenti draft, quelli in cui si poteva scegliere in alto, è andato via via diminuendo, riducendo una macchina da post-season ad una buona candidata alle prime 5 scelte il prossimo anno.

Quest’anno il roster era formato da veterani NBA come Hamilton, Prince, McGrady o il cavallo di ritorno Ben Wallace, giocatori che hanno combattuto (ed in alcuni casi vinto) ogni tipo di battaglia, più avvezzi ai climi caldi dei Play-Off che alla tediosa regular season, mescolati ad altri giovanissimi, che non hanno ancora mostrato il loro potenziale e che fremono per dimostrare di poterci stare in NBA (vedi Austin Daye, Greg Monroe, in parte Maxiell e Stuckey).

Nonostante lampi di buona pallacanestro in alcune fasi della stagione, il connubio non è sembrato funzionare ed, almeno con questa strutturazione, sembra difficile anche solo ambire a combattere per il titolo.

La soluzione non è certo facile da trovare, ma l’errore più grande è stato secondo me non voler rifondare definitivamente e lasciare alcuni elementi del regime precedente all’interno di un roster completamente nuovo.

Probabilmente la decisione di cedere Hamilton e Prince anche a prezzi di saldo non convinceva totalmente i proprietari, che proprio in questi mesi stanno trattando la vendita della franchigia e non vogliono svalutare i loro pezzi pregiati, ma un sacrificio per trovare una nuova alchimia all’interno dello spogliatoio era necessario.

Soprattutto perché il contratto di Prince scadrà a fine anno e le possibilità che cerchi un’altra destinazione in cui magari vincere un titolo sono alte, e la coesistenza nella stessa squadra di Rip e Gordon pare alquanto complicata.

A meno di incredibili rovesciamenti di fronte, a breve i Davidson lasceranno la proprietà della squadra al miliardario Tom Gores e da lì, probabilmente con un nuovo assetto dirigenziale, si deciderà del futuro dei Pistoni.

L’auspicio è che non si getti via tutto il prezioso lavoro compiuto in questi anni da Dumars, che verosimilmente ha anche sbagliato qualche scelta, ma non ha mai permesso alla nave di affondare.

Con qualche fortunata scelta al draft ed un paio di mosse coraggiose, credo che sin dal prossimo anno Detroit possa dire la sua nella Eastern-Conference e poi tra qualche anno, chissà, forse si potrà tornare a sorridere.

3 thoughts on “Pistons Under Costruction

  1. Grazie mille,

    Che peccato per lui che l’anno scorso era stata quasi l’unica nota positiva.

    Io continuo a ritenere lo scambio per Iverson un buono scambio, sicuramente a livello salariale, e se AI avesse avuto la testa per partire dalla panchina e fare l’attaccante unico di un secondo quintetto squisitamente difensivo avrebbe pagato anche sule W-L. Peccato che quanto guadagnato sia stato poi investito per prendere Villanueva (in NBA quando hai i soldi devi spenderli).

    Che dire, speriamo che Monroe cresca ancora, che Rip trovi una sua sistemazione (a Chicago lo avrei visto benissimo) e che la prossima scelta ci sorprenda piacevolmente

    DEEEEEEEEEEEEEEETROIT BA-SKET-BALL!

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