Terry vola in transizione per il 2-1 Mavs

I Mavericks si riprendono subito il vantaggio del campo, appena arrivati in Oklahoma, anche se in questa serie sembra essere un vantaggio decisamente limitato.

La partita è stata strana, per certi versi inspiegabile; un Nowitzki che ha fatto finora, in questi play off, il bello ed il cattivo tempo, trascinando sempre i suoi nei momenti difficili, quasi sempre superati grazie al suo apporto, per quasi tutta la partita ha sparacchiato a salve, sbagliando canestri per lui agevoli e lasciando per tre quarti il proscenio a Terry e Marion, salvo tornare grande nel finale, mentre dall’altra parte coach Brooks rinunciava a prescindere alla mossa che gli ha dato la vittoria in gara 2 a Dallas, cioè quintetto piccolo con Maynor ed Harden guardie e Westbrook in panchina.

Westbrook ha giocato con il fuoco addosso, con una grinta ed una determinazione notevoli, risultando il miglior marcatore della partita, tagliando la difesa avversaria come il burro, senza nemmeno tirare troppo, ma ancora una volta con lui l’attacco dei Thunder pare poco fluido.

Infine i Mavericks hanno letteralmente dominato l’inizio della partita, poi lentamente il vento è cambiato e nel finale hanno imperversato i Thunder, che hanno rischiato di vincere una partita in cui erano stati ad un passo dalla disfatta epocale.
A dire il vero la scarsa fluidità dell’attacco dei Thunder ha responsabilità di due tipi. La prima va cercata negli uomini di Scott Brooks, con un Harden positivo, ma non certo al livello di gara 2, non è riuscito ad aiutare nella circolazione, nelle due stelle, Westbrook e Durant, specie il primo, che hanno forse ecceduto ancora una volta in penetrazioni ed isolamenti, con dei lunghi che anche quando hanno avuto spazio non l’hanno sfruttato a dovere, risultando poco incisivi in fase offensiva.

L’altra responsabilità è però tutta dei texani che, abilmente orchestrati da Rick Carlisle, hanno finalmente stretto a dovere le maglie difensive. La grande esperienza dei Mavericks, unita alla nuova capacità di Carlisle di compiere aggiustamenti agli ottimi piani di gara che ha sempre creato, ha trovato il modo di limitare degli avversari giovani, atletici e talentuosi, che sembravano impossibili per loro da fermare.

Su Westbrook oltre ad un Kidd, che non può limitare davvero un avversario di 15 anni più giovane e molto più veloce, per quanti aiuti arrivino, ha giocato spesso Stevenson, fisico, duro, cattivo, che non è riuscito a togliere punti all’avversario ma è riuscito a togliere lucidità e, soprattutto, a rendere molto più difficile far passare la palla nelle mani di Harden e Collison, quei giocatori dalla grande visione di gioco che Brooks aveva usato per aiutare la costruzione dell’azione. Su Durant nessuno è stato davvero efficace, salvo che nel primo, devastante quarto, ma in questo modo il miglior marcatore dell’NBA è stato obbligato a girare più al largo dal pitturato, penetrando poco e tirando più dalla media distanza, perchè aveva sempre davanti un marcatore più fresco di lui.

Questo accorgimento probabilmente è quello che ha impedito a Brooks di provare la mossa vincente di gara 2, quattro piccoli e Maynor in regia, in quanto senza Westbrook non c’era nessuno in grado di penetrare con continuità ed i Mavs non sono certo un team da affrontare limitandosi a tirare dall’arco e provare a cercare i lunghi, per chiarimenti in materia si può provare a chiedere ai Lakers.
Alla palla a due è iniziato un vero e proprio incubo per i Thunder, contro una difesa avversaria dominante, che riusciva a chiudere benissimo le fonti di gioco dei ragazzini terribili dell’Oklahoma, mentre la circolazione di palla dei Mavericks permetteva sempre un tiro relativamente agevole.

Terry, Stevenson, Chandler, Stojakovic, Kidd, perfino uno spaesatissimo Nowitzki correvano a partecipare alla sagra del canestro agevole, mentre dall’altra parte Westbrook e Durant provavano inutilmente, ed a volte velletariamente, a tenere a galla la barca dei Thunder. Un primo quarto a senso unico si è quindi chiuso sul 27 a 12, e nel secondo quarto la musica è sembrata simile. Per fortuna del gruppo di giovani musicisti pop che hanno provato a cimentarsi contro degli orchestrali di lungo corso, gli orchestrali oltre ad una grande esperienza hanno anche una certa età ed hanno dovuto allentare leggermente la pressione difensiva, per evitare di pagare troppo dazio nel finale.

In questo modo dal clamoroso 35 a 13 in cui erano precipitati i Thunder, dopo un ulteriore allungo firmato da Terry, sono riusciti a bloccare la caduta, recuperando pochissimo ma almeno non permettendo al divario di incrementarsi ulteriormente. La prima metà della gara si è chiusa sul 52 a 36, un divario molto netto ma ancora non definitivo.

Nel terzo quarto i Thunder hanno provato a stringere di più la maglie in difesa, in cui praticamente solo la marcatura di Collison su Nowitzki fino a quel momento aveva funzionato e, complice anche un lieve calo atletico degli avversari. Terry è stato quasi sempre seduto in panca, ma quando è sceso in campo ha sbagliato i tiri che ha avuto, Nowitzki non ha ritrovato la mano migliore ed i Mavericks hanno faticato più che nel primo tempo a trovare il canestro, ma gli avversari, ancora impulsivi e più attaccati all’estro del momento che ad un piano di gioco preciso non sono riusciti ad approfittarne. A quel punto il punteggio era infatti ancora sul 70 a 56.
Infine dell’ultimo quarto i Thunder hanno gettato il cuore in campo, dando il tutto per tutto, cosa che non avevano dato l’impressione di aver fatto nei primi tre quarti, un invasato Westbrook ha effettuati continue penetrazioni nel cuore dell’area avversaria, chiunque fosse il marcatore, Harden ha iniziato a trovare qualche tiro in più e Durant è sembrato risvegliarsi dal torpore che pareva attanagliarlo.

La difesa dei Mavericks è crollata sotto i colpi dei giovani avversari, non riuscendo a trovare contromisure adeguate, ma a quel punto è emersa l’esperienza di chi da anni, se non decenni, calca i parquet dell’NBA. I Mavericks infatti non si sono lasciati impressionare, hanno cercato di eseguire sempre meglio i giochi offensivi, saltando la pressione avversaria, e dove non potevano vincere la partita in difesa, come nei primi tre quarti, l’hanno vinta in attacco. Nowitzki finalmente ha fatto sentire il suo contributo, Terry ha trovato quella continuità che gli era mancata ed i texani sono riusciti a reggere l’urto degli scatenati avversari. Specialmente nelle ultime azioni, quando i Thunder erano riusciti a risalire a soli 4 punti di distacco, grazie al forcing di Durant e Westbrook, Nowitzki e Terry sono stati chirurgici, compiendo scelte offensive con una lucidità impressionante ed hanno messo i tiri liberi che hanno chiuso la partita.

Certo, anche qui la differenza di esperienza si nota, in gara 2 i Mavericks nel tentativo disperato di recupero hanno provato a fare i falli per portare gli avversari al tiro libero su Sepholosha e Collison. Thabo e Nick hanno realizzato i tiri e chiuso la partita, ma la scelta era la più logica. Gli inesperti Thunder hanno fatto invece tirare gli ultimi liberi a Nowitzki e Terry, non esattamente due abituati a sbagliarli.

I Thunder hanno ricevuto un’altra lezione pratica su come si deve giocare nei play off, in gara 2 hanno dimostrato di saper imparare, adesso vedremo se proseguiranno. Dato che in attacco, a meno di miglioramenti repentini nelle letture delle situazioni di gioco che mi paiono difficili, almeno nel brevissimo periodo, direi che devono assolutamente difendere meglio fin dalla palla a 2. Non facile farlo contro un attacco preciso e fluido come quello dei Mavericks, ma da questo passeranno le loro possibilità di vittoria.

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