Tony Parker, Manu Ginobili, Tim Duncan, per loro la quarta finale insieme, mai una sconfitta

Tony Parker, Manu Ginobili, Tim Duncan, per loro le quarte Finals insieme, mai una sconfitta

I San Antonio Spurs tornano alle NBA Finals, qualcosa che non succedeva ormai dal lontano 2007. Un tempo era consuetudine.

4 Finals e quattro vittorie tra il 1999 e l’anno suddetto, tre titoli in cinque stagioni (nel 2005 e 2007 gli altri due), tutti con una coppia al timone. Coach Popovich e Tim Duncan.

Ora che ritornano sul palcoscenico più importante dopo anni di oblio la mia testa si rinnova di pensieri che parevano oramai assopiti.

Provo a renderli comuni, avvisando che non intendo urtare la sensibilità (e il tifo) di nessuno. Il titolo dice tanto e non dice niente. Perchè odio gli Spurs ? Ma perchè odiarli ?

Sì, ho odiato gli Spurs profondamente. Oggi invece qualche anno in più di saggezza me li fa digerire un po’ meglio, anche se non mi sarei mai aspettato che sarebbero tornati alle Finals e quindi di dover riaffrontare la questione.

Quindi articolo attuale e necessario, perché io li ho odiati e tanti altri li hanno amati, ma oltre tutto San Antonio è li, nella storia di questo gioco. Quindi impossibile ignorarli, e come ogni cosa di forte impatto è amore o odio.

Barrare la seconda casella per me, ecco i motivi. Forse uno, grande, che sovrasta tutti gli altri. Ogni volta che San Antonio ha giocato (e come abbiamo visto anche vinto) le sue Finals queste sono state tra le più noiose della storia.

Punti di vista ? Beh, fino a certo punto. Il nodo è complicato. Per i puristi del gioco hanno sempre espresso un basket ordinato e pulito. Sono stati un sistema. Ecco, appunto, un sistema.

A me piace l’improvvisazione, la storia difficile e il sogno impossibile. No, Popovich ha sempre trattato i suoi come militari a cui dare ordini imperanti, chi sbaglia paga, mai sopra le righe, rispettare sempre il piano partita.

I suoi sono pedine in uno scacchiere, non hanno fantasia individuale, non c’è spazio per il guizzo personale. Obiezione. E Manu Ginobili, il Tony Parker soprattutto dell’ultimo periodo ?

Sì, anche le sfuriate dei due sono inquadrabili all’interno del sistema, tutto è calcolato. Figuriamoci, a me piaceva Iverson vestito da rapper, versi rimati fino a canestro, e Kobe ribelle contro gli ordini di Phil Jackson di dare la palla dentro a Shaq.

Scrissi una volta sui muri della palestra del mio liceo odi a Vince Carter e Jason Williams, la slam dunk e il genio, per me sono eroi Pete Maravich e Earl “The Pearl” Monroe prima che Bill Russell con gli anelli più numerosi delle dita.

Forse già si siamo capiti. Cosa c’entrano gli Spurs ? Innanzitutto di Spurs ne esistono parecchie versioni, almeno due epoche vincenti. Popovich e Duncan le colonne portanti, sempre e comunque.

Vinsero nel 1999 la stagione “dell’asterisco” orfana della grandezza di sua maestà Michael Jordan contro dei Knicks sorprendentemente arrivati fin là.

Duncan era al secondo anno, ma già abbondantemente il perno della squadra. Faceva coppia da “Twin Towers”, prima che Bin Laden cancellasse per sempre il vezzo di battezzare con questa espressioni due lunghi titolari di peso, con David Robinson, una leggenda.

Sempre quel Robinson preso in giro da Olajuwon e il suo “Dream Shake” e dallo strapotere giovanile di Shaq, ma almeno in considerazione tra i migliori centri della sua generazione, quando cioè nella NBA di lunghi veri e decisivi ce n’erano.

Fronteggiò Ewing in quel giugno ’99, altro talento cui soccombere ma in ogni caso Robinson il suo lavoro l’ha sempre portato a termine e fu anche MVP nel 1995. Ah, si era già ritirato (ritiro 1-3) e tornato in corsa in primavera il signor Jordan, piccolo dettaglio.

Un giovane Popovich prende le redini degli Spurs, la San Antonio del basket non sarà più la stessa

Un giovane Popovich prende le redini degli Spurs, la San Antonio del basket non sarà più la stessa

Nacque qualcosa di memorabile. Un dominio potenziale, il giovane lungo più forte della NBA, un coach di ferro. Non proprio. Avery Johnson era in fase calante e già studiava da allenatore scaldando la sua voce da papero.

Con lui Mario Elie, quello del negozio di scarpe dell’inarrivabile Federico Buffa che Dio l’abbia in gloria. Pure Sean Elliot, l’ala piccola titolare.

Ovviamente anche Robinson l’Ammiraglio, quindi in pratica i quattro quinti dello starting five si guadagnarono la gloria da persone mature. Possibilità di costruire sul lungo termine poche.

Invece no, e qui va dato atto al Popovich GM (fino al 2002), un genio tanto quello che sta in panchina con la faccia incazzata e butterata.

Nel draft 1999 arriva Manu Ginobili, una statua in Piazza Grande a Bologna per i trionfi in maglia Kinder, in quello del 2001 Tony Parker, un franco-belga con sangue afroamericano all’ombra della Tour Eiffel.

L’argentino con la chiamata numero 57, dico, numero 57, il fritto misto euro-americano con la ventottesima. Altra roba quando sognando Duncan alla prima assoluta non ci si risparmiò a voler perdere nemmeno troppo di nascosto 62 partite. Furono sogni esauditi.

Ma con Manu e Tony altro che sogni. Due scommesse, due azzardi, due colpi di genio. La cavalcata Spurs verso i piani alti della lega poté continuare, per la sorpresa di tutti.

2003, 2005, 2007, un anno sì e un anno no. Costruirono una dinastia anomala, imperfetta, non i tre di seguito di Phil Jackson 1.0 1991-1993, 2.0 1996-1998 e poi 3.0 2000-2002.

La dinastia dispari di San Antonio mi ha fatto sinceramente nascere negli anni un desiderio di grande avversione. Passi la prima contro New York, ma le tre Finals con Manu e Tony ?

Nel 2003 superarono 4-2 i New Jersey Nets, partite lente a dir poco, sommesso spettacolo di tatticismi portato allo strenuo contro avversari già reduci da una magrissima figura l’anno prima (sweep dei Lakers ultimo atto con Shaq).

Le Finals più belle che abbia mai visto sono le prime, quelle del 1998. C’era Michael Jordan, ma dovette vincere in gara 6 all’ultimo tiro. Altri tempi, altre emozioni mai più eguagliate.

Poi ci fu Iverson nel 2001 che vinse da solo gara 1 allo Staples e scavalcò il cadavere di Tyronn Lue a terra. Non fa niente il resto, 4 vittorie di fila per i gialloviola, resta quell’immagine.

Nel 2005 il paradosso. Ragazzi, abbiamo una gara 7 ! Non succedeva dal 1994. 7 partite tra due sistemi, perché nemmeno a Larry Brown sfuggiva niente.

7 gare in cui manca costantemente qualcosa, e non stupidamente la grande giocata. E’ un ode a chi del basket piace la ragione, le difese sull’esuberanza offensiva, il concetto più alto di squadra.

Ripeto, sogno ancora l’uomo solo al comando contro tutto e tutti, ma scendendo dal letto non mi dispiacque vedere Shaq dominare sotto canestro come poi Kobe, Wade, lo stesso Nowitzki fino a LeBron.

Peggio, molto peggio e mazzata finale nel 2007. Sweep indecoroso contro i Cavaliers. LeBron era ancora un ragazzino ma il suo supporting cast non avrebbe vinto una sola gara di playoff contro una qualsiasi della Western Conference di allora.

Colpa non di San Antonio, almeno in parte, ma spettacolo indegno da non ripetere mai più. Il senso però rimane.

Con loro alle Finals c’è uno spettacolo, si, proprio uno spettacolo, ma di altra pasta. Forse più europeo, e non è un caso se Popovich è il più europeista degli allenatori NBA.

Pick and roll, pick and pop, circolazione di palla, penetra e scarica, spacing fino alla nausea, ritmo controllato, una zona difensiva che non è un tabù come lo era prima per regolamento e resta per cultura a molti.

Coach Popovich e Tim Duncan, il perno della dinastia "dispari" dei San Antonio Spurs

Coach Popovich e Tim Duncan, il perno della dinastia “dispari” dei San Antonio Spurs

Ho odiato profondamente gli Spurs perché ho odiato le personalità di questa franchigia che prima era colorata e adesso è in nero e argento, anche qui non è un caso.

Prima di tutti proprio lui, il capo. Pensava alla CIA e a come scardinare l’impero sovietico prima di dedicarsi al parquet. Mente superiore, mi sento ostaggio del suo peso, professionale e mediatico.

Lo stimo come tecnico e si fa presto a dirlo, ci vuole ben poco. Prepara le partite come pochi, capisce tutto un attimo prima di qualsiasi altro, la sua etica del lavoro è invidiabile.

Sarà, ma il responsabile di questo gioco tanto perfetto quanto da avversare è proprio lui. No, forse nemmeno per questo, tanto che se si vince si viene odiati comunque, e Phil Jackson non ne è stato da meno.

Ma c’è un tratto dell’uomo, prima che dell’allenatore. Fu capace di un clamoroso “Hack a Shaq” scherzoso dopo la palla a due d’inizio gara ma non ride mai, sembra perennemente arrabbiato col mondo.

Il destino di chi prepara tutto nei minimi dettagli e si aspetta che vada come previsto, quindi nervosismo eterno, se è vero che la vita quanto il basket sono cose che non possiamo studiare a tavolino.

C’è una cosa però, più di tutte. L’adorazione di Flavio Tranquillo. Per me lui e Buffa sono dei miti, ci sono cresciuto ascoltando le loro telecronache, li amo anche più dei protagonisti in campo. Non scherziamo. Tranquillo e Buffa nel mio cuore.

Proprio per questo non posso sopportare l’unico difetto (a mio avviso, ovvio) di Flavio. Osannare gli Spurs e Popovich. Hanno vinto, lo meritano, no, è una venerazione che non sopporto.

Di solito si esalta per tutto quello per cui è giusto esaltarsi, e San Antonio dovrebbe rientrare nel giusto, invece proprio perché non posso vivere senza il suo commento mi dispiace quella parola di troppo, quell’entusiasmo che è forse adesione al mondo cestistico creato da Popovich.

Ogni intervista tra un periodo e un altro è oggetto di discernimento filosofico che nemmeno le recensioni alla Critica della Ragion Pura. Mi piace da morire, rido, ma allo stesso tempo è segno del mio odio verso i texani.

Non lo accuso di tifare per gli Spurs, anzi, penso non sia vero, voglio solo che l’enciclopedia vivente del basket, “The Voice” per Buffa che adoro lui invece perso nelle carnevalate dei Clippers, sia non già imparziale, quale è e resta, ma, mi scuso per l’orribile gioco di parole, “tranquillo” con gli Spurs.

Di sicuro mi ha fatto odiare anche Manu, e ce ne vuole per voler male di un talento come l’argentino. Ogni canestro un poema epico, soprattutto qualche anno fa. Grande Manu, grandissimo, non è colpa tua.

Non è colpa nemmeno di Tony Parker. Ma in che mondo viviamo ? Questo figlio di Francia, di Belgio, di chissà cos’altro, padre nero di Chicago, va dentro come i (purosangue) neri d’America ?

Ma chi gli lo ha mai permesso in tutti questi anni ? Anche qui, bravo lui, ma sono nostalgico di una NBA in cui fino in fondo ci andavano Iverson (sempre e solo lui), Marbury, prima di loro Isiah Thomas e dopo D Rose.

Sono stato male nel vedere Steve Nash due volte MVP, almeno una volta delle due in maniera forzata, ma capitemi, non viene dal Canada, o dal Sudafrica che sia, anche qui non si sa bene, il principio della mia passione.

Coerentemente non amo il basket italiano ed europeo, quel pallone che non è Spalding arancione fuoco, tutti quei blocchi inutili, gli sponsor sulle maglie, i punteggi bassi, l’arco da tre così vicino, quella circolazione di palla inutilmente euforica, la mancanza di atletismo, i timeout esasperati dai tatticismi e tante altre cose.

Sono nato nel Sud di questa nostra amatissima Italia ma sono figlio di un playground di Harlem o di Bed -Stuy.

Una scena che sembrava ormai storia, la rivedremo anche nel 2013 ?

Una scena che sembrava ormai storia, la rivedremo anche nel 2013 ?

Coerentemente non amo gli Spurs, perchè Popovich è il meno americano e ha fondato il successo con un argentino, il Parker figlio del mondo di cui sopra e un caraibico.

Già, Duncan. Dire che non mi piace la sua faccia è dir poco. Non ha emozioni, sempre lo stesso se vince un titolo o se perde di 40 punti (cosa tra l’altro rara).

Non potevo fondare i miei sogni da ragazzino sulla sua compostezza, gli eroi avevano già spedito le loro labbra ad indirizzo nuovo.

Il suo appoggio al vetro l’ho sempre trovato di un cinismo spietato, bello e anti-estetico nello stesso tempo, comunque una scappatoia di furbizia, un modo per continuare a nascondersi.

La sua meccanica di tiro ha bisogno di un po’ d’olio come i ferri del biliardino, e del resto Parker lo segue a ruota non spezzando il polso per il jump shot e Manu entra in area ricurvo su sé stesso, col palleggio bassissimo.

L’ odio continua, incredibilmente nel 2013, in piena epoca LeBron, a 37 anni suonati. Come spero giochino contro Miami ci sarà una sfida generazionale, tra due idee diverse del gioco e del mondo.

Questa dinastia dispari, così strana, così costante, l’ho sempre paragonata ai New England Patriots della NFL. Anche lì il successo si fonda sul coach, Bill Belichick e su una star posata, Tom Brady.

Anche qui ho preferito i Rams spettacolari o il gioco aereo di Peyton Manning, non un altro sistema, un altro cinico esercizio della ragione. Fu dinastia da avversare per cause migliori, come questi Spurs che tornano sulla ribalta.

Se è vero che c’è un LeBron ci penserà lui a mettere a posto le cose. Sarà per lui una rivincita, un piatto da servire freddo.

Complimenti San Antonio, per tutti questi anni. Sinceri, senza fraintendimenti, nei playoff NBA vince sempre la squadra più forte.

Complimenti alla dinastia dispari della storia NBA, la stima e il riconoscimento sono sacrosanti, il piacere è un altra cosa. Con affetto, vi odio Spurs, con viva e vibrante soddisfazione.

 

46 thoughts on “Perché “odio” gli Spurs

  1. COndivido l’analisi sui fastidiosi peana dell’immenso Flavio Tranquillo nei confronti degli SPurs. Fastidio che mi ha portato a non essere gran tifoso di Manu Ginobili, fenomenale giocatore, ma non del livello al quale lo colloca da anni Tranquillo. Per anni è stato uno dei migliori 15-20 giocatori NBA, non certo uno dei migliori 5 come si cercava di far credere

    • Se ci limitiamo alle giocate non è nei primi 10, forse nemmeno nei 20, ma quanto a compresione del gioco e all’ultilità in campo si sale di livello. Ricordo che alle ultime Finals vinte fu chiaramente Mvp delle Finals salvo poi darle a Duncan….

  2. Difficile commentare il tuo articolo Mick… per certi versi sono d’accordo con te, anche a me non stanno simpatiche le squadre “perfette e vincenti” (la Juventus, i New England Patriots, appunto gli Spurs), ma credo che alla fine tutto si risolva in una scelta: meglio vincere o divertire (e diversirsi)? Raramente – forse mai – si sono avute entrambe le cose, Iverson ha fatto impazzire tutti noi ma anelli al dito non ne ha, mentre Duncan è ovviamente noioso da vedere (a meno che non andiamo in sollucchero per un blocco o per il rimbalzino offensivo a 40 secondi dalla sirena, come fa Tranquillo…) ma di anelli ne potrebbe avere a breve una mano piena…
    Tuttavia essendo il basket uno sport più tecnico di molti altri a me gli Spurs stanno meno antipatici di altre squadre “perfette e vincenti” perché comunque sono spesso entusiasmanti per il senso di forza e superiorità che esprimono, e la bellezza (tecnica, forse non atletica) del loro gioco… e poi c’è l’argentino!!!

  3. complimenti per l’articolo, la penso esattamente come te..Onore agli Spurs, onore al grande Popovich, ma non si puo amare una squadra cosi..

  4. Altro articolo illeggibile..ma aprirti un blog no? Di adoratori di Lebron che ogni due righe sentono il bisogno di dirci quanto è grande il Re e quanto sono noiosi gli altri non se ne sente davvero il bisogno

      • “Se è vero che c’è un LeBron ci penserà lui a mettere a posto le cose. Sarà per lui una rivincita, un piatto da servire freddo”

        Il senso dell’articolo non ha senso, poi il pezzo finale su Flavio Tranquillo è di rara inutilità.

        Noiose le Finals del 2005? Maddeche!

        Ripeto, l’autore nei suoi articoli ogni due righe ci tieni a farci sapere dove stia il bene e dove il male.
        Non è questo lo spirito di playit, che ha sempre privilegiato le analisi tattiche a prescindere dal tifo.
        Si apra un blog.

        • Non so se è lo spirito di playit (prima volta che ci leggo un articolo) ma se a te questo sembra un articolo che si sbrodola su LeBron mi viene il dubbio che tu parta prevenuto sul numero 6… e io non sono uno dei suoi più grandi fan, chiariamo!

          A me sembra che citi James (4 volte in tutto l’articolo) solo come contraltare all’esasperazione tattica degli Spurs. Qualche anno fa avrebbe potuto citare Iverson, oppure D-Rose se i Bulls fossero arrivati fino in fondo, o che so io…

          A me pare un articolo, effettivamente scritto da un’ottica abbastanza personale, che analizza però sotto una certa luce alcuni punti interessanti. Peraltro anche secondo me la parte su Tranquillo era ampiamente evitabile, ma ciò non significa che tutto il resto non meriti una riflessione.

          Come ho scritto anche più sotto, per me il paragone si può fare con il Barcellona: sarà anche la squadra che esprime il miglior (?) calcio della storia, ma per me è di una noia mortale…

  5. Mamma mia, che brutto articolo. Onestamente posso condividere sulla bruttezza di alcune Finals (Nets e Cavs su tutti, ma ci sarebbe bisogno di DUE squadre all’altezza per avere delle belle Finals), ma far rientrare nel novero anche Spurs vs Pistons solo perchè erano “due squadre di sistema” beh, onestamente ci vuole davvero tanto per dirlo. Specie se poi si osanna il 4-1 dei Lakers sui Sixers, serie che ebbe una sola partita all’altezza (l’upset di Philly nella partita iniziale) e che poi non ebbe più storia.

  6. ciao odio gli spurs allen iverson portami a letto (ma non ho 13 anni no)…daje se ti piacciono i playground guardati i mixtape dell’and1, ma se non capisci che il basket è un gioco di squadra torna a guardare i globetrotters. la gente che palleggia 25 secondi ad azione è male, le rotazioni difensive perfette sono bellezza.

  7. Sinceramente di motivi per odiare gli Spurs ce ne sarebbero molti, ma sentire che sono odiosi perchè giocano bene a pallacanestro non si può sentire. Comunque si va verso una finale Spurs – Heat (due squadre che non sopporto), ma è potenzialmente una delle finali migliori che ci potesse capitare da anni a questa parte

    • Mah, se vogliamo fare un paragone a me fa schifo li Barcellona per come gioca a calcio. Magari sarà la massima espressione tattica del gioco ma a me mi annoia mortalmente.
      Stessa cosa qui con gli Spurs… direi che il paragone ci sta.

      • Ma si, forse hai ragione. Il fatto è che la pallacanestro degli Spurs non la trovo noiosa a differenza del gioco del Barcellona.Un extra pass lo trovo spettacolare, andare in porta con la palla lo trovo una rottura.

        Detto questo posso capire che se una persona si annoia guardando gli Spurs, allora il gioco così perfettino di popovich può anche essere motivo di “odio” (come per il Barcellona).

        Allora correggo il tiro, diciamo che ci sono tanti modi di giocare a basket (non solo quello si San Antonio), però dire che non ti piace perchè preferisci le improvvisazioni personali, le giocate dei singoli al di fuori del sistema è un dicorso che mi trova poco d’accordo lo stesso. Phila di Iverson aveva una grande identità di squadra, ma in attacco era uno strazio.

        O poi per me la squadra ideale sono i Knicks di Riley edizione 1992, botte da orbi dietro e palla a Ewing in attacco e vediamo cosa succede. Per cui sono di bocca buona ecco…

  8. A me questo articolo è piaciuto.
    I motivi che hai elencato per “odiare” gli Spurs sono esattamente quelli che portano me ad “amarli” alla follia, proprio come i Patriots: costanza, dedizione, sistema, unione… come si fa a non amarli?
    Per forza, io concepisco il basket come uno sport di squadra, dove la difesa viene prima di tutto e dove si vince insieme, credo non esista un doppio MVP più meritato di quello che ha avuto Nash
    Se i tuoi idoli sono Iverson, LeBron, Drose è normale che il gioco degli Spurs ti faccia schifo. Viceversa per me!

  9. Grandissimo articolo…per gli stessi motivi che ti portano ad “odiare” gli spurs portano me ad adorarli….non sono per niente spettacolari ma Parker, Ducan e Ginobili sono fortissimi, più concreti che giocolieri, ma alla fine ci si ricorda di chi vince…il processo è stato graduale, sarà la passione per la tattica ma il gioco di popovich è molto più complesso di quello che sembra superficialmente…

  10. Complimenti per l’articolo con cui concordo pienamente….Sono un LAKER dai tempi di SKY HOOK JABBAR…Ho fatto il mio pellegrinaggio allo Staples….ed “ODIO” gli Spurs!!!!…li ammiro ma allo stesso tempo li detesto!!!…e per la prima volta tiferò Lebron,sperando che l’anno prox venga nell’unica squadra che può farlo diventare una Leggenda al pari di Jordan e Kobe,ovvero i LAKERS(Buss permettendo)!!!!!!!!!!…..P.S. E’ strano lo so,ma i Patriots sono la “mia” squadra nella NFL!!!!!….come dire il giorno e la notte…c’est la vie!!!!!!!!!!!!!!!

  11. Quando poi dici che San Antonio è una squadra noiosa hai ragione: se per te il divertimento è vedere il Blake Griffin di turno (o chi per lui) che vola in contropiede, gli Spurs sono la squadra più noiosa del mondo.
    Per me divertimento è vedere una difesa che si chiude sull’uomo in penetrazione, Duncan che finta l’aiuto poi prende il rimbalzo e in un centesimo di secondo apre per Ginobili che in mezza transizione fa volare una freccia in angolo per Green che brucia la retina… Questo per me è basket.
    Sarò strano?

  12. Non posso dire che sia un brutto articolo, perchè quantomeno è stato scritto decentemente, ma i contenuti dello stesso sono quanto di più lontano sia la filosofia e l’essenza del basket (non quello da playground)…
    L’unica cosa che condivido è la faziosità di Tranquillo quando parla di Spurs, che sinceramente mi provoca gli stessi sentimenti dell’autore dell’articolo…

    p.s. Finals 2005 noiose??? Ommioddio….

  13. Non sono d’accordo con l’articolo, anche se accetto che possa esistere chi non abbia a ben vedere gli Spurs. Io, contrariamente, li adoro e li ho sempre adorati per tutti i motivi che spingono Mick a “odiarli”: ordine, pulizia d’esecuzione, rispetto dei ruoli. E’ una grande organizzazione, che fa del collettivo e della squadra il punto focale. Attenzione a dire che Spurs sono Duncan-Ginobili e Parker: Spurs è l’intero sistema, a partire da Popovich per finire all’ultimo dei massaggiatori.

    In 18 anni di NBA ho avuto solo tre idoli: MJ agli albori, Duncan e Kobe dopo. Tanti grandissimi sono passati nel frattempo (Shaq, LBJ, Olajuwon, Robinson, DWade ecc.) ma solo loro tre sono le mie colonne.

    Altro che noia, Duncan è poesia.

  14. Articolo davvero non degno del sito che lo ospita. E non per le idee espresse, parzialmente condivisibili, ma per l’argomentazione confusa e la forma, un malloppo di divagazioni, personalistiche ben lontane dall’opinione. Qualcuno ti suggeriva di aprirti un blog, ecco, lì forse sarebbe più adeguato, non meno degno certo, e lo dico da giornalista e appassionato NBA. E di questo sito.

  15. de gustibus, ad esempio per me le finals contro detroit sono state le più belle che ricordi e duncan lo reputo un giocatore surreale, ben più di iverson o dello stesso kobe, per ragioni che non sto adesso qui a spiegare. però oh, hai detto quello che pensavi, hai scatenato un putiferio, e soprattutto hai fatto un articolo tutt’altro che banale.
    un po’ de vita insomma, daje!

  16. Premesso che tifavo Pistons quando quel pirla di Sheed abboccò al tranello di Ginobili per la tripla+vittoria facile di Horry, odiare gli Spurs significa odiare il basket e la sua essenza. Sono il prototipo di squadra, ognuno ha un ruolo, sa cosa deve fare e quando; non sono scenografici ma a livello di gioco sono tra le squadre più spettacolari di sempre, non sono da highlights ma giocate da paura ne fanno una in fila all’altra. Odiarli a pelle è un conto, cestisticamente mi pare incredibile.

  17. Odia gli Spurs perchè giocano bene a basket. Mitico.
    Dal punto di vista della comunicazione equivale a spararsi nei coglioni, ma insomma…

  18. Chi pensa che il basket sia uno spettacolo non può’ che essere d’accordo con te.
    Chi pensa che il basket sia uno sport non può’ che dissentire.

  19. il basket NON è uno spettacolo, è uno sport, e si spera che con la dipartita di Stern questo torni ad essere per sempre anche nella NBA.
    E che DUncan vinca il suo quinto anello, a sancire che la tecnica vale molto più della forza fisica e dello show business (qualsiasi riferimento allo scimmione che dominava a culate e adesso fa il buffone in tv è assolutamente voluto)

    • sia che ti riferisci a barkley o shaq, sbagli. perchè il controllo del corpo sommato alla loro potenza è un discorso molto tecnico.

  20. Bell’ articolo, anche se non concordo con le argomentazioni dell’ autore, che è svisceratamente affezionato al basket da playground e alle giocate spettacolari dei vari Lebron, Wade, Iverson e compagnia bella. Il segreto per vincere nella pallacanestro è saper eseguire bene le rotazioni in difesa mentre in attacco bisogna saper far circolare palla per prendere tiri a basso coefficiente di difficoltà. Los Spurs saranno brutti, sporchi e cattivi ma interpretano alla perfezione questa filosofia, inserendo di anno in anno giocatori funzionali al proprio gioco.

  21. Hai fatto un minestrone di tuoi pareri personali senza un filo conduttore,peraltro l’articolo è scritto in un italiano quantomeno rivedibile.

  22. Nello sport la bellezza conta molto meno della concretezza..di Roger Federer ne nasce uno ogni secolo, bello e concreto..non c’è uno sport di livello dove l’improvvisazione sia sintomo di vittoria..gli stessi Heat pregevoli nelle individualità per vincere hanno dovuto trovare “la ferocia” difensiva (come x altro scritto in questo sito in un grande articolo), gli Spurs sono l’esempio per ognuno che vuole misurarsi nella vita in qualcosa di grande e importante!!Posseggono tutte le caratteristiche necessarie x essere completi visto che i suoi Big Three sono i migliori di sempre x compattezza, tecnica e UMILTA’ di gioco, aggiungiamoci un generale di ferro in panca e giocatori di ripiego (x modo di dire…) che sanno integrarsi alla perfezione..x essere vincenti nello sport bisogna essere come uno Spurs, se invece ci vogliamo divertire con l’improvvisazione possiamo andare al cinema..

  23. Condivido.
    E lo dico da FAN DEGLI SPURS e di Popovich-Duncan.

    Lo spirito ed il senso dell’articolo si capiscono alla perfezioni; inutile che qualche cerebroleso cerchi di creare un caso con Lebron, e la linea editoriale del sito.

    In tutta onestà mi verrebbe da fare una provocazione all’autore: posto che James è uno dei giocatori che hai citato, genio e sregolatezza, quindi “inquina” un attimo il disegno tattico degli Heat, ma non credi che questi ultimi siano alla fine poca cosa a livello di pallacanestro giocata?
    E’ meglio giocare all’europea e insegnare pallacanestro, o giocare 5 fuori come al campetto di casa?
    Basta il solo Lebron a “salvare la baracca”? chissà ;D

    complimenti cmq.

  24. Allora… l’articolo e’ molto strano da leggere e commentare, poiche molto soggettivo e personale, anche se ped questo non esrnte da critiche. E non parlo della questione Tranquillo (sappiamo tutti com’e’ fatto il buon Flavio) oppure delle NBA Finals del 2005 (non avevo sky ed avevo 10 anni, capitemi XD), ma la parte da criticare dell’articolo e’ quella riguardante i luoghi comuni sul basket europeo (e su quello FIBA in generale). Ok il fattore sponsor sulle maglie (anche se…) ma cose tipo i punteggi bassi, la circolazione di palla euforica, i tatticismi ect… sono luoghi comuni privi di fondamenta e di cultura cesistica in generale. Basti vedere le semifinali e finali dell’Eurolega, la lega con le squadre migliori d’Europa e quindi la massima espressione del basket FIBA. Punteggi bassi non ne vedo, tatticismi esasperati idem, si e’ visto un basket con la buona dose giusta di individualita e gioco di squadra… E poi, mi sembra incoerente la questione dei movimenti di tiro dei B3 di San Antonio. Te che odi il basket europeo, quello forse meno bello da vedere (?!) ma piu tecnico, mi fai la maestrina pignola sulla tecnica di tiro di Parker, su quella di Ginobilie su un arma illegale come il colpo di tabella del 21 caraibico? Mi sembra tutto incoerente… E non tifo Spurs, sono un tifoso dei Pacers dall’arrivo di Psycho T e di George nell’Indiana.

  25. Bellissimo articolo, anche se sono in disaccordo su quasi tutto.
    Qualche tempo fa a springfiled qualcuno invento un gioco di squadra, un gioco in cui due formazioni formate da 5 giocatori ciascuno si sfidano con l’obbiettivo di fare un canestro in più dell’avversario o letto al contrario di subirne uno in meno.Ecco gli spurs in questi anni hanno incarnato entrambi le parti della medaglia. In principio era la difesa prima di tutto e attacco a ritmi lenti, ora è attacco in transizione a ritmi alti e difesa che permette il recupero di palloni e che non spezzi il ritmo. Due concetti completamente diversi che ci fanno capire la grandezza del coach e del fatto che sia sia adattato al rooster e ai tempi.
    Inoltre sempre in contraddizione col tuo articolo, Il grandissimo lebron nei tempi di “io contro il mondo” ha dimostrato di non essere in grado di vincere da solo, e come lui il citato iverson,kobe e persino lo stesso Jordan.
    Se non ti piaciono gli spurs probabilmente non ti piace il basket, perchè è bello vedere un passaggio dietro la schiena col gomito, un alley-hoop o una prestazione da 40 punti di iverson, ma è ancora più bello vincere.
    Se vuoi ti conviene guardare gli and-one mixtape, o filmati dei campetti, ma quello è un altro gioco.

  26. Allora non è solo a me che sembra che a Tranquillo piacciano un filino gli Spurs? già me lo sento nei commenti delle finals… so già che mi farà tifare per gli avversari degli spurs…

  27. Rispetto le opinioni dell’autore dell’articolo. E’ vero che spesso chi vince diventa antipatico ma, per fare un esempio, non sono mai stato una grande fan di Lebron (non hater, attenzione) ma gli ho riconosciuto il grande passo fatto nei playoff dell’anno scorso che lo ha portato a vincere l’agognato anello (e tifavo per KD e i Thunder) e sono stato contento per lui.
    Le prime finals che ho visto furono quelle del 2005 (noiose direi proprio di no), dove simpatizzavo Pistons e rimasi dispiaciuto per la loro sconfitta, di conseguenza forse un po’ “odiavo” gli Spurs, ma con gli anni, seguendo sempre di più l’NBA ho imparato ad apprezzare il “sistema Spurs” e come in 15 anni hanno cambiato modo di giocare. Infine ritengo che Duncan sia uno dei giocatori più belli da vedere (e lo pensavo anche in quel 2005).

  28. Questione di punti di vista:evidetentemente l’autore e cresciuto giocando da solo 1vs0 alla iverson e non conosce il concetto di 5vs5.il basket e uno sport di suadra attacco/difesa,non un iso e arresto e tiro per 48 minuti.allora oggi westbrook sarebbe il giocatore dei tuoi sogni vero?a proposito..la gara 3 dell’altra sera com’e stata offensivamente,noiosa?penetra e scarica,extra-pass,tiri ad alta qualita,palla che gira e dominio?o preferivi okc con 70 tiri in due dal palleggio?il radicale cambio di filosofia di popovich degli ultimi 3 anni,passato da post basso come la chiave,al prediligere spaziature e timing allargando il campo per i tiri ad alta qualita?noioso anche questo?d’antoni sono solo 10 anni che ci prova..guarda un po il pop cosa ti combina..ma va va va

  29. E’ un articolo di colore e (volutamente) provocante, diverso dal solito discernimento tattico, ma non per questo meritevole di essere stracciato. Veder giocare Duncan è come trovarsi davanti ad un video-manuale sulla pallacanestro e sul gioco di squadra, radicalmente diverso dal “rondeggiare” di Rondo. L’intervista monosillabica di Pop è divertente e radicalmente opposta dal non meno (e per tutt’altro verso) monocorde “too sexy for my cat” di Metta. Tranquillo, che si esalta per una rotazione difensiva degli Spurs o un outlet pass millimetrale di TD, è radicalmente diverso da Buffa, che si commuove alla vista di Iverson che passeggia su Tyronn Lue. Nel basket NBA partita e show-business, gioco di squadra ed estro individuale, cultura da palestra e da playground sono due facce della stessa medaglia: l’esistenza di un aspetto giustifica e impreziosisce quella dell’altro. L’articolo, per come lo vedo io, vuole essere un’affettuosa punzecchiatura ad un certo snobismo nostrano. Quello di chi sbrodola, giustamente, per un attacco Spurs perfettamente “spaziato”, e storce il naso (o si autoimpone di storcere il naso?) alla giocata individuale del fenomeno di turno, che sia Kobe, Lebron, Griffin o chi per loro. La pallacanestro si guarda perlopiù con il cervello acceso, ma per quanto mi riguarda, sarebbe un sanissimo esercizio, durante una partita, spegnerlo per quattro-cinque minuti e riscoprire il fascino perverso della stella sbruffona, della giocata fuori dalle righe, del gesto atletico fuori dall’ordinario. In fondo l’NBA è anche questa, ed è uno straordinario spettacolo anche per questo.

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