Se è vero che una serie di playoff comincia quando una delle due squadre riesce a vincere in trasferta, le Finals 2015 sono ufficialmente entrate nel vivo.
L’ultimo atto della stagione è infatti in perfetta parità dopo le prime due partite giocate in terra californiana: dopo il successo dei padroni di casa dei Golden State Warriors nel primo capitolo, i Cleveland Cavaliers hanno violato la Oracle Arena con un successo che è considerabile come una vera e propria impresa.
Sul punteggio di 1-1 la serie cambia scenario e si sposta in Ohio, dopo una città intera aspetta questo momento da otto anni. LeBron e compagni saranno chiamati a consolidare il break conquistato in gara 2, replicando la prova gagliarda di domenica notte per mettere un altro tarlo nella mente degli avversari.
Gli Warriors, invece, arrivano a Cleveland con lo stato d’animo di una belva ferita, consapevoli di aver disputato una delle partite meno brillanti dell’anno ma altrettanto consci che il loro vero valore sia ben diverso da quello mostrato nell’ultimo match disputato.
L’urlo roco della Quicken Loans Arena fa tremare il parquet, con un introduzione del quintetto di casa che fa affiorare i brividi a fior di pelle mentre i giocatori si preparano all’ennesimo capitolo di una serie destinata a fare storia. Gara 3 può essere già pivotal, in un senso o nell’altro: la parola al campo, che anche stanotte difficilmente lascerà delusi.
La partenza è tutta o quasi di marca Cavs: James apre imitato da Thompson, Curry prova a lanciare un segnale con la tripla presa in uno contro uno con Dellavedova ma i padroni di casa appaiono caricati a pallettoni e si portano sul 10-5 che induce coach Kerr a spendere ben presto il primo timeout a sua disposizione.
L’uscita dalla panchina sorride però ai gialli dell’Ohio, con LeBron che gira sul blocco dello scudiero Aussie e schiaccia di forza lungo la linea di fondo.
Per fortuna degli Warriors la panchina arriva puntuale alla riscossa, alzando l’intensità rispetto all’avvio apatico dei titolari grazie all’ottimo apporto di Iguodala, Livingston e Ezeli, col centro nigeriano che gioca con energia e fiducia su entrambi i lati del campo. Jones si presenta con un gioco da quattro punti, ma Ezeli è animato dal sacro fuoco che è mancato ai compagni e vola ad assestare stoppate prendendosi anche la licenza poetica del jumper dalla media mandato a bersaglio con apparente facilità.
Cleveland mantiene comunque il controllo del match, e potrebbe piazzare il colpo gobbo quasi allo scadere: Miller tocca il pallone a Curry, si lancia in prima fila per salvarlo e innescare Dellavedova che però viene fermato dalla reazione di orgoglio del 30 avversario, che gioca l’ennesimo quarto tutt’altro che da Mvp ma piazza la giocata difensiva che evita guai peggiori.
24-20 Cleveland al primo intervallo: altro avvio di gara caratterizzato da attacchi non esaltanti, specie quello ospite che viene tenuto sotto il 40% dal campo dalla grande difesa dei Cavs.
Padroni di casa che avrebbero potuto già essere in fuga se solo James avesse convertito la metà degli errori, per lui davvero inusuali, commessi nei pressi del ferro: l’imprecisione del 23 e il consueto impatto della panchina tengono a contatto gli Warriors, con coach Kerr che si dichiara soddisfatto del modo in cui i suoi hanno approcciato il match di fronte a un pubblico decisamente caldo.
Brutte notizie in avvio di secondo periodo per i Cavs: le seconde linee ospiti continuano a fare il loro dovere, con Iguodala che pareggia i conti a quota 26 con la tripla all’angolo, e come e non bastasse Shumpert è costretto in spogliatoio a causa di un brutto colpo alla spalla sinistra che viene valutata dallo staff medico.
Per fortuna Shumpert è in grado di tornare in panchina nel giro di pochi minuti, equipaggiato di una sottomaglia a mezze maniche per tenere calda e bloccata l’articolazione; il tutto mentre James e un fulmineo Smith, che si alza dall’arco non appena vede Barbosa perdere appoggi e equilibrio su blocco, riportano i Cavs avanti di cinque lunghezze.
LeBron ha impostato il suo personalissimo software interno sull’attack mode, e torna ad essere inarrestabile in avvicinamento al ferro costringendo gli avversari a far scattare il bonus di falli con sette minuti abbondanti ancora da giocare nel quarto.
Green si sblocca dall’arco dopo tredici errori consecutivi dalla lunga distanza, ma Bogut appare alla canna del gas tanto da spingere coach Kerr a rispolverare David Lee dai meandri della profondissima panchina californiana.
Shumpert torna in campo accolto dagli applausi del pubblico, ripagato subito con la tripla senza esitazioni dall’angolo che regala ai padroni di casa il nuovo massimo vantaggio sul +7, Thompson commette una sciocchezza toccando il pallone prima che finisca sul fondo della retina e vanificando così un canestro già fatto di James e Iguodala punisce l’ingenuità con una schiacciata in coast-to-coast che gli vale il decimo punto personale e riporta Golden State sotto di tre.
La speranza di aggancio però dura ben poco per gli ospiti, che in men che non si dica tornano preda della soffocante difesa di Cleveland che annebbia le idee e frustra i buoni propositi di Curry e compagni.
Anche Kerr appare poco lucido, quando sceglie di non sostituire Ezeli accoppiandolo a Jones nel possesso finale: mal gliene incoglie, perché l’ex Heat brucia la retina dall’angolo fissando il punteggio sul 44-37 in favore dei padroni di casa a metà gara.
Cavs avanti e in controllo dopo un altro gran primo tempo: Cleveland è brutta e sporca, ma gioca un basket di una intensità feroce che imbavaglia i giovani Warriors, facendoli apparire come dei cerbiatti impauriti abbagliati da una macchina.
Trentasette punti in metà gara sono lo specchio delle paturnie dei californiani, che non segnano mai e poi mai dall’arco (3/16 e 34% totale dal campo) e sembrano avere un serio problema col loro Mvp: Curry è irriconoscibile e fuori ritmo anche oggi, come testimonia l’1/6 dal campo che fa il paio con il 3/9 dello Splash Brother Thompson. Dall’altra parte James totalizza 13 punti nel duello diretto con Iguodala, unico Warrior in doppia cifra con 10 punti all’attivo.
Segnali di vita dal pianeta Bogut in avvio di ripresa: il centro australiano segna due canestri in fila mettendo a referto i primi punti della sua serata, ma trova la pronta risposta del connazionale Dellavedova che finta a sinistra mandando Curry a schiantarsi sul blocco e imbuca senza esitazioni la tripla del +8 Cavs.
La mattonata dalla distanza di Klay Thompson è il segnale della confusione degli ospiti, puniti ancora una volta da Delly che col prediletto floater sigla il primo vantaggio in doppia cifra della serata. Kerr corre ai ripari chiamando un timeout dal quale Golden State sembra uscire rinfrancata dalla grande giocata di Thompson, che batte Mozgov dal palleggio e vola schiacciargli sulla testa, ma James e compagni hanno altri piani e la successiva bomba dall’angolo di Klay viene vanificata con la stessa moneta da un Dellavedova che si sta mostrando capace di giocare out of his mind anche in attacco con già 13 punti a referto.
Curry prova a suonare la carica col long two dal palleggio, ma Golden State perde Green che commette a stretto giro di posta il terzo e il quarto fallo personale e si offre il fianco a un avversario pronto ad azzannare la preda.
Cleveland esplode e piazza una spallata letale, con James che manda a bersaglio la tripla che spacca il match ripetendosi nel possesso successivo con fade away da arte moderna, per poi vestirsi da regista e innescare la bomba di Smith e il taglio con schiacciata di Mozgov.
Il tutto mentre Dellavedova si inventa un appoggio al vetro al volo dopo una doppia stoppata di Ezeli, in una Quicken Loans Arena che vibra e fa la sua parte per spingere i suoi beniamini sul +20.
Disperati e sull’orlo di una crisi di nervi gli Warriors si aggrappano a Curry, che dopo due quarti e mezzo disastrosi prova a suonare la carica con la tripla e il flip shot vecchia scuola, armando anche la mano di Barbosa che va a segno dall’angolo per il long two.
Una riscossa che però sortisce pochi effetti, visto che dalla parte opposta il signor James sembra tenere particolarmente a fare gli onori di casa giocando da padrone su entrambi i lati del campo e permettendo ai suoi di conservare un vantaggio cospicuo a fine terzo quarto.
All’ultimo intervallo i Cavaliers conducono 72-55: uno straordinario LeBron e una difesa ermetica soffocano gli Warriors e permettono ai Cavs di scappare grazie alla spallata assestata nella seconda metà del quarto.
Il linguaggio del corpo degli ospiti è quello di chi si trova ad affrontare per la prima volta un momento drammatico dopo una stagione pressoché perfetta, e malgrado la carica suonata da Curry nel finale i 55 punti in tre quarti di gara sono lo specchio di un’altra serata da incubo per quella che era considerata una macchina offensiva pressoché perfetta.
Con un quarto da giocare, molto si deciderà nei primi minuti dell’ultimo periodo: sarà li che capiremo se Cleveland ne ha effettivamente di più o se Golden State sarà in grado di lasciare aperto uno spiraglio per un disperato tentativo di rimonta.
Già, i primi minuti: con James in panchina per un fisiologico e brevissimo break per tirare il fiato, gli Warriors piazzano un 8-0 in apertura di quarto periodo che riapre improvvisamente i giochi. Kerr schiera contemporaneamente tre guardie (Curry, Thompson e Barbosa) che riescono a alzare il ritmo e a ricucire una buona fetta del gap, grazie all’apporto di un super Iguodala che prima inchioda dopo l’errore di Barbosa e poi, dopo la tripla da distanza siderale di Thompson, segna a sua volta dall’arco per il -9.
Cleveland esce bene dal timeout chiamato da coach Blatt, con James che disegna un lob perfetto per Mozgov, ma Golden State può contare anche su un Lee tornato magicamente ai livelli di una volta che si prende il gioco da tre punti e ispira Barbosa nei panni del regista occulto.
Warriors che rosicchiano punti possesso dopo possesso, con Curry che si alza da tre dopo lo step-back e manda a segno la bomba del -4. Il pubblico di casa adesso trattiene il fiato, e c’è bisogno di un canestro da leader di James per ridare colore ai supporters dell’Ohio.
La rinnovata tranquillità perlò dura bene poco: Golden State è già in bonus con sei minuti abbondanti da giocare, Curry balla con Tristan Thompson e lo batte prendendosi quel tanto di spazio che basta per chiudere con il reverse al vetro e il vantaggio dei Cavs si riduce a tre sole lunghezze.
Shumpert omaggia gli ospiti con uno 0/2 ai liberi, i californiani non concretizzano e allora King James decide di far tornare a ruggire i suoi sudditi, inchiodando in maniera imperiale l’alley-oop servitogli in contropiede dal fido scudiero Dellavedova.
Quattro minuti da giocare, con LeBron che accusa i soliti crampi che lo costringono a un rapido massaggio al quadricipite sinistro nel timeout; il fastidio sembra farsi sentire nella prima azione, quando l’isolamento con Iguodala si conclude con un air ball da lesa maestà che viene prontamente punito dalla tripla al fulmicotone di Curry che riporta i suoi ad una sola lunghezza di distanza.
Golden State non ha neppure il tempo di fiutare la rimonta, perché il diabolico Dellavedova sfugge all’Mvp e si inventa un pazzo and-one appoggiandosi al vetro che sembra mandare di nuovo fuori giri gli ospiti.
Curry infatti perde palla ingenuamente cercando un passaggio dietro la schiena, la prima persa del quarto periodo che però rischia di essere quanto mai sanguinosa.
È il momento in cui si può decidere il match, e LeBron lo sa: isolamento fin dalla rimessa e tripla ineluttabile in uno contro uno per l’87-80 Cavs a cento secondi dalla sirena finale.
Curry ci prova con un missile terra aria da otto metri e avrebbe il pallone in mano sul -5 in semi transizione nel possesso successivo: James però sdogana il placcaggio da football sul parquet, recuperando e portando a casa palla e gambe di Steph propiziando il recupero del solito, indiavolato Dellavedova, che si tuffa sul parquet e porta a casa i due liberi del ventello personale quando mancano 52 secondi da giocare.
James sembra chiuderla dalla lunetta ma, dopo il tap-in di Lee, Shumpert rimette in gioco servendo in maniera sconsiderata Curry: Steph, tutto solo dalla punta, non concretizza la ghiotta opportunità e allora si inizia a comprendere che la disperata e inattesa rimonta degli Warriors è destinata a rimanere incompiuta.
Due canestri da fantascienza dell’Mvp servono solo a mettere un po’ di pepe sulla coda di un match che viene deciso dalla freddezza di LeBron dalla lunetta e dal ripensamento degli arbitri che, dopo una chiamata sbagliata che avrebbe assegnato palla agli Warriors, tornano sui loro passi chiedendo l’ausilio al replay che restituisce il pallone ai padroni di ma ben gestito, che li vede trionfare col punteggio di 96-91: LeBron e soci passano a condurre dopo il colpaccio di gara 2, proteggendo il parquet di casa e portandosi a due sole vittorie dal successo finale grazie a una gara da grande squadra.
La difesa feroce dei primi tre quarti e la tremenda spallata assestata nel terzo periodo hanno permesso ai Cavs di gestire la sfuriata Warriors, alla quale i padroni di casa hanno reagito con la maturità e la tranquillità dei forti. Forti come il loro comandante in capo, quel LeBron James che con l’ennesima partita da trascinatore assoluto (40 punti con 14/34 al tiro, 12 rimbalzi, 8 assist e 4 rubate) guida i suoi al successo diventando il giocatore ad aver segnato più punti nelle prime tre gare di una serie finale (123 in totale).
La prova del Prescelto sarebbe però forse stata vana se al suo fianco non si fosse eretto a protagonista quello che è ormai a tutti gli effetti l’uomo del momento: Matthew Dellavedova non si accontenta più di essere il “Curry stopper”, e si prende lo sfizio di chiudere la sua serata con 20 punti sul tabellino frutto di un 7/17 dal campo, con canestri importanti nei momenti chiave del match.
Apporto importante anche da parte di Tristan Thompson, che alla solita quantità industriale di 13 rimbalzi aggiunge anche 10 punti che fanno del gran comodo ai Cavs. Doppia cifra anche per Smith, che chiude a sua volta a quota 10 punti al termine di una partita di sostanza che riscatta i regali del finale di gara 2.
Golden State guarda invece al proprio tabellino e si chiede dove sia sparito il quintetto titolare che ha portato i californiani a vincere 67 partite in stagione: virgola per Barnes (che chiude con zero punti e 0/8 dal campo), serataccia per Green (7 punti e 7 rimbalzi con 2/10 al tiro) e difficoltà fisiche sempre più evidenti per Bogut.
Aggiungete a tutto questo il 6/16 per 14 punti totale di Klay Thompson ed avrete la ricetta del secondo k.o. di fila degli Warriors, ai quali non bastano una panchina super e il redivivo Curry degli ultimi quindici minuti per completare una rimonta che avrebbe avuto dell’incredibile.
L’Mvp è l’ombra di sé stesso fino al -20, quando la situazione disperata lo induce a lasciarsi alle spalle l’onda lunga delle paturnie offensive di gara 2 per iniziare a giocare come il suo status richiederebbe: 24 dei suoi 27 punti totali (10/20 al tiro, 7/13 da tre) arrivano nella ripresa, con un quarto periodo da trascinatore che però non è sufficiente a riacciuffare gli avversari.
A poco servono i 39 punti di una grande panchina, guidata ancora una volta da un ottimo Iguodala autore di 15 punti (con l’aggiunta di 5 rimbalzi e altrettanti assist) e dal redivivo Lee che chiude con 11 punti in tredici minuti di utilizzo.
Gara 3 è già il passato, un pensiero dolce e fresco per i Cavs che però dovranno archiviarlo come un ulteriore passo avanti verso un titolo che significherebbe storia per la franchigia dell’Ohio. Attenzione però a dare per morti gli Warriors: il rabbioso finale che ha visto Curry alla ribalta è il migliore segnale per una possibile riscossa dei californiani, che giovedì notte cercheranno un successo per evitare di trovarsi con le spalle al muro.
Gara 4 dirà di più sui possibili scenari di queste finali, che tra prestazioni da record e partite sempre in bilico si stanno rivelando capaci di emozionare partita dopo partita. Non cambiate canale: tra due giorni il parquet della Quicken Loans Arena sarà di nuovo bollente, per l’ennesima notte di fuoco che solo le Finals sanno regalare.
Studente in giurisprudenza, amo ogni genere di sport e il suo lato più romantico. Seguace di Federico Buffa, l’Avvocato per eccellenza, perché se non vi piacciono le finali NBA non voglio nemmeno conoscervi.
“Ricordati di osare sempre”.