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Lebron James e i Miami Heat sono Campioni NBA!

Doveva essere Lebron James, e Lebron James è stato. Le finali Nba 2012 sanciscono la definitiva incoronazione del giocatore di pallacanestro più discusso degli ultimi tempi, che insieme ai suoi Heat festeggia il primo anello personale e il secondo nella storia della franchigia. I numeri delle gara sono quanto mai irrilevanti e tutti dalla parte di

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Mario Chalmers porta gli Heat ad un passo dal titolo

Si, confermiamo tutto: se per caso avete letto il titolo di questo articolo e siete rimasti sconvolti vi confermiamo che non c’è nessun errore di battitura. Con LeBron James seduto in panchina per via dei crampi e Wade in difficoltà fisica lui pure è stato l’uomo reduce da due partite da 5 punti complessivi con

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Dopo Gara 3: i Thunder pagano dazio all’inesperienza

Provare a cercare qualcosa di positivo dopo una sconfitta del genere, per i Thunder, è francamente esercizio retorico. Se dopo Gara 2 ho tentato di trarre spunti positivi dall’esaltante, quanto inutile, maxi rimonta della seconda metà di gara, riflettere a mente fredda sull’esito infausto di Gara 3 spegne ogni velleità di ricerca di un alibi.

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Thunder spreconi, Heat più cattivi: 2-1 Miami

Seconda vittoria consecutiva per i Miami Heat, che si portano a casa anche gara 3 e ora conducono le Nba Finals per 2-1. Non è stata certo una partita, a livello di gioco, all’altezza delle precedenti, l’intensità non è mancata, ma alla fine, molto probabilmente, è stata decisa più dagli errori che da singole buone

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Dopo Gara 2: se James è questo, buone notizie per gli Heat

Lebron da 4 si sta dimostrando l’arma totale: son serviti 2 anni a Spoelstra per accorgersene?

Già la seconda gara della serie era decisiva per gli Heat. Perchè decisiva e perchè solo per gli Heat?

Perchè i giovani Thunder sono quasi imbattibili nel loro palazzetto, contrariamente agli Heat. Quasi nessuno crede davvero che ora gli Heat possano vincerne tre in fila, se i Thunder avessero vinto gara 3 o gara 4, come è nelle loro possibilità, ci sarebbe stata una buona probabilità di non tornare ad Ocklahoma City in questa serie.

Per i Thunder invece la partita non era decisiva, appunto perché su tre a Miami hanno di sicuro tutte le possibilità di vincerne almeno una riprendendosi il vantaggio del campo.

Nei momenti di difficoltà i campioni, se sono tali, devono cambiare marcia. Anche perché l’unica speranza per gli Heat era proprio migliorare il rendimento dei loro giocatori più rappresentativi. La difesa è stata decente anche in gara 1, si potevano portare aggiustamenti, ma tenere una squadra che può schierare attaccanti come Durant e Westbrook molto lontano dai 100 punti è una utopia, e se ruoti davvero solo 6 giocatori diventa anche difficile effettuare aggiustamenti veri.

Serviva che i campioni cambiassero marcia., anche perché in gara 1, se abbiamo visto un buon Lebron James (che a dire il vero è stato piuttosto positivo per tutti questi play off), Wade e Bosh sono stati assenti non giustificati. Wade ha sparacchiato e fermato la palla, non si è mosso quando non l’aveva, non è riuscito ad attaccare il ferro. Bosh si è limitato a qualche tiretto dalla media, nascondendosi.

Erano loro due a dover migliorare. Ebbene, l’hanno fatto.

Nulla di che, per carità, Wade ha messo 24 punti, con 5 assist, è riuscito ad attaccare il ferro solo in alcune circostanze, è ben lontano dal Wade del 2006, ma almeno è riuscito a rendersi utile, in alcuni momenti della partita è riuscito a penetrare con continuità ed a diminuire la pressione su James.

Bosh non ha realizzato miracoli offensivi, 16 punti tirando con meno del 50%, ma ha dato quella dimensione che mancava, giocando molto più vicino al canestro e catturando ben 15 rimbalzi.

Ancora una volta gli Heat sono partiti a razzo, mettendo in difficoltà i Thunder nel primo quarto, ancora una volta principalmente grazie a James ed all’eroe che nessuno si attendeva, Shane Battier, che stavolta però sono stati coadiuvati dagli altri due membri del big three di south beach, Bosh e Wade. Ancora una volta il secondo ed il terzo quarto sono stati piuttosto equilibrati, con il vantaggio degli Heat che ha oscillato più o meno attorno ai 10/12 punti.

Nel quarto decisivo, poi, ancora una volta c’è stata l’accelerazione decisiva dei Thunder. Westbrook, Durant ed Harden hanno cambiato marcia, pressando in difesa ed accelerando i ritmi offensivi. Westbrook ha attaccato il ferro come il Wade dei giorni belli, Durant ha segnato in ogni modo possibile, da due, da tre, in penetrazione, in sospensione, schiacciando, la barba sempre più rigogliosa di Harden si è fatta trovare prontissima sugli scarichi dei due compagni di squadra, mentre gli Heat faticavano a cambiare marcia.

Vi ricorda nulla? Lo scorso anno sappiamo come sono finite queste situazioni. Già in gara 1 James ha mostrato qualche cosa di diverso, anziché nascondersi pavidamente ha proseguito a giocare, mostrando di aver finalmente intrapreso un percorso di maturazione necessario per essere davvero paragonato ai grandi del passato. Wade e Bosh, che erano spariti in gara 1, stavolta sono rimasti in partita dando il loro contributo.

Quando poi, a 20 secondi dalla fine, i Thunder sono arrivati a soli due punti dagli avversari e Durant ha trovato lo spazio per attaccare il ferro tutti sappiamo cosa sarebbe accaduto lo scorso anno. James avrebbe messo su una espressione contrita, scuotendo il capoccione mentre l’avversario avrebbe segnato agevolmente.

Stavolta invece Kevin Durant si è visto investire da un armadio a quattro ante fabbricato in Ohio con una foga dettata dalla disperazione, ma molto adatta alla situazione. Anche la ben nota signora James concorderà che il celebre figliolone ha di sicuro commesso un fallo ignorato dagli arbitri e Durant avrebbe dovuto recarsi in lunetta per due tiri liberi decisivi, ma gli errori arbitrali capitano anche ai play off e ci vuole anche un pizzico di fortuna ad averli a favore in un momento decisivo, quello che conta è la trasformazione psicologica di un giocatore che nel momento del bisogno anziché nascondersi dà il massimo che è in grado di dare in quel momento per aiutare la squadra, magari con una dubbia giocata difensiva.

Dalle ceneri della Decision, dagli sberleffi della lega, dagli autolesionisti sfottò a Dirk Nowitzki al nascondino mostrato al posto del basket nei momenti decisivi che hanno trascinato addosso a Lebron una valanga di critiche meritatissime, come una fenice probabilmente da uno sbruffoncello viziato è nato un giocatore e, soprattutto, un uomo più maturo.

Gli Heat sono solo all’inizio dell’opera, nonostante siano stati sempre in vantaggio e siano sembrati più in partita degli avversari hanno rischiato di perdere, servirà ancora qualche cosa in più in difesa (anche se nella propria metà del campo gli Heat non sono certo andati male) e, soprattutto, qualche alternativa agli isolamenti delle stesse quando la pressione difensiva avversaria cresce.

James ha anche iniziato a portare qualche blocco fatto decentemente, ad esempio uno in favore di Bosh nel finale, ma i tre devono giocare molto di più assieme, passarsi la palla, portarsi blocchi, muoversi quando non hanno la palla. Sono riusciti a farlo raramente in questi due anni, ma ora è davvero decisivo che ci riescano.

Questa squadra, con quei tre giocatori simbolo, non sarà mai (e non potrebbe essere) una squadra che si basi su una perfetta circolazione di palla, come ad esempio gli Spurs o i Mavs, e, come detto tante volte, sarei curioso di sapere quale GM non avrebbe almeno provato a costruire qualcosa su di loro avendone la possibilità. Però i tre si devono assolutamente sforzare a fare qualche gioco assieme, troppo rischioso arrivare nei finali e non avere altra arma che le invenzioni di James o Wade.

Chi si aspettava fuoco e fiamme in conferenza stampa, visto l’andamento della partita, è stato deluso.

Mentre Durant gettava acqua sul fuoco, evitando rigorosamente di parlare di arbitraggio, James si è limitato ad elogiare la propria squadra: “Abbiamo giocato troppo bene nei primi 36 minuti per perderla, volevamo solo effettuare un paio di buone giocate in più di loro per vincere e ci siamo riusciti!”

Bosh è sulla stessa linea: “Loro sono davvero una buona squadra e non volevamo assolutamente andare sotto per due a zero!”

Ed ora tutti a Miami, per tre partite consecutive in Florida. La storia ci dice che quando le due squadre sono sull’uno ad uno chi vince gara tre quasi sempre vince la serie, vedremo se gli Heat sapranno dare seguito ai miglioramenti mostrati o ricadranno nei soliti errori del passato.

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